Chi propaganda “bufale” corre il rischio di subirne i danni

Chi propaganda “bufale” corre il rischio di subirne i danni

Giovanni Mollica

Chi propaganda “bufale” corre il rischio di subirne i danni

martedì 16 Ottobre 2012 - 16:22

Una ricerca condotta da studiosi americani e australiani offre una spiegazione scientifica al vizio di sostenere teorie ampiamente smentite dai fatti. O, quantomeno, facilmente confutabili. Propagandare “bufale”, o solamente condividerle acriticamente, può soddisfare i propri aneliti di santità ma presenta anche notevoli rischi professionali e patrimoniali. Forse è meglio sacrificare qualche certezza sull'altare di sani dubbi laici

Tra i tanti problemi che affliggono la società moderna – almeno quella liberal-democratica, nella quale le notizie circolano liberamente –, uno dei più gravi è la difficoltà che un cittadino “normale” trova nel farsi un’idea obiettiva della realtà che lo circonda.
In particolare, capita abbastanza spesso di essere raggiunti da informazioni false – poco importa, ai fini della nostra riflessione, se ciò sia voluto o meno – e gli studiosi concordano che esse restano attaccate alle nostre menti, influenzando comportamenti e scelte. E’ un fenomeno al quale assistiamo quotidianamente da tempo: si prende come vera l’affermazione fatta da qualcuno e la si accantona in un angolo del cervello senza più metterla in discussione. Anche se viene poi smentita dai fatti. Stephan Lewandowsky, accademico australiano – viva la ricerca “libera”! – ha pubblicato sulla rivista Psycological Science in the Public Interest un’interessante studio, ripreso da Corrado Di Diodoro sul Corriere della sera col significativo titolo: Perché non cambiamo idea sulle peggiori “bufale”.
Lewandowsky afferma che la principale ragione del successo di una sciocchezza è che respingerla richiede motivazioni e faticose conoscenze aggiuntive. Leggendolo, non ho potuto fare a meno di pensare alle baggianate che, in questa strana città, sono riproposte sotto forma di dogmi di fede ogni volta che si parla di Ponte. Foss’anche tra le pieghe dell’annuncio dell’ennesimo funerale.
Per non annoiare, mi limito a un paio di esse, sottolineando ancora una volta che si può essere benissimo contrari al Ponte, a patto che se ne ammettano le vere ragioni – spesso personalissime – con onestà intellettuale, senza nascondersi dietro pretestuose ostentazioni di inconsistenti conoscenze tecnico scientifiche. Diceva Moliére che uno sciocco colto è più sciocco di uno sciocco ignorante.
La prima è quella della infattibilità dell’opera. Ora, a parte le decine e decine di tecnici, scienziati e organismi di fama internazionale – tutti incapaci o venduti? – che ne hanno sottoscritto il progetto (e, quindi, la fattibilità), l’obiezione che andava per la maggiore era quella avanzata dal prof. Federico Mazzolani, dell’Università di Napoli. L’ho ascoltata dalla sua viva voce: poiché l’aumento delle dimensioni delle grandi infrastrutture – grattacieli, dighe o ponti che siano -, negli ultimi 150 anni è cresciuto a piccoli passi, è estremamente probabile che la prossima realizzazione non possa superare la precedente più di un 10-15%.
Applicato ai ponti, questo assioma si traduce nell’impossibilità di tenere in piedi una campata più lunga di 2,2-2,3 km. Il più lungo ponte sospeso oggi esistente è, infatti, quasi 2 km.
Ebbene, nel 2010 in Dubai, è stato inaugurato un grattacielo alto 828 metri, il 62% in più del Taipei 101 che, con i suoi 509 metri, deteneva il vecchio record.
Ciò prova che l’affermazione del prof. Mazzolani e dei suoi adepti era semplicemente … sbagliata. Può capitare.
Però, non si può che restare perplessi nel constatare che vi è ancora qualcuno che utilizza l’argomento.
Secondo lo studio citato in premessa, la ragione deriva dal fatto che l’informazione (falsa) gli “fa comodo”, in quanto concorda con l’immagine della realtà che ha sposato. E, aggiungerei io – che, a differenza di Lewandowsky, conosco la realtà italiana – soddisfa la sua netta divisione del mondo in Buoni e Cattivi; dopo essersi iscritto, di diritto, tra i primi.
Il secondo esempio mi pare ancora più evidente in quanto la contestazione deriva da una controanalisi molto accurata degli studi di sostenibilità economica fatti dalla Stretto di Messina. In altre parole, il Ponte non si deve fare perché “non conviene”.
Che poi a ragionare così siano coloro che hanno sempre considerato l’utile economico sterco del diavolo, appare un po’ contraddittorio; ma si sa che à la guerre comme à la guerre.
In ogni caso,è una teoria che ha avuto grande risalto sui media locali e nazionali. Mi chiedo perché, visto che è, a mio parere, palesemente inconsistente. Fin qui nulla di male: un’opinione contro un’altra. L’elemento anomalo è che sia l’autore che i sostenitori vanno oltre, aggiungendovi corollari quantomeno azzardati sulla validità del progetto definitivo e sulla correttezza del General Contractor. Con l’inevitabile conseguenza che qualcuno ha fatto da capro espiatorio per tutti e si è buscato una querela. Preludio di una pesantissima richiesta di danni.
Valeva la pena spingersi a tanto? Lewandowsky sostiene che la bufala diventa profondo convincimento quando è coerente con le nostre preesistenti convinzioni politiche, religiose o sociali. A causa di ciò, ideologie e personali visioni del mondo possono essere ostacoli particolarmente difficili da superare.

