“I Puritani”, grande successo per l’ultimo capolavoro di Bellini

“I Puritani”, grande successo per l’ultimo capolavoro di Bellini

giovanni francio

“I Puritani”, grande successo per l’ultimo capolavoro di Bellini

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giovedì 28 Settembre 2023 - 10:03

Uno degli eventi più importanti nell’ambito del Bellini International Context, dedicato al grande compositore catanese

La rappresentazione dell’ultima opera belliniana è stata uno degli eventi più importanti nell’ambito del Bellini International Context, la prestigiosa rassegna direttamente promossa e organizzata dall’assessorato regionale del Turismo, dello Sport e dello Spettacolo, dedicata al grande compositore catanese, in scena, il 23 e 26 settembre.

La recensione

È sempre una grande emozione assistere ad un’opera di Vincenzo Bellini nello splendido Teatro della sua città natale, che ovviamente vanta illustri tradizioni nelle esecuzioni belliniane. Se poi si tratta dell’ultimo capolavoro del “Cigno”, “I Puritani”, in una eccellente realizzazione a cura del Teatro Massimo Bellini di Catania, con cantanti, coro, orchestra e regia di assoluta qualità artistica, l’emozione diviene puro piacere spirituale.

Come detto, “I Puritani” è l’ultima opera di Bellini, composta a Parigi, nel 1835, su libretto di Pepoli. La storia è tratta dal dramma “Les tetes rondes et les cavaliers”, di J. Ancelot e X. Saintine, a sua volta ispirato al romanzo “Old mortality” di W. Scott. La vicenda, non semplice da riassumere, si svolge nel Seicento, ove le ‘teste rotonde’ di Cromwell (i Puritani), si oppongono al regno di Carlo I Stuart, e i suoi seguaci. Fra i primi appartiene Riccardo, innamorato di Elvira, la quale però ama ed è promessa sposa di Arturo, membro dei seguaci degli Stuart. Arturo si troverà a dover aiutare una dama, che poi si scopre essere la regina Enrichetta di Francia, sospetta di essere una spia, a fuggire, e lo farà nascondendola col velo da sposa di Elvira. Da qui il grande equivoco: Elvira crederà che Arturo l’abbia tradita, e sprofonderà nello sconforto, fino alla follia. Quando finalmente lo incontra nuovamente, sembra troppo tardi, in quanto Arturo viene condannato a morte per tradimento. Elvira è pronta allora a morire con lui, ma la notizia della sconfitta degli Stuart, e di un decreto di amnistia per i loro seguaci, volge l’imminente tragedia in lieto fine.

L’opera ebbe un grande successo alla sua prima rappresentazione, il 25 gennaio del 1835 al Theatre-Italien di Parigi, e alcuni brani divennero assai popolari, anche in Italia, come la patriottica cabaletta “Suoni la tromba” (qualcuno lo propose addirittura come inno nazionale).

Il capolavoro belliniano getta un ponte fra il classicismo di Rossini e il romanticismo verdiano, ma il meraviglioso cantabile che contraddistingue la musica di Bellini è sempre presente. L’opera è ricca di momenti di grande ispirazione, si pensi, solo per fare alcuni esempi, alla prima aria di Riccardo “Ah! Per sempre io ti perdei”, così sofferta; la delicata “Cinta di fiori” di Giorgio; gli splendidi duetti e i concertati col coro, e, dulcis in fundo, l’indimenticabile “Ridatemi la speme”, la splendida aria di Elvira in preda alla pazzia. I recitativi diventano elementi drammatici nel contesto della vicenda, il cantante deve essere anche un ottimo attore, la partitura orchestrale si fa più complessa e raffinata.

Bellini trovò la morte nel settembre dello stesso anno (23 settembre 1835), e ci si chiede davvero che cosa sarebbe diventato il melodramma nelle sue mani, se fosse vissuto più a lungo.

