"Scatola". La globalizzazione è fallita e Vella lo racconta tra prosa, musica e danza

“Scatola”. La globalizzazione è fallita e Vella lo racconta tra prosa, musica e danza

Tosi Siragusa

“Scatola”. La globalizzazione è fallita e Vella lo racconta tra prosa, musica e danza

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lunedì 09 Gennaio 2023 - 09:00

Al Vittorio Emanuele di Messina lo spettacolo prodotto da "Marvan Dance" di Mariangela Bonanno e dallo stesso ente teatro

MESSINA – “Scatola- Ossessioni da asporto“, primo evento ad aprire fuori cartellone la stagione teatrale 2023, è scritto e diretto da Valerio Vella in co-produzione tra il Vittorio Emanuele e la Compagnia Marvan Dance di Mariangela Bonanno. La rappresentazione è ispirata liberamente a “The wall”, album celeberrimo dei Pink Floyd e altrettanto famoso film di Alan Parker.

La recensione – In scena l’agghiacciante multiverso della fallita globalizzazione…

Interprete della pièce monologante l’attore assai valente Elio Crifò (nella foto), che, in interazione con sé stesso, ha restituito la cifra di una modernità omologante, indirizzata al ribasso, all’appiattimento delle aspirazioni e dei valori fondanti, dedita al consumismo dilagante, l’era della massificazione, dell’alienante tempo reale che tutto brucia in un istante, facilitato in ciò dalla cd. rivoluzione digitale che, in un clima di sempre più forzato abuso, ha sfigurato le nostre esistenze, impedendo una vera connessione con l’altro da sé, e questo pur predicando totale apertura di tutti verso tutti….Viviamo tempi distopici, ove la distorsione della tecnologia ci sta irrimediabilmente sottraendo le identità, proponendo modelli sempre più conformizzati e stroncando le rispettive peculiarità valoriali.

E così la pièce, in un connubio fra drammatizzazione, sonoro,canto e danza, tutte espressioni artistiche rese con valenza qualificata, ha ben rappresentato il comune sentire di chi, arrestandosi anche solo un attimo per riflettere, si trova avviluppato in una spirale di “nonsense” e assurdità per la carenza di significato, lo smarrimento di un percorso sensato che non sia identico a quello di tutti e offuscato dall’alienazione diuturna, alle prese con la sconfortante modernità delle società occidentali.

Omaggiando le intuizioni di autori del calibro di Pasolini, Betocchi, Orwell, Brian Aldiss, di cineasti, quali Philiph K. Dick, sceneggiatori come Paddy Chayefsky e Andy e Larry Wachowski, e di compositori quali Guccini e gli stessi Pink Floyd( per i testi canori di segno più distopico), Vella ha scritto e diretto una performance d’eccellenza, impreziosita dalle meravigliose musiche dal vivo della fulgida The Box Rock Band, formata da Antonio Amante (chitarra elettrica e voce), Alessandro Blanco (chitarra classica e elettrica), Massimo Pino (basso e voce), Tindaro Raffaele (tastiera e voce), Stefano Sgrò (batteria e percussioni) e Simona Vita (piano, tastiere e voce).

Le coreografie intercettano i rimbalzi mentali dell’attore Crifò

Le coreografie pulite e essenziali, pur se,alla bisogna sincopate, di Mariangela Bonanno, Alice Rella e Giorgia Di Giovanni, hanno intercettato al meglio i rimbalzi mentali dell’interprete Crifò, a sua volta una splendida conferma di poliedricità e capacità di sussumere e rendere una gamma infinita di sensazioni, con la cifra connotante della innegabile alta professionalità.

Dicevo della perfetta resa dei movimenti coreografici,da parte dall’armonico corpo di ballo, tutto al femminile, composto da Domelita Abate, Nives Arena, Rebecca Pianese, Jo Prizzi, Alice Rella, Valentina Sicari, Roberta D’Angelo e Mara Pulitano.

Con tecnica impeccabile e accurata immedesimazione negli ossessivi pensieri del protagonista, mentalmente “inscatolato”, le danzatrici hanno con grazia e soave precisione ricomposto, attraverso la sapiente gestualità, e accompagnate dalle appropriate sonorità prescelte, quadri di vita tristemente contemporanea. Una vita votata oramai alla incomunicabilità dilagante, facendo da indovinato complemento alla recitazione, giustamente visionaria e affascinante basata sullo svuotamento dei rapporti umani, con inevitabile involuzione dell’odierna società occidentalizzata.

La follia unica risposta a un angosciante presente

Le consone scenografie di Francesca Cannavò, con una poltroncina e un punto di appoggio datati, e tanti scatoloni di cartone, che ab initio hanno riprodotto lo scenario arcinoto di The Wall e, nel prosieguo, ricomposto consone e funzionali ambientazioni, così come il fondamentale disegno di luci a cura di Renzo Di Chio, e gli elementi psichedelici e gli effetti speciali di Giovanni Bombaci, hanno degnamente integrato la indubbia bontà di uno spettacolo corale. Corale, certo, ma ove ciascuna componente artistica, ivi comprese le immagini apocalittiche mandate su schermo circolare, ha costituito tassello significante.

La follia, o l’immobilismo totale, parrebbero allora le sole adeguate risposte a questo angosciante stato di fatto, e così, opere cinematografiche qui tirate in ballo, quali “Quinto potere”, “Matrix”, “Blade runner”, così come volumi letterari indimenticabili quali “1984”, di orwelliana memoria, parimenti a riflessioni pasoliniane, spesso anticipatorie e precorritrici dei propri tempi, come quelle dalla rubrica “Il caos” o su “Il tempo”, sono state con maestria trasposte creando adeguata suggestione e stimolando sensate riflessioni indirizzate a un eventuale cambiamento di rigide non codificate prassi, ove si ritenga ciò ancora possibile, tentando di perseguire il superamento del tremendo livellamento, dell’Età della Solitudine, del Bispensiero, tornando all’Uomo dal pensiero libero, non omologato, e in interazione autentica con i propri simili differenti da lui ,come dovrebbe essere, e il tutto in uno scenario di riappropriazione della Umanità ove ciascun odi noi, non sia di fatto,e con pervicacia,controllato e guidato da un oppressivo e totalizzante Grande Fratello,simboleggiato via via da lavoro in fabbrica, scorie non più smaltibili, mass media ,cellulari, finanza mondiale,ciascun elemento ,a suo modo,pernicioso.

Successo di pubblico

Si potrebbe ancora mutare il passo della fredda e grigia decadenza della nostra era, forse, a mezzo di individuali piccole ribellioni tout court, che partano dal linguaggio, prediligendone forme creative, rifiutando terminologie omologanti e abusate, riscoprendo are imprescindibili di privacy, di contatto con il sé e la Creazione “in primis”, per giungere a relazioni vere , non vuote e plastificate con gli altri esseri umani, incrementando la nostra peculiare unicità, valore fondante di una Società Nuova….Sarebbe,di certo, una vera rivoluzione,con una autentica inversione di rotta,trattenendo solo i tratti migliori del progresso.

Il numeroso pubblico ha interagito con convinzione, lasciando percepire di aver ben colto il messaggio,e apprezzato l’elevato valore artistico delle forme di multiverso espressivo, e si confida abbia portato con sé, tornando alle rispettive vite,almeno il senso di questo esemplare tentativo di smuovere gli animi dal torpore soporifero di questa brutta modernità contemporanea, riprodotta anche a mezzo del colore nero imperante, se si eccettua il bianco agghiacciante e il rosso sangue.

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