La rivoluzione resta fuori da Palazzo Zanca, il nuovo somiglia ogni giorno di più al vecchio

La rivoluzione è rimasta fuori da Palazzo Zanca. Nelle piazze e nelle strade calpestate da Accorinti in campagna elettorale; nelle sue promesse e nei suoi slogan – quelli che continua a ripetere ancora oggi, forse ignaro di ciò che gli accade attorno ; negli occhi speranzosi dei tanti messinesi che hanno creduto in un cambiamento vero, profondo, radicale. Ma, dentro il palazzo, di quella rivoluzione annunciata, promessa, sbandierata non c’è traccia. In nessuno degli atti amministrativi emanati dalla giunta Accorinti in questi 15 mesi alla guida della città.

Il nuovo assomiglia ogni giorno di più al vecchio e fa paura.

C’avevano detto che quarant’anni di malapolitica hanno dissanguato questa città, rubandole futuro e speranza e lasciando le casse pubbliche vuote. Avevano ragione. Ma per cambiare rotta e non ripetere gli errori del passato serve coraggio. Il coraggio di rinnegare con i fatti e non solo con le parole i metodi della vecchia politica, che ha favorito gli amici degli amici, spegnendo le ambizioni di intere generazioni e chiudendo a chiave il cassetto contenente i sogni di migliaia di giovani, costretti ogni giorno – ancora oggi – ad emigrare per cercare fortuna altrove.

La delibera sulla mobilità approvata dalla giunta Accorinti – che spalanca le porte delle società partecipate comunali (Amam e Messinambiente) e dell’ azienda speciale (Atm) ad ottanta lavoratori, i quasi ex Ato, gli ex Feluca e gli ex Agrinova – è la mossa politica che non ti aspetti da una giunta di non politici, di non partiti ma di uomini liberi , come ripete spesso Accorinti.

Architettato dal vice-sindaco, Guido Signorino, con il supporto tecnico del segretario/direttore generale Antonio Le Donne, il provvedimento sulla mobilità traccia una linea di continuità con gli atti confezionati dalla vecchia politica, prima criticata verbalmente e poi emulata con le azioni. Innanzitutto perché va a “ripescare” lavoratori che hanno avuto accesso alla Pubblica Amministrazione senza pubblico concorso, in secondo luogo perché va a ricollocarli lì dove – a parte l’Amam – si è sempre detto vi siano esuberi. Il commissario di Messinambiente, Alessio Ciacci, scelto da questa amministrazione, ritiene che nella società di via Dogali vi siano addirittura 200 esuberi.

Facciamo, quindi, oggettivamente fatica a cogliere l’utilità amministrativa della delibera esitata dall’esecutivo di Palazzo Zanca, dinanzi alla fotografia sbiadita di un Comune sull’orlo del dissesto, con le partecipate sino ad oggi descritte come carrozzoni, come vere e proprie zavorre per i conti in rosso della casa comunale.

Dal punto di vista amministrativo non riusciamo davvero a comprendere la ratio di un provvedimento che tende ad appesantire i già sofferenti bilanci delle partecipate, facendo lievitare i relativi costi del personale. Dal punto di vista politico, non capiamo perché la Giunta Accorinti ha deciso di farsi carico di questo piccolo esercito di lavoratori, che deve le sue fortune e le sue sfortune professionali alle vecchia politica, tante volte presa di mira da Accorinti e dai suoi assessori.

E’ sin troppo ovvio che non abbiamo nulla contro i lavoratori, Ato, Feluca ed ex Agrinova- anche loro vittime di una politica troppo impegnata a cercare “porta a porta” il consenso piuttosto che a creare sviluppo ed opportunità per tutti.

Ma ci saremmo aspettati che quel moto rivoluzionario partito in sordina nel gennaio 2013, con l’ufficializzazione della candidatura di Accorinti, giunto al suo clou il 24 giugno – giorno del ballottaggio – travolgesse i vecchi sistemi e li spazzasse via. Anche chi non ha votato Accorinti oggi vorrebbe respirare aria pulita nel palazzo. Dove, invece, si avverte puzza di vecchio.

Danila La Torre