Blitz Bani Bani, definitive le condanne per gli sfruttatori delle donne migranti

Blitz Bani Bani, definitive le condanne per gli sfruttatori delle donne migranti

Alessandra Serio

Blitz Bani Bani, definitive le condanne per gli sfruttatori delle donne migranti

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martedì 17 Maggio 2016 - 22:06

La Corte di Cassazione ha confermato le condanne emesse in secondo grado la scorsa estate per la rete di stranieri e italiani che portava in Italia le donne poi avviate alla prostituzione e schiavizzate. Soltanto per uno degli imputati è stata annullata, con rinvio, la condanna.

Diventano definitive le condanne decise alla fine del processo Bani Bani agli sfruttatori della prostituzione di donne dell’est da parte di connazionali e italiani che si muovevano tra Messina e Milazzo.

La Suprema Corte ha confermato la sentenza emessa dalla Corte d'Assise d’appello di Messina lo scorso luglio che ha condannato quasi tutti gli imputati, decidendo qualche lieve sconto di pena per qualcuno. La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio soltanto una condanna, quella emessa per Mariano Claudio Tufan, soltanto per l'accusa di sfruttamento della prostituzione minorile. Per Tufan, difeso dall'avvocato Antonio Amata, il processo d'appello è ora da rifare.

Nel luglio scorso la corte d'Appello aveva condannato a 10 anni Ion Alexandru, 8 anni per Mihai Haralambie, 9 anni per Mihai Ilije, 2 anni e 5 mesi per Mirela Luca Adina, 6 anni per Costantin Oprea, Gina Markosan e Petrica Bacar, 14 anni per Sebastian Costel Marcosan e Catalin Dadiloveanu, 11 anni per Ghoerge Ionut Ghita, 16 anni per Dorel Petrache, 17 anni per Gheorghe Gabriel Pirvu, 2 anni per Pasquale Rela, 5 anni per Bianca Elena Costanti, 12 anni per Florin Atos Costantin, 4 anni e 8 mesi per Ioana Costantin, 2 anni e 8 mesi per Teodor Florin Dragomin. infine 7 anni per Francesco Panarello. Erano state confermate le condanne per Gigi Motoc, Tufan, Tudor Baran, Ionel Calin e Daniele D'Agata. In due erano state assolte.

Confermati i risarcimenti alle parti civili: due delle donne sfruttate che hanno denunciato, le associazioni Penelope di Giardini Naxos e Coordinamento Solidarietà Sociale, ossia le due sigle che gestiscono le case famiglia dove le ragazze hanno trovato rifugio, e dove gli operatori le hanno convinte e aiutate ad uscire dalla schiavitù, proteggendole.

Hanno difeso anche gli avvocati Fabio Mirenzio, Piero Luccisano, Pietro Fusca, Carlo Autru, Giovanni Villari e Nino Cacia.

Con una brillante e complessa indagine che ha varcato i confini nazionali, la Squadra Mobile nel 2011 ha ricostruito le rotte attraverso le quali molte donne dell'est venivano fatte entrare in Italia, regolarmente o clandestinamente, poi avviate alla prostituzione e sfruttate. Molte di loro erano partite pensando di trovare un lavoro normale, tutte sono state minacciate e picchiate quando si sono rifiutate di scendere in strada.

La banda di sfruttatori era in gran parte romena ma goveda di complici e aiuti a Messina. Fondamentale la collaborazione di alcune delle vittime che hanno deciso di fuggire ai soprusi, testimoniando contro gli sfruttatori.

(Alessandra Serio)

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