Longobardo replica alla lettera della Lelat: “Affermazioni prive di ogni fondamento”

Longobardo replica alla lettera della Lelat: “Affermazioni prive di ogni fondamento”

Longobardo replica alla lettera della Lelat: “Affermazioni prive di ogni fondamento”

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venerdì 07 Febbraio 2014 - 13:01

Il direttore dell’area dipartimentale “Dipendenze patologiche” del Sert Messina Nord risponde alla presidente della comunità terapeutica, Annamaria Garufi, che aveva lamentato difficoltà per i tossicodipendenti. Riceviamo e pubblichiamo

In merito all’articolo titolato “Si incoraggiano i tossicodipendenti a lasciare le Comunità. L’accusa della Lelat”, pubblicato sul quotidiano online Tempostretto del 5 febbraio 2014, non ho difficoltà a confessare che dopo qualche momento di perplessità, il sentimento suscitato è stato prevalentemente quello dell’indignazione.

La presidente della Lelat non ha esitato a lanciare discredito con affermazioni prive di ogni fondamento, contro quegli operatori che negli ultimi vent’anni, così come la stessa ha tenuto a precisare, hanno consentito di esistere ed operare.

E’ vero che negli ultimi anni il numero di soggetti che ha fatto richiesta di ingresso in Comunità Terapeutica per intraprendere un percorso riabilitativo è diminuito notevolmente, ma questo trend riguarda tutto il territorio nazionale e tutte le Comunità Terapeutiche (vedi Rapporto Annuale al Parlamento sulle TD).

Le motivazioni di questo andamento sono numerose e complesse, e spesso inspiegabili, potendo essere chiamati in causa la diminuzione dell’uso di eroina al fronte dell’aumentato consumo di sostanze diverse per le quali le risposte comunitarie appaiono talora inadeguate tal’altra eccessive; le zone d’ombra che hanno interessato talune Comunità Terapeutiche, anche di fama nazionale, e non ultimo un certo calo di tensione, e forse di attenzione, anche a livello sociale e quindi politico e culturale.

E questo è tanto vero che nemmeno con l’approvazione della Legge 49/06 (Giovanardi – Fini), che ha fatto alle Comunità Terapeutiche il grande regalo di poter accogliere direttamente i pazienti che ne facciano richiesta, senza autorizzazione del Ser.T. competente, ma semplicemente comunicandone l’avvenuto ingresso, è riuscita ad incrementare il numero di richieste di ammissione in Comunità.

Gli ingressi in Comunità Terapeutiche sono stati invece incrementati, per effetto della medesima norma, poiché ha previsto la possibilità, per i soggetti con problemi di dipendenza, di accedere a pene alternative per condanne fino ai 6 anni. Questo spiega quindi, l’alto numero di soggetti con problemi giudiziari presenti nelle Comunità Terapeutiche, a fronte della modesta domanda da parte della popolazione generale.

Quanto affermato nell’articolo è quindi falso e fuorviante rispetto ad una realtà complessa ed in continuo divenire, che non è possibile spiegare semplicisticamente con il presunto ostruzionismo degli operatori dei Ser.T., né con le necessità di contenimento di spesa delle Aziende Sanitarie.

Ma, come è già accaduto anche in passato, è più facile far leva sui sentimenti “buonisti” dei cittadini, utilizzando un linguaggio semanticamente obsoleto (da proto tossicodipendenza), infarcito di luoghi comuni e che presenta un quadro stereotipato e fuorviante della realtà. Si effettua così una divisione manichea tra i buoni da una parte (le Comunità Terapeutiche) ed i cattivi dall’altra (i Ser.T.) per giustificare e motivare richieste o aspettative la cui mancata soddisfazione è dovuta al rispetto delle regole e delle norme vigenti e non già alla cattiva volontà di quanti operano nei servizi pubblici.

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