Omicidio Francesco D'Amico: reato prescritto per Placido Cariolo

Omicidio Francesco D’Amico: reato prescritto per Placido Cariolo

Omicidio Francesco D’Amico: reato prescritto per Placido Cariolo

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martedì 21 Febbraio 2012 - 19:42

In secondo grado arriva la prescrizione per il delitto del panettier ucciso a colpi di pistola il 21 febbraio 1981

La Corte d’Assise di Appello ha dichiarato la prescrizione per Placido Cariolo ritenuto il mandante dell’omicidio del panettiere Francesco D’Amico, ucciso lungo la salita Montesanto, alle spalle dell’ospedale Piemonte, all’alba del 21 febbraio 1981. Il 17 febbraio dello scorso anno, i giudici della Corte d’Assise lo avevano condannato a 30 anni in continuazione con la sentenza per l’omicidio di Melchiorre Zagarella per il quale Cariolo stava già scontando una pena a 22 anni di reclusione. Ai 30 inflitti dalla Corte d’Assise andavano sottratti i 22 dell’omicidio Zagarella. In questo modo a Cariolo restavano da scontare otto anni di reclusione. Ma con la sentenza di oggi, la Corte di Assise d’Appello ha dichiarato prescritto il reato.
Quello per l’omicidio D’Amico è un processo che ha avuto un iter piuttosto tortuoso. Il procedimento è ripreso dalle fase delle indagini preliminari dopo che la Cassazione aveva azzerato più di una volta il processo. Non a caso, per questo delitto, Placido Cariolo nel luglio del 2000 era già stato condannato a ventidue anni di reclusione. La Corte d’Assise d’Appello confermò la sentenza che però la Cassazione azzerò e si dovette ricominciare dall’inizio. Per questo omicidio sono già stati condannati definitivamente Iano Ferrara, Rosario Rizzo e Salvatore Pimpo, quest’ultimo ucciso diversi anni fa. Secondo i pentiti d’Amico fu eliminato perché si rifiutò di rivelare, agli uomini che lo prelevarono sotto casa, il luogo in cui trascorreva la latitanza Domenico Di Blasi. Quest’ultimo , noto come -Occhi i’ bozza-, doveva essere ucciso nella guerra di mafia esplosa in quegli anni fra clan rivali. D’Amico era considerato vicino a Di Blasi, anzi addirittura sarebbe stato il suo vivandiere. Così i sicari lo prelevarono sotto casa alle 4 del mattino mentre si recava al lavoro nel panificio di via Tommaso Cannizzaro. Quando capirono che il panettiere non avrebbe mai parlato lo uccisero a colpi di pistola.

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