Quando il popolo diventa sovrano: ecco perché andrò a votare

Quando il popolo diventa sovrano: ecco perché andrò a votare

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sabato 04 Giugno 2011 - 08:49

Il commento di Rosaria Brancato

ART. 1 : “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. L’art.1 è il “papà” della nostra Costituzione, il primo vagone di un treno che ha viaggiato per tanti decenni, nonostante i recenti attacchi alla diligenza. Nella sua sintetica semplicità è il cuore di tutte le nostre libertà: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. In Italia quindi, il popolo è sovrano e tale sua sovranità, intesa appunto come capacità di “governarsi” deve essere esercitata secondo le forme e i limiti previsti dalla Costituzione stessa. Una delle forme e nel contempo un limite è la “delega” nell’esercizio della sovranità che il popolo affida agli eletti, con tale delega i cittadini dicono: “ ti ho votato affinchè tu prenda al posto mio le scelte migliori per governare il Paese”. Ma la “delega” non è l’unico strumento in mano al popolo per esercitare la capacità di scegliere. Se la delega agli eletti è senza vincolo di mandato (quindi non comporta l’obbligo dell’eletto di restare nello stesso partito con il quale è stato votato per rappresentarci) e quindi non possiamo far altro che assistere, da decenni ormai, all’indecoroso spettacolo dei voltagabbana, la conseguenza principale è che saranno comunque loro a scegliere per noi, qualsiasi cosa su qualsiasi punto noi possiamo pensarne. Ne consegue che la delega a chi ci rappresenta è appunto quel “limite” indicato dalla Costituzione per l’esercizio della nostra sovranità. Le forme invece sono molteplici, tra queste, una è l’art.75, che disciplina il referendum. Oggi più che mai il referendum è l’unica arma di difesa contro un “eccesso di delega” che paghiamo ogni giorno impotenti di fronte ad un Parlamento diventato una navicella spaziale lontana miliardi di anni luce dalla realtà, un suk vergognoso dove regna solo la legge del mercato. Con il referendum il cittadino non ha alibi, è chiamato a dire in prima persona, senza delega alcuna, cosa ne pensa su quesiti che riguardano la sua pelle. E’ la massima espressione del voto popolare, perché invita il singolo a dire: “ok, d’accordo, avete fatto una legge, sua mia delega quando vi ho votato, ma questa norma non la condivido e posso abrogarla”. In tempi di astensionismo andare a votare per il referendum è un atto di grande responsabilità personale ed una forma di democrazia reale che se ce la lasciamo scappare per pigrizia, per inedia, per vigliaccheria o perché ci siamo arresi, allora non avremo scampo, non ci saranno più alibi. Adriano Celentano ha detto una frase molto forte: “andare a votare è una questione di vita o di morte. Se non raggiungiamo il quorum, se la metà degli italiani non andrà a votare, allora il quorum ce lo faranno loro, ci faranno il quorum a pezzi”. E avranno ragione. Perché se la metà degli italiani resterà a casa, tra l’altro su questioni di vita e di morte come il nucleare, allora davvero vorrà dire che abbiamo affidato la nostra vita e la nostra morte a questa classe politica e non potremo lamentarci quando ci accorgeremo che la nostra libertà di dire no è in pericolo. Mettere quelle poche parole “la sovranità appartiene al popolo” all’inizio della Carta Costituzionale, è stato per i nostri padri Costituenti un dono di libertà che non dobbiamo lasciarci scappare. In questo momento per me, come cittadina italiana e come siciliana è molto importante difendere la nostra sovranità decisionale.