9 commenti

  1. Uno sciocco colto è più sciocco di uno sciocco ignorante.
    CONCORDO !
    La città di Messina annovera un gran numero di colti intellettuali.
    Parola di Gatto

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  2. Le grandi opere che hanno un rilevante impatto sul territorio non possono essere realizzate senza che le comunità che vi risiedono ne siano d’accordo! Principalmente quando si tratta di sconvolgere la vita di grandi Città, questo è un elemento di democrazia imprescindibile. Poi è chiaro che l’informazione ed il confronto devono generare ed orientare il consenso, non l’imposizione governativa non è ammissibile come metodo di lavoro. In ultimo permettetemi di considerare scandaòloso che non sia stata ancora sciolta la Soc. Ponte dello Stretto e che siano stati assegnati rilevanti fondi per pagare una penale su un progetto mai approvato in via definitiva dal Governo! Mentre per gli esodati (poveri cittadini messi sulla strada) non ci sono fondi sufficienti!!! Altro che equità del Governo Monti….

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  3. MessineseIncallito 17 Ottobre 2012 09:04

    Poi aggiungerei altri dogmi portati dai NOPONTIST come tesi scentifiche:
    1.gli uccelli che sbattono con i pilastri perchè diventano improvvisamente ciechi e scemi,
    2. i delfini e le balene che non attraversano più lo stretto per paura dell’ombra che questo proietta sul mare,
    3. l’impraticabilità del ponte quando il vento soffia a più di 130 km/h(a messina si verifica meno di una volta ogni 5 anni)

    L’unica cosa giusta sul ponte l’ho sentita da grillo:
    se lo si vuole dare come priorità o meno basta un sempice referendum…

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  4. Sim va bene, ma ora basta!
    Ne abbiamo abbastanza di palloni gonfiati, presuntuosi e maleducati.
    La libertà di parola è riconosciuta per legge costituzionale, ma questo signore ormai ha rotto!

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  5. Giovà, un consiglio: mettici una pietra sopra! Il ponte non si farà nè domani, nè MAI.
    Credo che sia assolutamente inutile fare disquisizioni su “chi” ha detto “cosa” al riguardo.
    Resto comunque della mia opinione che IN OGNI CASO un opera di così forte (fortissimo) impatto ambientale debba prima passare al vaglio delle popolazioni sul cui territorio andrebbe ad impattare, idem per tutte quelle cose che vanno ad incidere profondamente sui cittadini, si chiama “democrazia”.

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  6. La società Stretto di Messina si potrà sciogliere solamente abrogando la Legge che l’ha fatta nascere!
    In un Paese normale i contratti stipulati si onorano soprattutto quando l’impegno è stato preso da un Governo precedente. Per gli esodati si potrebbero destinare i fondi per l’Expò di Milano o rinunciare alla nuova linea metropolitana di Roma, oppure rinunciare al terzo valico ferroviario Genova-Milano che costerà molto più del Ponte!
    Ai siciliani e messinesi dico che è follia rinunciare a un’opera che porterà benefici a Messina e a tutto il Sud. Anche perchè i fondi stanziati per il Ponte saranno solo il 40% dell’opera e verranno dirottati per altre opere del Nord Italia!

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  7. Non discuto la seconda parte, che è espressione di un’opinione rispettabilissima e, in buona parte condivisibile. Sulla prima affermazione ho invece molte perplessità: si immagini se un’autostrada dovesse passare attraverso il parere dei tanti comuni attraversati … Pensi che in Cina, per la Diga delle Tre Gole hanno trasferito 1,4 milioni di cittadini appartenenti a 116 comunità analoghe ai nostri comuni. E se si fossero opposti uno o 50 di essi? Produce il 3% di tutta l’energia della Cina. Come si può far dipendere un progetto di questi dal parere di qualche migliaio di abitanti? Analogamente, l’attraversamento stabile interessa l’intera Sicilia, per non dire tutta l’Italia. Si può lasciarlo decidere agli abitanti di Torre Faro? Non è un problema da poco.

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  8. Probabilmente hai ragione

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  9. Quelli che hanno rotto in questa città sono i pauperisti, vetero ambientalisti come lei. Sarebbe importante sapere chi scrive, ma il web consente l’anonimato.
    Si guardi intorno: fame e disperazione!!!
    Si legga l’articolo della CGIL. Forse Lei non abita qui a Messina e non vive la tragedia di questa città, comunque sono intollerabili le scemenze dei “No al Ponte, Si alla fame”.
    E oggi il governo ha di nuovo tolto il ponte dal disegno di legge di stabilità.
    Dobbiamo batterci adesso per rivendicare il nostro diritto di esistere, prima che sia tardi anche se, avendo un progetto definitivo in ogni momento si potrà sperare in un governo amico degli africani d’Italia.

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