La rubrica a cura di Confedilizia Messina
La rubrica a cura di Confedilizia Messina – Case, immobili e condominio in pillole
Italia, caso unico: prezzi delle case ancora più bassi rispetto a 14 anni fa
A giugno gli immobili costavano il 5,2% in meno rispetto al 2010. È un numero che “parla” e dice che cosa sta succedendo ai prezzi degli alloggi.
Ma c’è di più: 5,2% è la percentuale, fornita da Eurostat, che indica la diminuzione nominale, ovvero non tiene conto dell’inflazione, che si è verificata nel frattempo, che è stata di ben il 28,2%. Questo significa che in termini reali il costo delle case è sceso molto di più. Se poi guardiamo agli immobili esistenti, la grande maggioranza, il calo, sempre nominale, è stato ancora maggiore: del 14,5%. Nel caso di quelli appena costruiti, invece, c’è stato un incremento del 28,8%, tuttavia inferiore a quello registrato in media nell’Unione Europea, +59%.
Il confronto con i dati europei
Proprio il confronto con i numeri del resto d’Europa costituisce un altro elemento illuminante. Mentre in Italia scendevano del 5,2%, nell’Ue i prezzi di tutti gli immobili, esistenti o nuovi, in questi 14 anni salivano del 51,8%. A trainare questo incremento sono stati certamente i Paesi dell’Est, che hanno avuto un’inflazione e una crescita del Pil maggiore di quella media, tanto che l’aumento è stato del 231,9% in Estonia e del 218,2% in Ungheria. Anche in Germania, però, è stato notevole (+74,3%), sostanzialmente in linea con i Paesi Bassi (+74,7%), mentre in Portogallo, nonostante le non brillanti performance economiche, è stato ancora maggiore: del 105,6%. Minore di quello medio, ma comunque maggiore di quello italiano è stato anche l’incremento in Spagna e Francia: +17,9% e +26%.
L’Italia rimane ultima anche se prendiamo come anno di riferimento il 2015, ovvero uno di quelli in cui nel nostro Paese il comparto immobiliare ha toccato un livello minimo. Il rimbalzo che c’è stato, essenzialmente nel periodo post Covid, è stato comunque limitato, i prezzi sono cresciuti da allora del 12%, meno dell’inflazione, che è stata del 20%, e ovviamente meno di quanto siano saliti mediamente nell’Ue: del 52,1%.
Anche negli anni della ripresa del mercato immobiliare in Italia crescita inferiore rispetto all’Europa
Coloro che parlano di incrementi fanno riferimento, infatti, solo ai numeri degli ultimi anni, quelli successivi alla pandemia, durante i quali il settore immobiliare e dell’edilizia si sono ripresi, innescando un aumento delle compravendite e dei prezzi.
Tuttavia persino in questo periodo l’andamento del valore delle case acquistate in Italia è stato per la maggior parte del tempo meno vivace che in Europa. Tra i 14 trimestri fra il primo del 2021 e il secondo del 2024 otto, tutti quelli del 2021 e 2022, hanno visto i prezzi crescere meno (rispetto allo stesso dell’anno precedente) della media Ue, e solo in cinque, nel 2023 e nel primo di quest’anno, sono saliti di più. Anche in questi ultimi casi, però, si è trattato di incrementi inferiori al 2%. Nell’ultimo trimestre, il secondo del 2024, la crescita è stata uguale a quella europea: del 2,9%.
Insomma, nei momenti di crisi i prezzi delle case italiane scendono più di quelle dei Paesi vicini, mentre in quelli di ripresa, in cui si verifica un aumento, questo è comunque inferiore al loro.