La regia di Chiara Muti, che si è avvalsa delle scene di Alessandro Camera e delle luci di Vincent Longuemare, è stata essenzialmente minimalista, con pochissimi elementi scenici, delle scale e due enormi cornici dorate, entro le quali i personaggi e i due cori, maschile e femminile, si sono collocati di volta in volta, a guisa di dipinto. I componenti del coro, tutti vestiti di nero, come d’altronde tutti i personaggi maschili, hanno conferito un tono cupo e drammatico alla vicenda. Le figure dei cori in nero, racchiuse nelle cornici, hanno fatto pensare a certi dipinti di Rembrandt, e ciò ha reso estremamente suggestiva la rappresentazione.

Anche alcune immagini giganti di dipinti del pittore inglese Füssli, il pittore del diavolo, coevo a Bellini, calate dall’alto su un telone, unite alle raffigurazioni reali entro le cornici, hanno reso l’ambientazione, peraltro scarna e quasi vuota, simile ad un museo. E forse è proprio un museo che questa rappresentazione vuole richiamare, un museo ove i quadri, nello sfondo, rappresentano le cupe vicende delle lotte fra gli Stuart e i seguaci di Cromwell (i Puritani), mentre al centro della vicenda, in primo piano, vi è la storia d’amore fra Elvira e Arturo. Un museo le cui figure sono rappresentate con costumi ottocenteschi e novecenteschi, con uno sguardo al futuro rispetto all’epoca in cui fu composta l’opera. Un museo in cui l Puritani, bruciando infine le cornici, vogliono ricondurre tutto alla loro cultura bigotta e conservatrice, una sorta di censura contro ciò che non è nella loro ideologia, ma la figura di Bellini infine, simbolicamente, spegnerà le fiamme, quasi ad affermare la potenza universale della musica.

La rappresentazione è stata contraddistinta da cantanti di prim’ordine, tutti autori di una notevole performance, come d’altronde lo splendido e possente coro.

Dmitry Korchak, tenore, nel ruolo di Arturo Talbo, ha espresso una voce straordinaria, capace di raggiungere senza problemi le note più elevate nelle difficilissime parti a lui riservate, ma anche eccellente nelle modulazioni sottovoce. Un personaggio assente per molta parte del melodramma, che diviene alla fine assoluto protagonista.

Caterina Sala, soprano, la protagonista, Elvira, vestita di bianco come le sue ancelle, in contrasto con il nero per il resto dominante (costumi di Tommaso Lagattola) è stata perfettamente a suo agio nelle molteplici sfaccettature che compongono il personaggio: la spensieratezza e l’allegria, con quegli irresistibili gorgheggi esibiti in “Son vergin vezzosa”; la dolcezza nel rimpianto per l’amore perduto; la drammaticità del suo dolore che sfocia nella pazzia, sublime scena che ha strappato le ovazioni del pubblico.

Christian Federici, baritono, un Riccardo Forth perfettamente in parte, ha reso appieno lo stato d’animo sofferto del personaggio, che, seguendo un ottuso “puritanesimo”, ma anche spinto dall’amore per Elvira, vuole condannare a morte Arturo, ma è tormentato dal rimorso, instillatogli dalle parole di Giorgio, basso, zio di Elvira, un ottimo Dario Russo. Un plauso anche per Laura Verrecchia, una angosciata e dolente Enrichetta di Francia, la regina messa in salvo da Arturo.

Bene anche i comprimari: Andrea Tabili (basso) nel ruolo di Gualtiero Walton, il governatore padre di Elvira, e Marco Puggioni (tenore) in quello di Bruno Robertson.

L’Orchestra e il Coro del Teatro Massimo Bellini, diretti rispettivamente da Fabrizio Maria Carminati e da Luigi Petrozziello, sono stati assolutamente all’altezza. Del Coro si è già detto, imponente e praticamente perfetto, nelle sue componenti maschili e femminili. La direzione dell’Orchestra è stata “belliniana”: Carminati ha saputo dosare il pianissimo nell’accompagnare il cantabile delle relative arie, ove è necessario che la melodia sia accompagnata discretamente e in maniera semplice dall’orchestra, ma ha anche saputo far crescere l’orchestra nei momenti drammatici e corali, sempre con buon gusto e precisione.

Straordinario successo di pubblico, fragorosi applausi in uno splendido Teatro Massimo Bellini gremito per questo evento di grande rilievo.

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