Tagli ai ricercatori, lunga lettera “chiarificatrice” di Tomasello: «Abbiamo agito nell’interesse pubblico»

Tagli ai ricercatori, lunga lettera “chiarificatrice” di Tomasello: «Abbiamo agito nell’interesse pubblico»

Tagli ai ricercatori, lunga lettera “chiarificatrice” di Tomasello: «Abbiamo agito nell’interesse pubblico»

giovedì 28 Gennaio 2010 - 15:08

Il Rettore difende il provvedimento adottato da Senato accademico e Consiglio d’amministrazione. L’obiettivo, dice, è garantire “un turn-over generazionale improntato al primato del merito nella ricerca Scientifica”

Dopo le polemiche divampate in queste settimane sui tagli ai ricercatori con 40 anni di contributi, interviene il Rettore, Francesco Tomasello . In una lunga lettera indirizzata ai docenti, che vi proponiamo nella versione integrale, spiega la ratio della delibera votata ed approvata lo scorso dicembre dai due organi più importanti dell’Ateneo. Con quest’atto, secondo Tomasello, si vuole tutelare l’interesse pubblico contro l’interesse dei singoli.

Ecco il testo della lettera:

“Gli organi di governo dell’Ateneo hanno ripreso, come già programmato, la discussione relativa ai ricercatori interessati dalla Legge 133/09 sulla risoluzione anticipata del rapporto di lavoro, dopo 40 anni di servizio e di contributi.

Il Senato Accademico e il Consiglio di Amministrazione, già nelle sedute rispettivamente del 23 e del 30 dicembre 2009, avevano avanzato l’ipotesi di individuare i criteri obiettivi che consentissero il mantenimento in servizio di quei ricercatori il cui apporto all’Istituzione si fosse rivelato di particolare rilievo, dopo una istruttoria rigorosa da parte delle strutture di riferimento.

Purtroppo, in queste settimane non è stato sottolineato da alcuno che gli organi di governo hanno riconosciuto ai ricercatori, ancorché in pensione e fino all’età di 70 anni, la possibilità di assumere un incarico di insegnamento a pieno titolo. Non è stato, altresì, evidenziato che per contributo rilevante degli stessi ricercatori, ai quali si fa riferimento, si intende una funzione didattica non mutuabile, una produttività scientifica dignitosa e, nel caso del Policlinico universitario, un ruolo sanitario assistenziale difficilmente sostituibile in tempi brevi”.

Non è stato, infine, rilevato che una Università, specie in una epoca di drastiche restrizioni finanziarie, ha il diritto-dovere di programmare il proprio personale in rapporto alle proprie compatibilità di bilancio e alle politiche di reclutamento, che nel rispetto del 90% del finanziamento statale destinato a stipendi, garantisca un turn-over generazionale improntato al primato del merito nella ricerca scientifica. Se un ricercatore, con 40 anni di servizio e contributivi, ha negli ultimi cinque anni una produzione scientifica inesistente, non si capisce perché lo stesso deve continuare ad occupare il posto sottraendolo ad un giovane che si vuole impegnare, avendo alle spalle un dottorato ed un assegno di ricerca con una età media di 35 anni.

Bisogna dire con chiarezza che non vi è alcuna polemica interna all’Ateneo ma che è stata sollevata una questione con deboli ragioni da pochi, i quali in modo maldestro mettono in discussione il senso di responsabilità decisionale che deve caratterizzare un Ateneo moderno proteso a standard di qualità degni di un Paese civile. Si spera solo non si tratti degli stessi soggetti

che in altri tavoli invocano una comunità accademica più competitiva e più meritocratica.

E’ comprensibile che, sul piano umano, le risoluzioni approvate possano provocare sentimenti di rammarico e di solidarietà.

Tuttavia, chi ha responsabilità amministrativa ed istituzionale non può fare prevalere questi sentimenti né può includerli in un atto amministrativo, il preavviso della risoluzione del rapporto di lavoro, come fosse destinato ad un gruppo di docenti non soggetti a criteri di valutazione obiettivi e a condivisione di valori inalienabili per il futuro delle giovani generazioni.

La facoltà offerta dalla Legge alla Amministrazione non può che dipendere, come recita in una recente sentenza il Giudice amministrativo, dalla valutazione dell’interesse pubblico che è sempre prevalente sull’interesse del singolo. L’interesse pubblico è ponderato in base alle esigenze organizzative e funzionali, alla particolare esperienza professionale acquisita dai singoli soggetti ed in funzione dell’efficiente andamento dei servizi. Ed è esattamente questa la questione cardine che è stata posta fin dall’inizio alla base di un eventuale trattenimento in servizio. L’Amministrazione deve enunciare in modo rigoroso per quali motivi il trattenimento in parola si riveli in linea con gli interessi collettivi.

Se c’è qualcuno che ritiene che l’interesse pubblico debba essere asservito agli interessi individuali, umanamente comprensibili ma necessariamente non primari, assuma la responsabilità di questa sua opinione e ne risponda oggi e domani di fronte alla comunità accademica. Per quanto riguarda i ricercatori in questione, dimostrino all’Università di avere i requisiti di produttività peressere mantenuti in servizio.

Sulla strada intrapresa l’Università non può tornare indietro, avendo profuso un grande impegno finalizzato a privilegiare la qualità didattica e la ricerca scientifica. Fortunatamente, i risultati cominciano ad arrivare con la crescente fiducia dei giovani e il riconoscimento prestigioso che valutatori anonimi hanno tributato all’Università di Messina assegnando un alto numero di

Progetti di ricerca di interesse nazionale e un aumento di risorse finanziarie ministeriali-.

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