Dialetto: un argomento che fa discutere

Dialetto: un argomento che fa discutere

Dialetto: un argomento che fa discutere

giovedì 17 Settembre 2009 - 03:07

Il deputato Rivellini lo celebra col suo discorso in napoletano al Parlamento europeo, la Lega ne chiede lo studio nelle scuole, in tv si condanna la sola cadenza, suggerendo corsi di dizione.

Da qualche tempo si è acceso il dibattito sull’uso del dialetto e sull’opportunità di promuoverlo o meno. Il tema, inizialmente introdotto da una proposta del Ministro Zaia – che prevedeva il dialetto a scuola, nella toponomastica, nelle etichette alimentari, nei sottotitoli delle fiction tv – continua ad essere oggetto di trattazione.

Proprio ieri, infatti, un insolito intervento del deputato Enzo Rivellini al Parlamento Europeo, esposto interamente in dialetto napoletano, ha non solo stupito i presenti ma anche mandato in tilt i traduttori dell’istituzione europea, i quali si sono giustificati scrivendo in una nota ufficiale “che non essendo il napoletano una lingua ufficiale del Parlamento Europeo l’ intervento in napoletano non avrebbe potuto essere interpretato nelle altre lingue, né essere pubblicato nel resoconto integrale delle discussioni, che contiene la trascrizione e la traduzione degli interventi fatti in Plenaria”.

E’ accaduto durante la seduta per la rielezione alla guida della commissione europea di Jose Manuel Durao Barroso; presa la parola, il deputato napoletano Rivellini ha esordito dicendo: -Presidente Barroso l’aggia vutato e le chiedo d’essere o’ Presidente ‘e tutta ll’Europa, pure d’o Sud, pecchè ‘o Sud è ‘a porta e ll’Europa e sta miezzo ‘o Mediterraneo- e poi nella parte conclusiva ha utilizzato una metafora: -Ausann na’ metafora putesse dicere che ‘a nostra protesta e’ comme quanno schizzichea, evitammo c’arriva ‘o pata pata ‘e’ll’acqua-. Che tradotto significa: -Usando una metafora potrei dire che il nostro disagio e la nostra protesta e’ oggi come una leggera pioggerella. Facciamo in modo che non diventi un uragano-. La provocazione era stata preannunciata e spiegata dall’eurodeputato, intenzionato con questo gesto a porre all’attenzione della UE la questione dei dialetti, delle lingue locali e dei problemi del Mezzogiorno.

Non c’è dubbio che i dialetti hanno la dignità e sono lingue a pieno titolo, con una propria grammatica ed un lessico robusto, avente spesso un’efficacia comunicativa maggiore del lessico dell’italiano. Rappresentano e diffondono il sapere della cultura locale, popolare dei vari territori e di conseguenza possono essere strumenti per conservare un briciolo di identità. In un mondo sempre più globalizzato che tende ad appiattire e a standardizzare tutto, la riscoperta delle cultura locale dei vari territori rappresenta un arricchimento del territorio stesso.

Nel nostro Paese, i dialetti sono ancora parlati soprattutto in famiglia, tra amici o con estranei, a seconda delle età, e delle situazioni culturali e sociali di provenienza, ma il loro uso rispetto al passato sta diminuendo moltissimo a favore della lingua italiana; e questo lo si può considerare come conseguenza dell’avvento della televisione.

In un universo mediatico, infatti, la lingua a cui sono esposte le nuove generazioni è proprio quella della tv, che ha avuto sicuramente buona parte del merito nella costruzione di un’unità linguistica italiana.

Un altro episodio recente avente ad oggetto l’argomento “dialetto” – o meglio, la sola cadenza dialettale – è rappresentato dalla, appena conclusasi edizione di Miss Italia, in cui 2 delle 3 ragazze premiate erano meridionali -Miss Moda, siciliana di Canicattì, e Miss Italia, calabrese di Cosenza. Entrambe hanno ricevuto aspri commenti da parte della giuria che, pur valutandole in modo assolutamente positivo e degno di corona, per l’aspetto estetico, le ha poi criticate per la marcata cadenza dialettale, suggerendo loro, in modo non molto elegante, di frequentare al più presto corsi di dizione.

Insomma, non è ancora chiaro…dialetto da promuovere o da bocciare?

Un esperto sull’argomento, il famoso scrittore Andrea Camilleri, che nei suoi romanzi crea una contaminazione piacevole e leggera tra l’italiano ed il dialetto siciliano, considera il dialetto come la linfa vitale della nostra lingua italiana, per cui, a suo giudizio, sarebbe bene conservare e studiare i dialetti, salvaguardare le cadenze e gli accenti, perché parlano di noi, del nostro passato, della nostra terra di origine. “Una lingua -sostiene l’autore- va avanti perché riceve parole, immagini e suoni dalla periferia verso il centro. Se ciò non accadesse più, sarebbe l’italiano a morire o a diventare colonia, come già si sta verificando, per termini inglesi o tecnici, di difficile comprensione”.

Probabilmente, necessiterebbe avere un occhio di riguardo nei confronti del dialetto, senza estremismi, evitando però di trasformare l’argomento in uno stendardo politico ma piuttosto utilizzandolo come strumento di dialogo e di confronto con gli altri.

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