Luci e ombre della giornata mondiale per l'eliminazione della violenza contro le donne

Luci e ombre della giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne

Luci e ombre della giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne

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lunedì 25 Novembre 2013 - 15:42

Una versione della storia che ci permette di vedere nelle donne la forza che necessitano per dire basta, per emanciparsi, e negli uomini la bontà per smetterla. Chiedi alla psicologa: invia una mail all’indirizzo psicologica@tempostretto.it

La Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne è istituita dall’Onu nel 1999 e si celebra ogni anno il 25 novembre.
Nel nostro Paese il focus è sul “femminicidio”. In Italia, fra il 2000 e il 2012, sono state uccise oltre 2.200 donne, 171 all’anno: il 75% dei delitti, 125 ogni 365 giorni, è avvenuto in famiglia o nell’ambito di relazioni affettive. Ciò vuol dire che solo il 25% delle donne uccise sono state uccise da uno sconosciuto. Tutte le altre conoscevano il loro assassino, gli preparavano la cena, gli lavavano i vestiti e sopportavano ogni suo gesto di violenza, verbale, psicologica, fisica, sessuale.
Quello che viene spontaneo chiedersi è, ma queste donne, sono davvero “solo vittime inermi”? Vittima è colei che non può sottrarsi al suo destino, ma davvero un giorno il principe azzurro si sveglia ed è divenuto l’orco cattivo, così di colpo? Le statistiche ci dicono che quasi tutti i “femminicidi”, sono preceduti da denunce, di vario genere, sporte dalla donna che sarà poi uccisa. Perché una donna sporge denuncia e poi continua a vivere sotto lo stesso tetto del suo aguzzino? Perché ancora esistono donne che non abbandonano chi le maltratta oggi per ucciderle domani? Le risposte sono molte e complesse e vanno al di là delle innegabili difficoltà economiche e della mancanza di un adeguato sostegno da parte delle istituzioni. Alcune risposte si avvicinano di più alla realtà, altre la travisano completamente. Definire una donna “vittima indifesa” ed il suo persecutore “sadico carnefice” (nonché marito o compagno o padre) è semplificare oltremodo la realtà, tratteggiarne un ritratto manicheo che non rende giustizia della complessità del fenomeno, rappresentando il mondo degli abusi intrafamiliari come fatto di donne, buone ma deboli, ed uomini, violenti e cattivi.
La realtà, purtroppo e per fortuna, è più complessa: ogni donna uccisa è stata prima una donna maltrattata, una donna che avrebbe potuto scegliere di ribellarsi alle prime avvisaglie, dire basta e difendere se stessa ed i propri figli. Ogni uomo violento è stato a sua volta un bambino maltrattato, nel cui contesto familiare o sociale la violenza era sopportata o comunque non condannata. Può anche darsi il caso che sia l’uomo che la donna di questa coppia fatale siano semplicemente stati bambini ai quali non è stato insegnato il valore del rispetto della propria dignità e di quella altrui.
Dietro ogni donna che non si ribella sta un’anima che non è consapevole del valore della sua vita, del potere che ha in mano di ribellarsi, del diritto di farlo e del dovere morale di dare il buon esempio alle bambine e ragazze che crescono intorno a lei. Ma c’è anche un’anima buona, che ama colui che le sta rovinando la vita.
Dietro ogni uomo che maltratta c’è un’anima che non ha ricevuto il rispetto che adesso non sa dare, un’anima che può continuare a far del male, ma anche un’anima che può scoprire gentilezza ed un altro modo di affermare le proprie ragioni.
Possiamo scegliere la versione semplice della storia e celebrare il 25 novembre ogni anno, indignarci, manifestare e poi tornare alla nostra vita, tanto non si può fare nulla dato che le donne sono solo vittime senza alcun potere e gli uomini orchi cattivi in ogni fibra del loro essere.
Oppure possiamo scegliere l’altra versione, quella che sì, ci inquieta un po’, perché non c’è nessuna principessa da salvare e nessun cattivo da sconfiggere per far trionfare il bene, ma persone buone e cattive insieme, forti e fragili al contempo. Quest’ultima versione della storia, ci permette di vedere nelle donne la forza che necessitano per dire basta, per emanciparsi, e negli uomini la bontà per smetterla. Soprattutto, permette a tutti noi di comprendere che il femminicidio si sconfigge attraverso l’esempio, l’informazione e la sensibilizzazione. Si sconfigge giorno per giorno, incitando i futuri uomini e le future donne ad essere artefici del proprio destino, rispettosi di quello altrui.
Il femminicidio si combatte senza una sola parola spesa a condannare carnefici e osannare vittime, celebrando la bellezza della vita, coltivando già nei bambini la consapevolezza del potere degli uomini e delle donne di scegliere con chi stare o meno e come agire o reagire al comportamento altrui.

“Psicologica” è curata da Francesca Giordano, psicologa, laureata presso l’Università degli Studi di Torino, specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia Cognitiva, Roma (SPC), Vicepresidente A.p.s. Psyché, “mamma di giorno” presso il nido famiglia Ohana di via Ugo Bassi, 145, Messina. Per informazioni telefonare al: 345.2238168.
Avvertenza: questa rubrica ha come fine quello di favorire la riflessione su temi di natura psicologica. Le informazioni e le risposte fornite dall’esperta hanno carattere generale e non sono da intendersi come sostitutive di regolare consulenza professionale. Le mail saranno protette dal più stretto riserbo e quelle pubblicate, previo esplicito consenso del lettore, saranno modificate in modo da tutelarne la privacy.

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