Abbiamo parlato precedentemente della tradizione riportata dai poeti italiani Boiardo e Ariosto, narrante la sopravvivenza della linea di sangue dei Principi di Troia e il suo transito in Sicilia, a Messina, nella persona di Astianatte figlio di Ettore e nipote di Priamo, Re dei Teucri. È una versione dubbia, che però ora riesporremo commentandola passo passo e spiegando quali elementi potrebbero avvalorarne la verità; perché nulla è la fabula se contraddice l’historia.
I fatti di cui parliamo dovrebbero essersi verificati tutti quanti poco dopo il 1200 a.C. (8801 dell’Olocene), anno in cui si colloca approssimativamente la distruzione di Troia VIIa.
Questa prima parte è tutta legata a vicende epiche delle quali solo in parte è possibile verificare l’esattezza ma, a rigor di logica, non è assurda questa possibilità così come non è assurdo un esilio in altri lidi, attestato per altri personaggi. In ogni caso la Guerra di Troia, almeno come conflitto, c’è stata davvero, come si può desumere pure da fonti ittite.
Messina, o meglio Zancle, esisteva già da circa cinquecento anni (calcolo di Maurolico). La venuta di Astianatte sarebbe stata successiva allo spostamento in Sicilia di Elimo (divenuto poi capostipite degli Elimi della Sicilia occidentale) e quasi contemporanea a quello di Enea (entrambi dardanidi) dopo la guerra. Le popolazioni protagoniste di queste leggende (Achei, Siculi, Teucri…) – identificate fra i cosiddetti “Popoli del Mare” – basavano parte della propria economia sulla pirateria ed erano noti i loro spostamenti per mare in cerca di ricchezza o in fuga dalla miseria, e in ciò si riconosce la dispersione dei Troiani dopo la disfatta. Non sappiamo che rapporti ci fossero tra i Siculi e i Teucri, ma in quel tempo non era infrequente ottenere il comando d’una popolazione per designazione sacerdotale, grazie a un segno ritenuto propizio; in questo modo Astianatte sarebbe potuto divenire un re fra i Siculi zanclei.
Agrigento non esisteva ancora, ma il centro della regione era Muxaro, allora Camico capitale dei Sicani, mentre una proto-Siracusa esisteva come Messina al tempo dei Siculi. Quest’alleanza fra Messina e Siracusa contro Agrigento-Muxaro fa pensare ai conflitti che ci furono tra Sicani e Siculi quando questi ultimi s’insediarono in Sicilia approfittando del ritiro dei primi a ovest, proprio qualche generazione prima della Guerra di Troia.
Il periodo di cui stiamo parlando fu caratterizzato da razzie in molte sponde del Mediterraneo, Grecia compresa: i “Popoli del Mare” non attaccavano soltanto regni ricchi e imperi, ma anche altri potentati pirateschi loro consimili. Non conosciamo chi ne siano stati gli autori esatti, non abbiamo il nome dei Siculi, ma sbarchi di razziatori nel Peloponneso sono sostenuti da diversi storici; della contromossa achea, invece, non abbiamo prove. Egisto, poi, doveva essere già morto, a meno che non sia un omonimo.
Se davvero dai Dardanidi siano discesi i Costantiniani o i Carolingi e se questi fossero parenti – davvero improbabile – è arduo da dimostrare e comunque non c’interessa: si riconosce qui il vecchio tentativo di nobilitare le casate imperiali per osannare i loro sovrani (quelli franchi in primis). Difatti non è nemmeno casuale che Boiardo e Ariosto facessero discendere anche gli Obertenghi d’Este dai Dardanidi: per amore di coerenza spereremmo che avessero qualche motivo per crederci, ma se lo scrivevano era per celebrare i Duchi di Ferrara, alla cui corte operavano.
Ribadiamo infine che il racconto è passato dalle mani di autori di poemi cavallereschi, che di storico avevano veramente poco e tendevano a reinterpretare tutto; per quanto ne sappiamo, potrebbe anche essere un delirio poetico scaturito dalla volontà di fare la rima, eppure risulta parzialmente coerente con i grandi eventi storici di quel tempo, sconosciuti nell’epoca in cui furono scritti gli Orlandi.
Possiamo prendere questa come una delle tante leggende legate alla nostra patria, ma una di quelle che hanno vera coerenza storica, che altre non hanno.