Teatro, Ministeri: “Dobbiamo riformulare il nostro mondo”

Teatro, Ministeri: “Dobbiamo riformulare il nostro mondo”

Pierluigi Siclari

Teatro, Ministeri: “Dobbiamo riformulare il nostro mondo”

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venerdì 06 Novembre 2020 - 08:10

Il membro del consiglio di amministrazione del Teatro Vittorio Emanuele ci parla del futuro del mondo del teatro

Il teatro, inteso come luogo fisico, a causa dell’emergenza sanitaria non potrà ospitare spettacoli dal vivo nelle prossime settimane, e purtroppo non è da escludere che tale misura venga prolungata nel tempo. Questo però non significa che si fermino le riflessioni, e soprattutto le programmazioni relative alle politiche teatrali, come ha ben chiaro in mente Giuseppe Ministeri, membro del Consiglio di Amministrazione del Teatro Vittorio Emanuele.

Storicamente, i momenti di grande crisi, di tragedia, insegnano all’uomo a cambiare il proprio modo di vivere dice Ministeri, “E questo naturalmente vale per il periodo che stiamo vivendo. A prescindere da come andranno i prossimi mesi dal punto di vista sanitario, il settore degli spettacoli dal vivo dovrà comunque rivedere la propria identità.

Perché tornare al passato?

“Ho la sensazione che tanti operatori del settore sperino di tornare al periodo immediatamente precedente all’arrivo del Covid-19, come se dimenticassero che anche allora il mondo del teatro aveva numerosi problemi. Capisco che la drammaticità del presente possa far rimpiangere il passato recente, ma già da tempo bisognava iniziare a rivedere tante dinamiche, a cambiare il modo di progettare”.

Vittorio Emanuele, quale ripartenza?

Giuseppe Ministeri analizza l’operato del Teatro Vittorio Emanuele nel post-lockdown, tornando sulle dichiarazioni del Presidente Orazio Miloro. “Il Presidente si è dichiarato molto soddisfatto per il bando Residenze Autonome Teatrali” che ha portato all’omonima rassegna (che lo scorso 24 ottobre ha portato in scena lo spettacolo La Frittata) e per il concerto di inaugurazione della stagione concertistica della Filarmonica Laudamo”.

“Personalmente, non condivido lo stesso entusiasmo. Come ho già avuto modo di dire, il bando di cui sopra non mi convinceva già al momento della sua pubblicazione. A riguardo vorrei citare un dato: un bando simile, pubblicato dal Teatro Biondo di Palermo, ha ricevuto novantatré domande di adesione; il nostro solo sette. Numeri che non rispecchiano affatto la differenza tra le due realtà, perché Messina è una città molto fertile dal punto di vista teatrale”.

Progettare per il web

Non credo che il Teatro Vittorio Emanuele abbia fatto il massimo. Anzi, secondo me non ha fatto abbastanza. Proprio perché ritengo che pubblicare un bando e ospitare un concerto non rappresentino una grande presenza sul territorio in una città come Messina, con pieno spirito collaborativo invito il Presidente a farsi carico di una progettualità artistica che vada oltre. Una progettualità che riguardi produzioni, anche per il web, a cui oggi è doveroso guardare.

“La presenza online del Vittorio Emanuele da febbraio ad oggi è stata troppo blanda. Il D.P.C.M. non vieta le produzioni liriche a porte chiuse. Perché non realizzare delle produzioni, che siano nuove, da mandare in streaming? Ma bisogna farlo il prima possibile, non possiamo restare immobili nell’attesa che il teatro possa riaprire le porte al pubblico, anche perché nessuno può prevedere quando sarà possibile”.

Sulle proteste

Sono molto vicino a chi ha protestato lo scorso fine settimana, a Messina come in tutta Italia. Del resto sono anche io un operatore del settore cultura e spettacolo, e conosco perfettamente la difficoltà di artisti, tecnici, e di tutti gli operatori. Ciò detto, personalmente, non ho mai pensato che i teatri siano stati chiusi per una sorta di complotto, né tantomeno, ovviamente, per dispetto”.

“Vero che il teatro è un luogo molto più sicuro di altri, e del resto uno studio dell’Agis ha sottolineato come da giugno ad oggi ci sia stato solo un contagiato riconducibile agli spettacoli teatrali, ma il problema è tutto ciò che avviene prima e dopo lo spettacolo, in termini soprattutto di trasporto.

“Sappiamo tutti, o quantomeno dovremmo sapere tutti, che stiamo vivendo un’emergenza globale, e in tutta onestà non possiamo dire che la nuova chiusura dei teatri sia qualcosa che arriva in maniera totalmente inaspettata. Perciò dico, protestare va bene per la visibilità e la sensibilizzazione, però ciò che è davvero in nostro potere è riprogettare il nostro mondo e il modo di svolgere il nostro lavoro”.

Sui finanziamenti

Giuseppe Ministeri ci tiene a effettuare un’altra distinzione: “Quando si rivendica qualcosa, bisogna sempre avere chiaro cosa si sta chiedendo. Un conto è se si parla di merito, un altro se si parla di aiuto. Il primo, andrebbe riconosciuto dall’esterno, non sottolineato in prima persona; il secondo, più che legittimo, va richiesto agli enti preposti”.

“Enti che sono i teatri, ma lo Stato e le Regioni. A proposito di questo, un’ottima notizia è che l’assessore regionale al turismo, Manlio Messina, è riuscito a raddoppiare il fondo unico regionale per lo spettacolo. Andrebbero però migliorati i parametri per ottenere i ricoveri, perché non si possono mettere sullo stesso piano i soggetti che hanno investito anche in questo momento difficoltà, e quelli che non lo hanno fatto”.

Seconda cosa che si sarebbe dovuta fare, e per la quale si sarebbe dovuto davvero protestare, è un’indicazione su come spendere i soldi ricevuti. E cioè non tenerli fermi sul conto corrente, ma assumere teatranti, e produrre per il web. È un punto su cui ritorno perché lo trovo fondamentale, come trovo fondamentale ammettere che l’obiettivo non può essere quello di tornare alla situazione dei mesi immediatamente precedenti all’emergenza sanitaria” conclude Ministeri. “Il teatro aveva già un profondo bisogno di modifiche allora, e ancora di più adesso”.

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