456 di Mattia Torre alla Sala Laudamo

456 di Mattia Torre alla Sala Laudamo

456 di Mattia Torre alla Sala Laudamo

domenica 10 Aprile 2011 - 11:00

I componenti della famiglia di “456” di Mattia Torre pure regista, sembrano dei nipotini di Ciprì & Maresco. Parlano un dialetto accostabile ad un arcaico calabrese, non emettono rutti o peti, né hanno le trippe in evidenza grasse e pelose. Ristagnano soltanto nel proprio habitat ai limiti della convivenza civile. Sembrano quei parenti “brutti sporchi e cattivi” di Scola, “terribili” come in Cocteau o “serpenti” come in Monicelli che cercano solo di farsi del male, cosa che realmente avverrà nel finale. I tre numeri indicano gli ettari di un terreno impervio dove padre-madre-figlio vivono una vita desolata sempre in conflitto tra loro. Ginebrio (Carlo Ruggeri) è il figlio 19enne, all’apparenza più grande del padre, che vorrebbe andare a Roma in cerca d’un lavoro. Maria Guglielmina (Cristiana Pellegrino) è la madre che vive solo per cucinare e per avere indietro una teglia che non le è stata più ritornata. Ovidio (Massimo De Lorenzo) è il padre proiettato verso l’aldilà, dedito in particolare a far provare a moglie e figlio per giorni i convenevoli d’una ricca cena, a base di capretto, provola e porco essiccato, allestita per un suo amico funzionario (Franco Ravera) con moglie francese. Il primo (uno che dichiara di farsi prete per non pagare le tasse) gli farà acquistare senza iva tre posti al cimitero, la seconda (assente) avrebbe dovuto restituire la famosa teglia. Sulla scena di Francesco Ghisu penzola dall’alto un capicollo annodato nel mezzo d’una tavola imbandita che i tre familiari si lanciano contro nei momenti di maggior attrito e spicca pure in alto un orologio a cucù che il figlio prende a sputi quando emette il caratteristico suono. C’è pure di lato un cucinino dove per tutta la durata dello spettacolo fuma una pentola con il sugo perpetuo della nonna morta quattro anni prima. Quando va via l’ospite succede il finimondo. I tre si potranno ammazzare, dimenticare la loro vita di merda e morire in un paese dove l’unica cosa possibile è una degna sepoltura. Applausi finali e repliche alla Sala Laudamo sino ad oggi pomeriggio.- Gigi Giacobbe

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