Problemi di bilancio all'Università di Messina:“rottamazione” dei ricercatori

Problemi di bilancio all’Università di Messina:“rottamazione” dei ricercatori

Problemi di bilancio all’Università di Messina:“rottamazione” dei ricercatori

domenica 28 Febbraio 2010 - 15:16

Il punto di vista di Enza Lojacono, ricercatrice della facoltà di Economia dell'Università di Messina

I vertici dell’Ateneo messinese (Senato accademico e CDA), spinti dalla necessità di mandare il bilancio in pareggio, nella assoluta incapacità di trovare soluzioni alternative, come è noto, hanno “licenziato” una cinquantina di ricercatori (l’espressione usata è stata “risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro”), con la benedizione del Rettore Tomasello.

Ciò ha provocato una serie di reazioni da parte dei sindacati e degli interessati: nel provvedimento, infatti spicca il principio della assurda esclusione dalla qualifica di “professori universitari” dei ricercatori che indubbiamente svolgono da sempre una “funzione docente” (la legge esclude espressamente dal collocamento coatto in pensione magistrati e professori universitari) vedendosi equiparati, di fatto, al personale amministrativo.

Al fine di ribadire la figura docende dei ricercatori la legge prevede la nomina ope legis dei ricercatori a “professori aggregati”, e alcune facoltà hanno ratificato la suddetta nomina attraverso espicita delibera dei Consigli di facoltà. Il ricercatore, secondo la legge è tenuto ad un obbligo di impegno didattico di 350 ore l’anno, mentre non esiste a suo carico alcun obbligo di produzione scientifica, se non al fine di progressione in carriera, ciò avvalora la tesi della funzione prevalentemente didattica dei ricercatori, ulteriormente confermata dalla disposizione che “aggancia proporzionalmente” il relativo trattamento economico a quello dei professori ordinari ed associati.

Si noti che il provvedimento di pensionamento anticipato richiede il raggiungimento di 40 anni di servizio “contributivo”, pertanto l’aver riscattato gli anni di laurea ai fini pensionistici si rivela, nella situazione specifica, come una sorta di “punizione” a carico degli interessati che hanno sostenuto l’onere del riscatto, col risultato di un collocamento a riposo con quattro anni di anticipo rispetto al servizio effettivo.

Il provvedimento è stato posto in essere al fine di mascherare le inefficienze gestionali di questi anni, a prescindere dai tagli economici che hanno colpito il mondo universitario. Tagli che secondo il recentissimo “decreto milleproroghe” (grazie ad un emendamento del PD) dovrebbero essere prorogati al 31 dicembre 2010, di conseguenza anche il provvedimento di cui si discute potrebbe essere rivisto e (almeno) prorogato di un anno. Da notare, tra l’altro, che all’Università di Siena e di Pisa si è proceduto ad uno “svecchiamento” della classe docente, ma con modalità rispettose della dignità dei singoli professori nel loro insieme. Si è qui operato nel senso di incentivare il pensionamento volontario di tutti i docenti (ordinari, associati e ricercatori) con attribuzione di un contratto di insegnamento retribuito, anche se in misura ridotta. Ciò al fine di evitare, tra l’altro, notevoli effetti negativi per gli studenti (interruzione didattica per molte materie e riassetto di molti corsi di laurea), a fronte della rottamazione, infatti non è previsto alcun turn-over dei ricercatori a tempo indeterminato. Anzi, da parte di qualcuno, si è voluto far credere che il turn-over generazionale sia garantito dal prepensionamento forzato che, viceversa, dovrebbe essere fisiologico se solo il ritmo dei concorsi fosse sincronizzato al ritmo dei naturali pensionamenti, non solo dei ricercatori, ma anche degli Ordinari e degli Associati.

D’altra parte la questione del turn-over degli Atenei italiani ha meritato interi documenti del Cvnsu (comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario) ed è dovuta a motivazioni puramente anagrafiche, tanto che alcune organizzazioni della docenza avevano per tempo segnalato il problema, avanzando anche proposte concrete che si basassero su esodi anticipati, ma su base volontaria.

Il Rettore dell’università di Messina (col decisivo supporto del direttore amministrativo) ha deciso, senza una riflessione comune, senza tenere in alcun conto i profili umani che avrebbero dovuto sopraintendere ad una decisione tanto drastica, presa in modo frettoloso e in pieno periodo di feste natalizie.

Conseguenza di questo “pasticcio” sarà una serie di ricorsi che, se accolti, graveranno l’Università, oltre che del mancato risparmio, anche del risarcimento dei danni patrimoniali conseguenti. Anzi (probabilmente al fine di ridurre al minimo tali ricorsi) il Rettore, prima dello scadere dei 60 giorni entro i quali è possibile effettuare il ricorso, ha “affettuosamente” provveduto all’invio di una seconda lettera raccomandata in cui invita i “licenziati” ad affrettarsi alla presentazione della documentazione relativa alla situazione pensionistica al fine di evitare “interruzioni retributive tra pagamento di stipendio e di pensione”.

Intanto, le varie facoltà stanno procedendo alla richiesta di una serie di motivate deroghe per singoli ricercatori, di conseguenza, alla fine si conteranno sulle dita di una mano i poveri sciocchi che a causa di questa “bravata” saranno costretti ad andare a casa.

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