I ricercatori messinesi annunciano lo ‘sciopero bianco della didattica’ contro la riforma dell’Università: il preside di Scienze scrive alla Gelmini

I ricercatori messinesi annunciano lo ‘sciopero bianco della didattica’ contro la riforma dell’Università: il preside di Scienze scrive alla Gelmini

I ricercatori messinesi annunciano lo ‘sciopero bianco della didattica’ contro la riforma dell’Università: il preside di Scienze scrive alla Gelmini

lunedì 14 Giugno 2010 - 05:08

La mobilitazione degli studiosi rischia di paralizzare l’attività didattica del prossimo anno accademico. Gattuso invita, quindi, il ministro ad emendare la legge andando incontro alle richieste degli studiosi

La guerra è ufficialmente aperta. I ricercatori messinesi, così come i loro colleghi del resto della penisola, hanno deciso di mobilitarsi contro la Riforma Gelmini, attualmente al vaglio del Senato, rifiutandosi di assumere incarichi di docenza.

A Messina, i primi a salire sulle barricate sono i ricercatori della Facoltà di Scienze e Matematiche Fisiche Naturali, i quali nella riunione del Consiglio di Facoltà dello scorso 10 giugno, con all’odg l’ “affidamento dei carichi didattici per l’anno accademico 201/11”, hanno annunciato lo stato di agitazione e la non partecipazione alle lezioni per l’anno che verrà.

Particolarmente preoccupato per le ripercussioni che potrà avere lo ‘sciopero bianco’ sull’intera attività didattica è il preside della Facoltà di Scienze, Mario Gattuso, che ha, quindi, deciso di scrivere direttamente al Ministro dell’Istruzione e dell’Università Mariastella Gelmini, spiegando le ragioni della protesta avviata dai ricercatori della sua e di altre Facoltà dell’Università di Messina e chiedendo ‘comprensione’ per le loro richieste.

Di fatto– si legge testualmente nel documento indirizzato anche ai senatori Giuseppe Valditara e Mariapia Garavaglia ed ai vertici dell’Ateneo peloritano – tutti i ricercatori (circa un terzo del corpo docente della Facoltà), che tradizionalmente svolgono attività didattica al pari dei Professori, hanno dichiarato che non assumeranno carichi didattici frontali se non saranno recepite alcune loro, condivise, istanze. Questa posizione, peraltro sostenuta dal Consiglio (molti professori hanno dichiarato che non assumeranno carichi didattici addizionali a copertura dalle vacanze lasciate dai ricercatori), pone seri problemi alla Facoltà per il mantenimento dell’offerta formativa

programmata”.

Gattuso, inoltre, informa il ministro Gelmini che “posizioni analoghe sono anche emerse in altre Facoltà di questa e di altre Università, ed altre ancora probabilmente ne emergeranno”.

La situazione – continua il preside- rischia di diventare ancora più drammatica se, in relazione allo specifico rapporto Professori/Ricercatori, dovesse accadere che, in alcune Facoltà, alcuni corsi di laurea potranno sostenersi anche senza il concorso dei Ricercatori ed altri no; o ancora peggio, per una radicalizzazione delle posizioni, alcune Università potranno avviare i corsi

per il prossimo anno accademico ed altre no”.

Gattuso non nasconde di essere particolarmente allarmato e parla espressamente di “situazione potenzialmente esplosiva che non è più nella facoltà di un singolo Preside o di un Rettore riuscire a gestire. “E’ la politica – dice – che deve dare tempestive ed adeguate risposte, approvando già da ora nel corso della discussione al Senato, se lo ritiene, emendamenti agli articoli della legge che possano andare incontro alle richieste dei ricercatori”.

I ricercatori italiani attendono da trent’anni una soluzione al problema del loro stato giuridico ed il riconoscimento del loro contributo alla didattica, sino ad oggi prestato in maniera volontaria e gratuita. Il Ddl governativo sull’Università, invece, non solo sostituisce i ricercatori a tempo indeterminato con una figura di ricercatore a tempo determinato, e dunque precario, ma destina a questi ultimi i posti da professore che si libereranno in futuro. Mentre attualmente, infatti, per poter ottenere il titolo di professori associati, i ricercatori devono -conseguire un’abilitazione nazionale e vincere un concorso a valutazione comparativa-, in base a quanto previsto dalla Riforma, i nuovi ricercatori dovranno conseguire l’abilitazione e poi potranno essere chiamati direttamente dagli atenei.

Ma oltre al riconoscimento del loro status giuridico, tra le motivazioni della protesta riveste un ruolo importante anche l’aspetto economico, con tagli previsti dalla riforma che i ricercatori ritengono inaccettabili. La manovra correttiva stabilisce, infatti, che le progressioni stipendiali dei ricercatori, compresi quelli assunti da poco e ancora in “periodo di conferma” (periodo di prova che dura tre anni), vengano congelate per tre anni Il ricercatore neo-assunto si vedrà decurtata la retribuzione di quasi 1600 euro annui, i ricercatori in servizio da nove anni avranno un taglio pari a 4.745 euro annui.

Il braccio di ferro tra Ministro e ricercatori è appena iniziato ed è probabile che nuove adesioni alla mobilitazione saranno ufficializzate dagli studiosi messinesi nei prossimi giorni.

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