Fino a 90 miliardi dai fondi UE per il Sud: le strategie dell'Anci per non perderli

Fino a 90 miliardi dai fondi UE per il Sud: le strategie dell’Anci per non perderli

Sara Faraci

Fino a 90 miliardi dai fondi UE per il Sud: le strategie dell’Anci per non perderli

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martedì 21 Maggio 2013 - 13:49

Stamani al Palacultura il seminario organizzato da ANCI e ANCI SICILIA in vista di una maggiore coesione territoriale e soprattutto dell'elaborazione di nuove linee di indirizzo per lo sfruttamento dei fondi europei

I fondi comunitari del ciclo 2014-2020 sono un’occasione che la Sicilia non può lasciarsi sfuggire. Questo il nocciolo della questione che ha tenuto banco nel corso del seminario svoltosi stamane al Palacultura e promosso da ANCI e ANCI SICILIA.

A sancire la necessità che venga tenuta alta l’attenzione sul tema e si partoriscano sempre nuove strategie per il recepimento dei prossimi stanziamenti comunitari, il segretario generale AnciSicilia, Mario Emanuele Alvaro, che ha curato mediazione e introduzione dei lavori, ma anche l’assessore delle Infrastrutture della Mobilità della regione, Nino Bartolotta, il responsabile Area Mezzogiorno e Cooperazione Internazionale ANCI, Francesco Monaco, la responsabile Area Ambiente, Cultura e Innovazione ANCI, Antonella Galdi, il coordinatore regionale Piccoli Comuni AnciSicilia, Basilio Ridolfo, il sindaco di Canicattini Bagni nonché vice presidente AnciSicilia e responsabile delle Politiche Comunitarie, Paolo Amenta e ancora Giacomo D’Arrigo, dell’Ufficio di Presidenza ANCI e Vito Santarsiero, delegato Anci per il Mezzogiorno e membro del Comitato delle Regioni.

A testimoniare poi la vicinanza delle istituzioni comunali di Messina al progetto di reclutamento risorse messo in piedi dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani, la presenza, all’incontro di stamane, del commissario straordinario, Luigi Croce, che è intervenuto a sottolineare l’imprescindibilità di una coesione territoriale che faccia fronte comune nei confronti dell’occhio diffidente e sospettoso con cui la Comunità Europea guarda all’Italia e, in specie, alla Sicilia.

Scopo ultimo, la trasformazione di quei punti di debolezza tra cui la frammentazione territoriale e la parcellizzazione di compiti e attività, in punti di forza che prendano piede da quelle potenzialità scientifiche e culturali di cui in primis la nostra città è dotata. Una visione globale in cui il commissario, giunto alla fine del proprio mandato, ha trasfuso l’auspicio che Messina divenga un volano di sviluppo per tutto il territorio provinciale, avvalendosi di una auto-valorizzazione in veste di “sinapsi intelligente” tra la Sicilia e l’Italia continentale.

Che con la programmazione per l’ottenimento dei fondi europei si giochi una partita importante, è stato evidenziato anche da Bartolotta che ha aperto uno spiraglio alla fiducia e alla speranza di scongiurare il default regionale, cercando di arginare il disavanzo che raggiunge già la preoccupante cifra di un miliardo e 200 milioni di euro. Certo non è semplice – ha affermato l’assessore – prevedere in questo momento una conciliazione delle attività di messa in sicurezza del bilancio regionale con quelle di progettazione del futuro sviluppo ma un prezioso asso nella manica potrebbe essere rappresentato dalle proposte operative che già giungono dalle amministrazioni locali e che, invertendo un trend di vecchia data, si mostrano più in linea con gli standard comunitari, improntati alla preferenza di quegli intenti che si focalizzino sull’avanzamento di settori quali tecnologia, sostenibilità ambientale, risorse rinnovabili e “infrastrutturazione verde”.

Sotto la lente di ingrandimento anche la possibilità di imprimere una formazione innovativa alle cariche dirigenziali che saranno costrette a confrontarsi con l’arduo compito di districarsi tra il patto di stabilità, che limita le capacità di investimento imponendo pesanti legacci allo sviluppo del territorio, e necessità di dare una visione rinnovata della Sicilia dove sinora hanno dominato strategia “a macchia di leopardo”, poco mirate a uno sviluppo globale, e piani di gestione delle emergenze, non certo foriere di progresso.

Ma a fronte di una realtà locale disastrata, anche quella nazionale si presenta sull’orlo del collasso – ha spiegato Monaco. Risorse e investimenti in tutta Italia hanno risentito di una sensibile flessione, registrando un calo in picchiata da 80 miliardi a 20 e privando di ingenti risorse e, dunque, di prospettive, settori di primo interesse quali quello sociale, delle politiche giovanili e familiari e riducendo in ginocchio quelli ancor più colpiti riguardanti l’infanzia, gli invalidi, le pari opportunità e l’integrazione degli immigrati.

“Il Sud può ottenere dall’Europa fino a 90 miliardi di euro – ha proseguito Francesco Monaco – denaro che può farci risollevare dai nostri endemici problemi creando nuove opportunità ma per fare ciò occorre una maggiore assunzione di responsabilità da parte degli enti locali e maggiore selezione della classe dirigente”. Un’idea, questa, che parte dal presupposto che interlocutori primari dell’Europa debbano essere proprio i sindaci, principali depositari di esigenze e realtà locali nonché i soggetti più agevolmente sottoposti al controllo della cittadinanza in ossequio al principio di chiarezza e trasparenza che, anche in questo caso, deve contraddistinguere le attività politiche. (Sara Faraci)

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