I "tentacoli" della famiglia barcellonese sull'Aias di Barcellona. Lo Forte: «Sistema sempre meno granitico»

I “tentacoli” della famiglia barcellonese sull’Aias di Barcellona. Lo Forte: «Sistema sempre meno granitico»

I “tentacoli” della famiglia barcellonese sull’Aias di Barcellona. Lo Forte: «Sistema sempre meno granitico»

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lunedì 11 Luglio 2011 - 12:46

Per il Procuratore Capo Guido Lo Forte ancora un colpo importante inferto al cuore del sistema mafioso-affaristico del longano: oltre al pagamento delle tangenti anche assunzioni pilotate, il tutto a scapito del servizio di assistenza che sarebbe stato necessario corrispondere ai disabili

«Il Gip Walter Ignazitto ha definito “granitici” gli ultimi dati probatori sul sistema estorsivo messo in piedi dalla Famiglia Barcellonese. Utilizzo lo stesso aggettivo per sottolineare, invece, come sempre meno granitico è il muro di omertà che finora ha protetto il sistema mafioso di Barcellona». Esordisce così il Procuratore Generale della Repubblica Guido Lo Forte nel presentare alla stampa i risultati dell’Operazione “Ghota II”, un altro duro colpo inferto al cuore della mafia del Longano. Le indagini che come detto (vedi altro articolo) sono state avviate grazie alle dichiarazioni rese dall’ex-presidente dell’Aias Luigi La Rosa nel maggio 2010, e ai collaboratori di giustizia Bisognano e Gullo, si basano anche su numerose intercettazioni ambientali e telefoniche.

«Il metodo estorsivo messo in atto ai danni dell’Aias è quello da sempre utilizzato dalla mafia di Barcellona – spiega il Procuratore Lo Forte – è un sistema inclusivo che può coinvolgere tanto gli enti pubblici, quanto i privati. Cosa Nostra si inserisce in ogni settore in cui si produce denaro e su cui può imporre il proprio controllo». Ogni anno, dal 1999 al 2008, l’Aias ha versato nelle casse della “Famiglia Barcellonese” quaranta mila euro, suddivisi in due tranche da ventimila,che venivano corrisposte nei mesi di agosto e dicembre. «Per il pagamento si procedeva con il metodo della false fatturazioni e fondi neri attraverso cui si effettuava il versamento a favore dell’estortore. Il regime del ricatto – continua Lo Forte – non si consumava però solo con la corresponsione di una certa cifra ma anche con assunzioni pilotate di questo o quel parente. Il tutto, ovviamente, a discapito del servizio pubblico che sarebbe stato necessario rendere ai disabili, vittime indirette del sistema».

Un’indagine lunga e complessa quella portata avanti dai sostituti Procuratore della DDA di Messina, D’Anna, Verzera, Di Giorgio, e Cavallo, che potrebbe però svelare dettagli importanti anche rispetto al movente del tentato omicidio ai danni di Pietro Arnò, ex-presidente dell’Aias, che il 14 novembre 2003, mentre faceva ritorno a casa, fu raggiunto da un colpo sparato con un fucile a pallettoni: l’arma utilizzata e le modalità di esecuzione dell’agguato corrispondono a quelle solitamente utilizzate dalla mafia barcellonese, resta da capire, ma soprattutto da provare, come spiegato anche da Lo Forte, se le ragioni dell’agguato siano da legare alla vicenda del pagamento delle tangenti. Va sottolineato che nel corso di una precedente indagine, denominata “Spinesante”, sono state effettuate alcune importanti acquisizioni documentali, quali le agende custodite dallo stesso Pietro Arnò all’interno di una valigetta, che alla luce degli ultimi riscontri sono state definite dal Procuratore un vero e proprio “libro mastro” della contabilità dell’Aias (ELENA DE PASQUALE)

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