Tassazione clausola penale nel contratto di locazione
L’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 185 del 18.9.2024, ha aderito, in tema di tassazione della clausola penale in un contratto di locazione, all’orientamento della Cassazione più favorevole al contribuente (cfr., da ultimo, Focus Confedilizia dell’1.3.2024, n. 8); orientamento fin da subito sostenuto anche dalla Confedilizia. La Cassazione, infatti, con la sentenza del 7.2.2024 n. 3466, ha enunciato il seguente principio di diritto (a cui adesso si è uniformata l’Agenzia): «Ai fini di cui all’art. 21 d.P.R. 131/86, la clausola penale (nella specie inserita in un contratto di locazione) non è soggetta a distinta imposta di registro, in quanto sottoposta alla regola dell’imposizione della disposizione più onerosa prevista dal secondo comma della norma citata». Nella risposta in commento, le Entrate hanno innanzitutto brevemente ricordato la disciplina della clausola penale e le previsioni dettate dall’art. 21 del Testo unico sul registro secondo cui: «Se un atto contiene più disposizioni che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, ciascuna di esse è soggetta ad imposta come se fosse un atto distinto» (comma 1); «Se le disposizioni contenute nell’atto derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, l’imposta si applica come se l’atto contenesse la sola disposizione che dà luogo all’imposizione più onerosa» (comma 2).
Nel merito, l’Agenzia ha ora condiviso il ragionamento della Cassazione sulla clausola penale in un contratto di locazione e sull’applicazione del secondo comma dell’art. 21 citato (finora invece propendevano per la tesi opposta con applicazione del primo comma). In sostanza, hanno evidenziato le Entrate, secondo i Supremi giudici la funzione della clausola in esame, desumibile dal dettato normativo degli artt. 1382 e seguenti del codice civile, “non può ritenersi eterogenea rispetto all’obbligazione derivante dal contratto di locazione cui accede, «perché sul piano giuridico, l’obbligazione insorgente dalla clausola penale, sebbene si attivi conseguentemente all’inadempimento dell’obbligazione, non si pone come causa diversa dall’obbligazione principale, alla luce della funzione ripristinatoria e deterrente coercitiva rispetto all’adempimento sua propria, dunque finalizzata a disincentivare e ‘riparare’ l’inadempimento, oltre che introdotta dal legislatore come elemento contrattuale volto a ridurre la conflittualità in caso di inadempienza, tutelando anche in ciò, ab initio, la parte adempiente. È dunque la stessa disposizione di legge che correla gli effetti della clausola penale all’inadempimento contrattuale, con la conseguenza che, assumendo appunto la clausola penale una funzione puramente accessoria e non autonoma come confermato da Cass. del 26.9.2005, n. 1877 rispetto al contratto che la prevede, l’obbligo che da essa deriva non può sussistere autonomamente rispetto all’obbligazione principale […]»”. Alla luce di quanto precede, ha concluso l’Agenzia, si ritiene, in linea generale, che in sede di registrazione del contratto di locazione, contenente una clausola penale (come nel caso di specie), ai sensi del citato art. 21, comma 2, del TUR, sia da applicarsi la tassazione della disposizione che dà luogo all’imposizione più onerosa, tra la disposizione afferente al contratto e quella relativa alla clausola penale stessa.
Si può vietare l’accesso per stendere alla terrazza comune destinata alla sola copertura dell’edificio?È invalida la delibera assembleare che faccia divieto di accedere alla terrazza comune – destinata esclusivamente a copertura – per stendere i panni e battere i tappeti in quanto tale diritto si fonda sul principio di cui all’art. 1102 c.c. in virtù del quale ognuno può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione.
È lecito installare un condizionatore sulle parti comuni senza autorizzazione assembleare?
Ai sensi dell’articolo 1120 c.c., l’installazione, sulle parti comuni, di un impianto per il condizionamento d’aria a servizio di una unità immobiliare può essere compiuta dal singolo condomino senza richiedere al condominio alcuna autorizzazione assembleare. L’installazione non deve però comportare una rilevante modifica delle parti comuni o addirittura l’alterazione della destinazione delle medesime (in questo senso anche la recentissima Cassazione civile sez. II, 01/07/2024, n. 17975). (da Confedilizia Notizie)