Prometeo Tragicommedia… se non ci sono più i Titani di una volta…

Prometeo Tragicommedia… se non ci sono più i Titani di una volta…

Tosi Siragusa

Prometeo Tragicommedia… se non ci sono più i Titani di una volta…

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venerdì 26 Luglio 2019 - 08:20

Dal “Prometeo Incatenato” di Eschilo, questa drammaturgia di Valentina Ferrante, indubbiamente una variante sul tema, trova nel testo probabilmente il suo vulnus; la regia, della stessa autrice e di Micaela De Grandi è risultata invece ben condotta, così come le interpretazioni, alcune plurime, delle stesse Ferrante e De Grandi, e di Adriano Aiello, e Federico Fiorenza; le musiche di Luca Mauceri hanno ben accompagnato l’azione teatrale. Ben concepiti poi i costumi di Nunzia Capano, così come gli elementi di scena del De Grandi; la Voce fuori campo, pur se ben modulata, di Angelo Tosto, è parsa invece fuori contesto.

Si è trattato di una produzione Teatro dei Due Mari e Banned Theatre, in prima nazionale per il XIX Festival dei Due Mari, che a mio avviso abbisognerà di qualche ulteriore messa a punto per una migliore realizzazione complessiva.

Continua felicemente comunque questa rassegna a cura del Teatro dei Due Mari, con il patrocinio del MIBACT, dell’Ass. Reg.le Turismo, Sport e Spettacolo e del Comune di Patti, nuovamente quest’anno ambientata anche nella dimora storica “Villa Pisani”, sita in Patti Marina e sede della Biblioteca Comunale pattese. Sodali e carnefici … a raccolta, entrambi forgiati da positività e negatività e, pur se ai nostri giorni dovrebbe essersi conquistato il progresso, l’essere umano prosegue nella smania di raggiungere effimeri traguardi e profitti di mercimonio… e si crede di poter mettere sotto e vessare chi si trova in condizioni disagevoli umanamente e socialmente, oltreché economicamente, visto come diverso e per questo da isolare.

La morale è forse da ricercare nella possibilità di scavare nell’abisso per rintracciare fra tanta gramigna un po’ di buon grano. Anche Prometeo, però, partito con i migliori propositi di beneficiare l’umanità, facendole dono del fuoco della conoscenza, creatore di ogni arte, anche per cercare di distrarla dal pensiero della morte, in corso d’opera, paventando le sue conosciute pene future, cambia proposito, divenendo cinico e crudele come le deità che sicuramente non costituiscono per lui buoni esempi.

La performance si è dipanata – fra il serio e il faceto, per circa ottanta minuti, complessivamente con una buona resa attoriale, e premiante, lo ribadisco, si è rivelata l’ottima regia, che ha fatto da collante, tenendo unita con assetto uniforme, malgrado il continuo passaggio da un tono all’altro, ciascuna interpretazione. La scenografia naturale, assai suggestiva, ha costituito già di per sé favorevole ambientazione, arricchita ,come ho detto, da ben scelti elementi scenici, con al centro una tela di ragno, vischiosa, intricata come le mille maglie del potere, una borsa appesa, una maschera – caratterizzante in apertura e chiusura il personaggio di Prometeo, un aquilotto, assurto a simbolo della coscienza individuale – che nel caso del Titano, dopo esser stato ingrassato dai suoi malesseri psichici, finisce divorato farsescamente dai commensali – due scatoloni, con coperchi a specchio.

Il testo, voglio precisare, se nelle parti più fedeli alla trama eschilea si è mostrato significante, e ugualmente laddove ha avuto collocazione in bilico tra il linguaggio satirico e quello sardonico – sia in prosa che nella declinazione cantata – è invece incorso in inciampi ove articolato in forma marcatamente brillante e meramente comica, con compromissione parziale dell’esito complessivo; anche la continua chiamata in causa del pubblico, se, si può comprendere, sia stata effettuata con finalità di coinvolgimento e interazione dello stesso, ha costituito invece elemento di disturbo, appesantimento e talora banalizzazione. Devono lodarsi i costumi, che hanno ben caratterizzato ciascun personaggio, da Prometeo, a Efesto, al terrificante Potere, dalle graziose Oceanine, al malandato Oceano, all’esilarante e perfettamente delineato Hermes, cocco e gregario di papà Zeus, e infine alla malcapitata Io, tormentata da un tafano, impersonato da un tristo figuro in nero.

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