Il dibattito con Caporale e la difesa di una messinesità che non si sa più cos'è

Il dibattito con Caporale e la difesa di una messinesità che non si sa più cos’è

Il dibattito con Caporale e la difesa di una messinesità che non si sa più cos’è

martedì 28 Aprile 2009 - 15:35

Stamani al Guernica il confronto col giornalista di Repubblica che ha chiesto scusa alla città. Tra toni accesi e diatribe sul Ponte, non si è discusso dei tanti -ma- che affossano Messina e che i messinesi preferiscono insabbiare

Messina non è una città-cloaca. Su questo siamo tutti d’accordo, lo è anche Antonello Caporale (nella foto), il giornalista di Repubblica che s’è lasciato andare in questa poco felice definizione in diretta a -Exit- su La7. Non lo è la città, non lo è per la sua storia, non lo sono nemmeno i cittadini, ma… C’è un grande e pesante -ma- che affligge Messina e la affossa giorno dopo giorno, e su quel -ma- si sarebbe potuto e dovuto dibattere oggi nell’incontro, lodevolmente organizzato dall’associazione -Giovani e Messina- e moderato dal collega Antonclaudio Pepe, incontro svoltosi proprio con Caporale, giunto a Messina «per togliersi un peso» e chiedere scusa per quella frase sul Ponte: «unirebbe due cloache di città». Il peso se l’è tolto, Caporale, il quale dopo aver chiesto scusa su Facebook e sulla stesse emittente La7 durante la trasmissione del mattino -Omnibus-, ha potuto farlo di persona di fronte ad una folta platea riunitasi stamani al -Centro servizi Guernica-.

Peccato che di quel -ma- di cui sopra si sia finito per parlare troppo poco, con un dibattito che è sconfinato inesorabilmente verso il classico -Ponte sì, Ponte no-, se non addirittura in uno scontro -rossi- neri- di sessantottina memoria alimentato dalla solita verve del -missino e me ne vanto- Trischitta, uno dei tre consiglieri comunali presenti oggi (gli altri erano Caliò e Chiarella), e dai diversi simpatizzanti di sinistra presenti in sala. Di quel -ma- avrebbe potuto parlare, ad esempio, l’amministrazione comunale che ha deciso, dopo un ordine del giorno votato all’unanimità dal consiglio comunale, di querelare Caporale (insieme al governatore della Regione Puglia, Nichi Vendola, reo di aver detto che il Ponte unirebbe due cosche). Amministrazione assente, però, a meno che non si voglia considerare presenza quei pochi minuti di apparizione dell’assessore alle Politiche della Famiglia Caroniti. Una querela con la quale si chiede un risarcimento in denaro ma che probabilmente, scagliandosi contro un -reato d’opinione- che non esiste, ne farà perdere dell’altro ad un Comune che non naviga certo in buone acque.

Perché querelare e non dialogare? Perché alzare i toni e non argomentare, come hanno fatto, invece, con modalità diverse molti di coloro che sono intervenuti oggi (dal segretario della Cisl Genovese al presidente del Comitato Pendolari dello Stretto Interdonato, dalla giornalista Adele Fortino al docente universitario Marco Centorrino)?. Da quel -ma- si preferisce sempre scappare, lo si vuole ignorare, insabbiare se volete, per poi cadere dalle nuvole quando il Caporale di turno, o il Gian Antonio Stella o ancora il Michele Santoro, insomma, quando il grande media nazionale accende i riflettori e -parla male della nostra Messina-. La città dorme, vuole dormire, e quando qualcuno la scuote, svegliandola in maniera magari anche brusca e violenta, si risente, se la prende, urla e scalpita, difendendo una messinesità che non si sa più cos’è. La messinesità è l’abuso edilizio sulle colline? E’ l’affaccio a mare che non esiste? E’ il trasporto pubblico più inefficiente d’Italia? E’ la raccolta differenziata tra le più basse del Paese? E’ la parentopoli che impera nei Palazzi che contano? E’ la politica del dire ma mai del fare? Questi sono i -ma- che fanno di Messina, di quella Messina che non vuole bene a sè stessa, una cloaca. Non perché sia una fogna ma perché viene vissuta e gestita come tale, e che solo quando scossa batte i pugni e si indigna. Querelando. La politica del dire.

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