Il messaggio di Peppino Impastato rivive tra i chiaroscuri delle tavole di un fumetto.

Il messaggio di Peppino Impastato rivive tra i chiaroscuri delle tavole di un fumetto.

Il messaggio di Peppino Impastato rivive tra i chiaroscuri delle tavole di un fumetto.

martedì 19 Maggio 2009 - 13:01

Abbiamo intervistato il fumettista che oggi, alle 17 nel salone della Provincia, presenterà il fumetto sulla storia di Peppino Impastato realizzato con Marco Rizzo

Si terrà oggi a Messina, alle ore 17.00 presso i saloni della Provincia Regionale,la presentazione della graphic novel -Peppino Impastato, un giullare contro la mafia- (Marco Rizzo/Lelio Bonaccorso, prefazione di Lirio Abbate, 128 pagine, Bianco/Nero, 14 euro, ed. Beccogiallo).

Abbiamo intervistato il disegnatore, Lelio Bonaccorso, che ci ha raccontato la sua esperienza.

Lelio, il titolo -un giullare contro la mafia- ha suscitato alcune polemiche; puoi spiegarci il motivo di questa scelta?

Peppino Impastato utilizzava la satira per ridicolizzare il potere mafioso di Cinisi, così come i giullari delle corti medievali erano gli unici a poter prendersi gioco del re, mettendone in evidenza tutto ciò che gli altri pensavano, ma non avevano il coraggio di dire. Giovanni Impastato mi raccontò che, quando passava don Tano, gli abitanti di Cinisi quasi si inchinavano al suo cospetto, mentre, dopo le prime trasmissioni di Peppino, su Radio Aut, i bambini sbeffeggiavano il boss col nomignolo di Tano Seduto, cosa che per Badalamenti era una gravissima onta. Peppino insomma, utilizzava la satira per andare oltre quel muro di paura e assuefazione imposto dal regime mafioso, cercando di risvegliare le coscienze di chi ascoltava lui ed i suoi compagni.

Mettere fine alla vita di Peppino è la dimostrazione pratica di quanto la sua attività fosse incisiva, colpendo al cuore stesso quella che era vista come un’istituzione; è questo che abbiamo cercato di raccontare, con Marco, all’interno del fumetto.

Come è nata l’idea di un Fumetto su Peppino Impastato

La proposta è arrivata da Marco Rizzo (sceneggiatore), il quale mi raccontò di aver avuto l’idea dopo aver letto il libro -La mafia in casa mia-, un’intervista a Felicia Impastato, e che lui da sceneggiatore di fumetti e giornalista, voleva scrivere una storia su Peppino, che da sempre l’aveva colpito. Marco, prima di mettersi a scrivere, aveva raccolto già da un anno materiale, fra cui interviste, libri, e documentazione di vario genere. Documenti fondamentali nella stesura dei testi e dei disegni.

La storia di Peppino è stata fonte di ispirazione per forme d’arte quali cinema, musica, libri; cosa può trasmettere di diverso, un fumetto?

Il vantaggio del fumetto è quello di poter cogliere un pubblico vastissimo, e di arrivare in modo diretto al lettore; i disegni ti invitano a sfogliare, le parole ti accompagnano lungo la storia, con la speranza che il messaggio di ribellione che Peppino voleva trasmettere, possa giungere forte anche attraverso le nostre pagine. Inoltre, soprattutto all’estero, la -graphic novel- è molto utilizzata per raccontare vicende importanti e non rivolte solo a giovani. Ad esempio -Palestina- di Joe Sacco, reportage di guerra a fumetti, -Maus- di Art Spiegelman, vincitore di un premio Pulitzer, o i più recenti -Persepolis- e -Valzer con Bashir-.

Succede che raccontare una storia, trasporti il narratore all’interno della stessa. E’ accaduto anche a voi?

Ovviamente, raccontare una storia come quella di Peppino, da siciliano, rende tutto più difficile ed intenso. Man mano che i disegni andavano avanti, il trasporto emotivo cresceva, raggiungendo il culmine nelle pagine dell’omicidio, che ci hanno segnato in profondità, rendendo quasi dolorosa la narrazione. Quando disegni un personaggio è un po’ come se lo vivessi, e doverne disegnare la morte, ti fa sentire come se lo uccidessi per la seconda volta, sperando che questa violenza non resti fine a se stessa.

Nel libro ringraziate tutto l’ambiente vicino a Peppino e che ancora continua nelle sue battaglie. Come è stata accolta l’idea di un fumetto sull’argomento, e in che modo si è sviluppata la collaborazione?

Inizialmente il progetto era visto come qualcosa destinato ad un pubblico più giovane, mentre in seguito ci si è resi conto di come questo lavoro fosse in grado di arrivare ad un pubblico vastissimo, come tra l’altro era stato concepito sia da me che da Marco (Rizzo ndr). Come scritto nei ringraziamenti, tutte le persone più vicine a Peppino, hanno immediatamente collaborato al progetto, accogliendo con entusiasmo questa nostra proposta, e aiutandoci a rendere più vera possibile l’immagine di questo eroe nostrano. Ci sentiamo di dire che, sicuramente, senza il loro FONDAMENTALE supporto, rappresentare Peppino in modo verosimile, si sarebbe rivelato un progetto più presuntuoso che realistico.

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