“Lettere di uno sconosciuto”, il traumatico ritorno a casa di un dissidente cinese

“Lettere di uno sconosciuto”, il traumatico ritorno a casa di un dissidente cinese

Tosi Siragusa

“Lettere di uno sconosciuto”, il traumatico ritorno a casa di un dissidente cinese

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venerdì 08 Aprile 2016 - 06:15

Sulla rotta della decima musa: straziante storia d'amore con un’ambientazione nella Pechino della rivoluzione culturale. Impressioni a cura di Tosi Siragusa

Il prodotto cinematografico cinese, del regista Zhang Yimou, presentato nel 2014 a Cannes, mai uscito nelle sale messinesi, può definirsi un puro mèlo ed ha potuto profittare, grazie alla lungimiranza degli organizzatori del Cineforum Don Orione per un passaggio sugli schermi cittadini. La meravigliosa Gong Li, icona del regista, nonché suo ex grande amore, in questo ritrovato sodalizio, è grande come nei film pregressi, ai quali ha preso parte, da "Lanterne Rosse" a "La città proibita". Il filmmaker, già inserito nella lista nera cinese, è stato poi reputato politicamente "redento", tanto da aver diretto la cerimonia delle Olimpiadi 2008.

La storia è quella di un insegnante che conduce l'esistenza con la figlia adolescente, che non ha memoria del proprio padre, un intellettuale dissidente, che evade dai campi di lavoro per tornare a casa. La giovane lo denuncia per tentare di ottenere un posto alla ribalta da ballerina, ma mal le incoglierà nei rapporti con la madre e per i suoi sogni. Moglie e marito, separati, s'incontrano alla stazione, e quando lui viene arrestato, lei perde la memoria per il dolore e quando, anni dopo, lui sarà rilasciato, lei lo aspetterà alla stazione, ma nonostante ogni espediente tentato dal marito, non lo riconoscerà. Il rituale della stazione si ripeterà tante e tante volte, e si tenteranno altri stratagemmi (accordature del pianoforte, lettura delle lettere mai imbucate dal marito e “misteriosamente” recapitate) volti, oltre che a farsi riconoscere, a prendersi cura della moglie, pur se quell’amore sembra esser ormai divenuto impossibile. L'amnesia della protagonista è emblematica di quella dell'intero Paese rispetto al suo doloroso passato. Certo, il trama nelle due storie resta, pur se le stesse, quella globale e quella individuale, sono state dimenticate. La tematica della rivoluzione culturale è ancora scottante in Cina e il filmmaker ha scelto per questo di raccontare vicende di una singola famiglia, con l'intento, comunque, di far riflettere sulla società cinese di quei tempi. Una prospettiva molto personale, che rispecchia quella di una Cina tradizionale e si avvale di sentimenti ed eventi vissuti davvero da Yimou, come l'aver lavorato in una fabbrica tessile, come la figlia del presunto "criminale" del contesto filmico. Il titolo originale e internazionale dell'opera è "Coming home" e essa è ispirata al romanzo di Yan Geling, "The criminal Lu Yanshi", ma se ne discosta per aver dovuto lasciare sullo sfondo la rivoluzione, aspetto che invece aveva grande spazio nel testo, unitamente ai particolari in ordine all' incontro ed innamoramento dei due personaggi principali. Non dimentichiamo che in Cina la censura seleziona prima la sceneggiatura, con una pre-approvazione, intervenendo poi durante la produzione e le riprese con ruolo attivo nelle decisioni.

Lo stile prescelto dal cineasta è monocromatico (prevale il grigio, ma nella prima parte anche il rosso) per non distrarre lo spettatore dalle emozioni che i personaggi sanno evocare. La tradizione cinese di grandi melodrammi risale ai tempi del muto e costituisce preziosa eredità per questo lungometraggio. E mentre ci si sta preparando ad un remake americano (di Spielberg) non può che annotarsi che il mercato cinematografico cinese è cresciuto vertiginosamente, divenendo ormai secondo nel mondo, compiendo anche notevoli progressi qualitativi, gestendo con flessibilità opere a piccolo, come a grande budget e sempre artisticamente curate, e di tali aspetti multiformi il cineasta Yimou è piena incarnazione, mettendo peraltro sempre al centro i sentimenti, la storia e i destini di donne e uomini. Un sontuoso risultato per un film (che nel suo titolo italiano omaggia un capolavoro del mèlo di Max Olphus) finalmente godibile anche a Messina.

Tosi Siragusa

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