L’opinione - Ecco perché l' “Incubatore d’imprese” dell’Università di Messina non deve ospitare Eurolink

L’opinione – Ecco perché l’ “Incubatore d’imprese” dell’Università di Messina non deve ospitare Eurolink

L’opinione – Ecco perché l’ “Incubatore d’imprese” dell’Università di Messina non deve ospitare Eurolink

martedì 22 Giugno 2010 - 22:10

Il professore ordinario di Economia Applicata e responsabile sezione “Economia” del Centro Studi per l’Area dello Stretto -Fortunata Pellizzeri-, Guido Signorino, spiega le ragioni del “no” ad una ipotesi che considera «bizzarra e non percorribile»

Apprendo che nel non ancora ultimato “Incubatore d’imprese” – che dovrà sorgere in collaborazione con “Sviluppo Italia” nel Polo Scientifico dell’Università di Messina, a Papardo – verrebbero insediati i locali del centro direzionale del Consorzio Eurolink, general contractor per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina.

Si tratta di una ipotesi a mio avviso bizzarra e non percorribile. Avendo io stesso a suo tempo curato l’accordo di partenariato tra l’Università di Messina e Sviluppo Italia (accordo rispetto al quale in effetti ignoro se siano o meno intervenute modifiche negli anni più recenti) ed essendo a conoscenza di esperienze simili avviate in altri Atenei italiani e stranieri, so che tali strutture sono dedicate alla nascita di imprese “nuove”, frutto di “spin off” da ricerca.

Gli “incubatori” originano dalla considerazione che, soprattutto nel caso di attività create da giovani ed in settori ad elevato contenuto di innovazione, le imprese nascenti incontrano vincoli importanti nei costi di avviamento e nel reperimento di finanza di impresa. L’incubatore dovrebbe garantire, in particolare ai giovani, un abbattimento di tali costi, con l’offerta di spazi adeguati a costi contenuti e di servizi di supporto, di assistenza consulenziale e di reperimento di finanza dedicata ed agevolata. Nel caso dell’incubatore dell’Università di Messina, esso nasce anche con lo scopo specifico di promuovere, sostenere e favorire lo spin-off da ricerca universitaria e la nascita di imprese ad opera dei laureati dell’Università di Messina.

Il richiamo all’immagine dell’incubatore non è casuale. Come nel caso di bambini che si affacciano prematuramente alla vita, è infatti spesso necessario per imprese innovative e promosse da imprenditorialità giovanile, un periodo di particolare supporto (logistico, finanziario, di sviluppo). La permanenza nell’incubatore ha però una durata limitata, trascorsa la quale l’impresa esce dalla struttura per affrontare il mercato con le forze nel frattempo maturate, rendendo disponibile a nuove attività lo spazio occupato. La permanenza nell’incubatore era definito nell’accordo di concessione in 36 mesi, eccezionalmente prorogabili fino a 60.

La ragione di tali vincoli è evidente e consiste: a) nel garantire che la permanenza nell’incubatore non costituisca “doping” dell’attività di impresa, riducendo in maniera artificiale ed eccessivamente prolungata i costi di gestione dell’impresa e determinando per questa via “aiuti di Stato”; b) nel non “ingessare” l’incubatore a vantaggio di alcune attività, bloccando l’ingresso di imprese nuove: l’incubatore dovrebbe, cioè, generare non un nuovo stock di imprese, ma un flusso continuo di imprese nuove e innovative.

Rispetto a questo quadro, il consorzio Eurolink non presenta alcuna caratteristica idonea.

Non si tratta di una impresa “nuova”, risultando dalla costituzione (avvenuta già da tempo) in consorzio dell’associazione di imprese vincitrice della gara per il general contractor per la progettazione definitiva, costruzione e gestione del ponte sullo Stretto di Messina, svoltasi tra il 2005 ed il 2006 e conclusasi con la stipula di un contratto tra la “Stretto di Messina SpA” e la stessa associazione di imprese nell’aprile 2006.

Sicuramente il progetto del ponte non è frutto di “progetti di ricerca” dell’Università di Messina, né il consorzio è costituito da imprenditori giovani e non sufficientemente attrezzati per affrontare i costi normali della permanenza sul mercato. La concessione di locali ad Eurolink sembra dunque tradire lo spirito degli incubatori di impresa.

In relazione alla durata della locazione, Eurolink dovrebbe installarsi nell’incubatore prima dell’inizio dei lavori, che avranno una durata minima di sei anni. Occorre dunque pensare ad una permanenza per lo meno pari ad 80 mesi, mentre le locazioni dovrebbero avere durata tipica di 36 mesi, prorogabili solamente in casi “eccezionali” fino a (e non oltre i) 60 mesi.

Per ciò che riguarda il costo della locazione (ovviamente a me non noto), occorre ricordare che la logica dell’incubatore non è quella della valorizzazione reddituale degli immobili. Sviluppo Italia (incaricata della gestione della struttura, secondo l’accordo a suo tempo sottoscritto) è una SpA pubblica nata per promuovere le imprese, non per incrementare la sua rendita con l’affitto di locali ottenuti in concessione. Il canone da imporre alle imprese insediate dovrà essere ovviamente proporzionato alla superficie utilizzata ed avere qualche riferimento ai valori del mercato immobiliare locale, ma il suo valore non dovrà riflettere i costi di mercato. Altrimenti verrebbe meno la stessa ratio dell’incubatore. Tuttavia, cosa mai potrebbe giustificare la concessione a valori inferiori a quelli di mercato di parti del costruendo incubatore ad un consorzio di aziende “primarie” come è Eurolink?

Vale la pena ricordare che, se la Micorosoft e la Oracle nascono nelle cantine e negli incubatori della Silicon Valley, gli incubatori della Silicon Valley non nascono per dare ospitalità a IBM. Le nuove imprese, nate negli incubatori, possono diventare grandi e multinazionali, ma le imprese grandi e multinazionali non “invadono” gli incubatori d’impresa e da questi non vengono accolti.

Infine, lo stabile di cui si tratta è in via di ristrutturazione con un finanziamento pubblico concesso per lo specifico scopo di realizzarvi un “incubatore di imprese”; la sua utilizzazione a beneficio del consorzio Eurolink costituirebbe, a mio avviso, una distorsione di tali finalità, di cui si gioverebbe un gruppo di imprese già esistenti e attive sul mercato internazionale. Ciò rischia di tradire sia lo spirito che la lettera di una operazione attesa ormai da oltre 6 anni”.

Guido Signorino

Correlato l’articolo che preannunciava l’accordo tra l’Università ed Eurolink

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