Piersanti Mattarella, un democristiano diverso

Piersanti Mattarella, un democristiano diverso

Piersanti Mattarella, un democristiano diverso

martedì 08 Giugno 2010 - 06:08

A trent’anni dall’assassinio, il convegno di studio a Palazzo Zanca porta la firma del Dottorato di “Storia dell’Europa Mediterranea”.

Un interessante convegno sulla figura di Piersanti Mattarella si è svolto ieri a Messina. Sono intervenuti il presidente della commissione parlamentare antimafia Giuseppe Pisanu, il procuratore capo Guido Lo Forte, il giornalista Giovanni Grasso, il biografo Bolignani e il direttore della Gazzetta del Sud Sen.Calarco. Modera il professor Angelo Sindoni.

“Politico democristiano, legato ad Aldo Moro, analoga vittima di una violenza criminale eseguita per mano della mafia. Elevata figura morale e intellettuale, persona dotata di grande religiosità e aperto al dialogo con le idee più diverse e con gli avversari più lontani, convinto dell’utilità dei mutamenti, frutto della collaborazione tra le forze in campo”. Così il senatore Pisanu ricorda il suo intelligente compagno politico Piersanti Mattarella, protagonista dello scenario politico siciliano negli anni ’70 – ’80. Mentre Moro dialogava con Berlinguer, Mattarella a Palermo portava avanti la stessa logica evolutiva indipendentista. Sostenne alleanze col centro-sinistra sino al raggiungimento di un’intesa col partito comunista. Non era un compromesso storico come lo definiva il segretario del PCI ma una solidarietà nazionale per fronteggiare il terrorismo. Coinvolgere l’ala comunista nel governo significava allontanare il partito dall’influenza di Mosca, per una possibile alternanza alla guida del Paese.

Mattarella, meridionalista moderato e lungimirante, sosteneva che la questione meridionale andasse collocata in uno strategico punto di forza sul panorama nazionale. Forte e carismatica guida, non ha mai temuto di denunciare infiltrazioni mafiose nelle istituzioni locali, mostrando preoccupazione su personaggi di spicco come Vito Ciancimino.

Il procuratore capo Lo Forte focalizza l’attenzione sui fatti accaduti nel ’79 – ’80, anni tragicamente segnati dall’esecuzione di politici, carabinieri, poliziotti, giornalisti e magistrati impegnati nel contrasto alla mafia: Piersanti Mattarella, il capitano Emanuele Basile, Boris Giuliano (capo della squadra mobile di Palermo), il giornalista Mario Francese, il procuratore Gaetano Costa. Una sequenza che deve far riflettere. “Questi omicidi si connettono ad un tessuto di rapporti tra Cosa Nostra siciliana e Cosa Nostra americana, tramite uomini come Michele Sindona, ospite di mafia e massoneria. Sono delitti mafiosi che si comportano in modo diverso a causa dei rapporti instaurati. Le stesse modalità sono termine di paragone con ciò che è avvenuto nell’immediato dopoguerra, contro i sindacalisti: la banda di Salvatore Giuliano e la Strage di Portella della Ginestra”.

Per l’Italia era un momento di radicale e critico turbamento. La mafia assume un modus operandi diverso dai suoi cliché tradizionali anche nelle stragi del ’92 – ’93, mentre parallelamente Leoluca Bagarella fonda il partito Sicilia Libera con una determinata idea indipendentista. Sia nel dopoguerra, che negli anni ottanta e nel ’92 – ’93, la mafia concretamente e forse ingenuamente pensa ad un progetto separatista. In presenza di una forte crisi nazionale, Cosa Nostra si fa padrona del mezzogiorno.

La verità giudiziaria – continua il procuratore – si basa sulle responsabilità dei singoli individui, per questo essa può apparire incompleta rispetto allo scenario generale. Durante le indagini sul delitto Mattarella, venne anche considerata una “pista nera”, avendo come imputato principale Giusva Fioravanti, smentita poi dalle dichiarazioni dei pentiti, in un’atmosfera torbida e poco chiara, ricca di contraddizioni.

La storiografia ufficiale – sostiene Bolignani – ha prodotto poco e spesso in modo contraddittorio: chi scrive di lui come un idealista, quasi sprovveduto, appartenente all’aristocrazia borghese; chi come un politico vicino agli affari mafiosi a causa del padre Bernardo e poi pentito. “Se continuiamo a considerarlo così, lo uccideremo per una seconda volta” conclude il biografo di Mattarella.

Eccellente e di grande interesse il documentario del giornalista Giovanni Grasso e il rispettivo intervento. Probabilmente se fosse stata concessa l’opportunità ai presenti di porre domande, promuovendo un dibattito, la serata avrebbe certamente acquisito un messaggio più profondo, oltre che simbolico. I giovani universitari in sala, hanno apparentemente gradito, a fine convegno, l’osservazione del prof. Di Bella: “Non è possibile invitare a combattere la mafia senza dare l’opportunità ai presenti di domandare”.

Antonio Marchese

(foto Sturiale)

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