L’Università, ‘aggrappandosi ’ alla riforma Brunetta, è pronta a mandare a casa oltre 50 ricercatori proprio perché non li equipara ai professori
“ Non sono qui per esprimere la mia solidarietà ma per aderire alla protesta dei ricercatori”.
Il rettore Francesco Tomasello, fresco di proroga, balza all’improvviso nell’aula Cannizzaro del Rettorato, dove era in corso l’assemblea dei sindacati – che in tutta Italia stanno protestando contro la Riforma Gelmini – e si appropria del ruolo di ‘avvocato difensore ’ dei ricercatori.
“Mi batto per il mondo della ricerca da tempi non sospetti. Quella dei ricercatori non è e non deve essere considerata una battaglia corporativistica né di categoria.
Considero i ricercatori veri e propri docenti da molto prima che iniziasse la battaglia contro il disegno di legge presentato dal Governo”.
Parole forti, urlate a gran voce dal Magnifico, che non vuole lasciare dubbi circa la sua posizione sui ricercatori, vera colonna portante del sistema universitario italiano. Parole, sulla cui sincerità nessuno può sindacare, ma che – impossibile non sottolinearlo – quantomeno stonano con i tagli disposti dall’Ateneo negli ultimi mesi proprio nei confronti di una cinquantina di studiosi attualmente in servizio.
Aggrappandosi alla Riforma Brunetta della Pubblica amministrazione, lo scorso mese di dicembre, Senato accademico e Consiglio di amministrazione, hanno infatti deciso di troncare il rapporto di lavoro con i ricercatori che hanno raggiunto 40 anni di contributi.
In base alle disposizioni normative contenute nella Riforma sulla Pubblica amministrazione, promossa dal Ministro Renato Brunetta , – per gli anni 2009, 2010 e 2011 le P.A. possono, a decorrere dal compimento dell’anzianità massima contributiva di quaranta anni del personale dipendente, risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro e il contratto individuale, anche del personale dirigenziale, con un preavviso di 6 mesi, facendo salva la disciplina vigente in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici -.
I vertici dell’Ateneo messinese hanno accolto e recepito quanto disposto dalla riforma , recapitando ad oltre 50 ricercatori una lettera di ‘pensionamento anticipato’. Ma il vero paradosso, e sta qui il nocciolo della protesta avviata immediatamente dai ricercatori, è che la riforma esclude oltre ai –magistrati e a dirigenti medici responsabili di struttura complessa” anche i docenti. Qualifica che, evidentemente, l’Università di Messina non riconosce ai propri ricercatori.
Almeno sino a stamattina e alle dichiarazioni pubbliche da parte del numero uno dell’Università di Messina . Nel suo intervento, Tomasello ha annunciato di aver anche inviato una lettera alla deputazione nazionale messinese, chiedendo di “ valutare le istanze dei ricercatori, sostenendo le necessarie modifiche al ddl” .