Spiego il perché. Non oso neanche immaginare, qualora passasse la privatizzazione dell’acqua (peraltro già in corso) in che mani, in quali gestioni e con quale efficienza verrebbe garantita in Sicilia. L’unico modo che ho per difendermi dal potere del denaro che cambierà il colore della nostra acqua anche se dovesse restare all’apparenza cristallina,è andare a votare. L’acqua è vita, è un bene pubblico che non può essere assoggettato alle logiche del mercato. Il naturale fine del privato è conseguire il profitto, come è giusto che sia, non possiamo quindi aspettarci che la gestione delle acque affidata ai privati (con metodi e criteri peraltro discutibili) significhi l’improvvisa passione per la beneficenza dei gruppi imprenditoriali. Non è per beneficenza che i più grandi gruppi bancari d’Italia si stanno già dando da fare entrando in diverse società e preparandosi all’assalto. Passiamo al nucleare. Nel Piano industriale del governo ci sono ben 4 siti individuati in Sicilia (tra i 52 su scala nazionale) per realizzare le centrali nucleari: Licata (Agrigento), la zona costiera tra Marina di Ragusa e Torre di Mezzo (Ragusa), Gela (Caltanissetta) e Mazara del Vallo (Trapani). I governatori Formigoni della Lombardia, Cota del Piemonte, Polverini del Lazio e Cappellacci della Sardegna (tutti di centrodestra) hanno già fatto sapere che non consentiranno la costruzione nelle loro terre. Non so perché, ma qualcosa nell’aria mi dice che una delle quattro, se non più di una, verrà costruita in Sicilia…..E non mi preoccupa tanto il fatto che per costruirle i tempi previsti sono di 20 anni, né che siamo una terra a fortissimo rischio sismico, né che pagheremo noi e le generazioni future. Mi preoccupa di più il fatto che le costruiranno QUI. Non oso immaginare a chi si affideranno, quali imprese vinceranno le gare, quali operai saranno utilizzati, quali progettisti, quali materiali, quali controlli verranno effettuati, quali cosche garantiranno il sereno svolgersi dei lavori per 20 anni e l’approvvigionamento delle “materie prime”, quali conseguenze gravissime ci saranno per la sicurezza pubblica. Non oso immaginare se poi ci si dovesse affidare alla Protezione civile di Bertolaso e magari alla Anemone & C……..!!! Una centrale nucleare richiede standard di sicurezza che neanche trasferendo la Sicilia in Giappone per farla costruire lì per poi riportarla a centrale finita si può star tranquilli perché c’è poi la manutenzione quotidiana e i controlli costanti. A proposito di sicurezza se non siamo riusciti in 20 anni a fare uno stadio decente, né strade, autostrade, ferrovie, se non riusciamo a garantire l’incolumità di chi abita nelle zone sotto le colline alle prime piogge, come possiamo anche solo pensare che costruire una centrale nucleare nel nostro territorio ci faccia dormire sonni tranquilli? Per non parlare delle scorie nucleari. Per smaltirle occorrono tra i 300 e i mille anni e comunque non si gettano nei cassonetti come facciamo noi con i frigoriferi, le bottiglie di vetro o le batterie. In un’isola dove non riusciamo a fare una differenziata almeno passabile, dove lo smaltimento dei rifiuti spesso e volentieri suscita gli appetiti delle cosche, secondo voi ‘ste benedette scorie nucleari i nostri pronipoti dove se le troveranno?????

Non voglio neanche parlare delle conseguenze per la salute. Non le pagheremo noi, la prima generazione, ma quelle successive. I sostenitori del nucleare definiscono “emotivi” gli argomenti legati alla salute. I favorevoli al nucleare (ovviamente nucleare nei giardini degli altri, mai troppo vicino alle loro case), dichiarano che per inquinamento ambientale muoiono migliaia di persone. Se è per questo miliardi di persone muoiono di fame o di Aids nel mondo ma non per questo si decide per legge di privare del cibo un’intera regione o si inietta a forza il virus dell’Aids a cittadini in buona salute. Non è mica una gara a cosa fa morire di meno. Anche una sola singola vita umana, una sola singola sofferenza per cancro, anche un solo anno di chemioterapia per un bambino, ha valore. Non mi piace questa macabra contabilità dei morti. Se il mio sì all’abrogazione del nucleare potrà salvare anche una sola vita umana, se potrò evitare tra 35 anni ad un bambino di nascere con un tumore che lo terrà in una dolorosa vita per un anno, o gli renderà l’infanzia un inferno, ebbene io questo sì lo metto volentieri. Il problema non è che visto che muoiono 2 milioni di persone per inquinamento allora tanto vale farle morire anche di nucleare, il problema è far sì che la ricerca arrivi a non far morire nessuno di energia. Quindi non spero, come dicono alcuni,che il dopo Fukushima serva a migliorare il nucleare e a renderlo più sicuro. No, io spero che la ricerca trovi nuove tecnologie per fare energia che non uccide. L’acqua, il nucleare non sono né di destra né di sinistra né di centro. Andare a votare equivale a dare un segnale di “esistenza in vita”, dire noi siamo qui, siamo il popolo italiano, quando vi abbiamo eletti, tutti, di destra e sinistra, non avete comprato le nostre vite e la nostra sovranità, che “appartiene al popolo” e la esercitiamo almeno sulle questioni che riguardano la nostra pelle, la nostra vita. Andare a votare è un atto di libertà e come cantava Giorgio Gaber : “Vorrei essere libero, libero come un uomo. Come un uomo che ha bisogno di spaziare con la propria fantasia e che trova questo spazio solamente nella sua democrazia, che ha il diritto di votare e che passa la sua vita a delegare, e nel farsi comandare ha trovato la sua nuova libertà. La libertà non è star sopra un albero, non è neanche avere un’opinione, libertà è partecipazione”. Libertà non è star sopra un albero o su una spiaggia il 12 e 13 giugno, libertà non è delegare, libertà è partecipazione.

Rosaria Brancato

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