“Non ho intenzione di stare zitto né di togliere il disturbo”. Lo assicura Gianfranco Fini, durante la riunione con gli ex An
La terza carica dello Stato si presenta a questo appuntamento (blindato ai cronisti) con addosso gli occhi del mondo politico. E non poteva essere altrimenti dopo lo scontro tutto interno al PDL. In sala sono circa 40. Tra gli altri, Briguglio, Baldassarri, Siliquini, Laboccetta, Menia, Barbareschi, Tremaglia, Granata, Napoli, Bocchino, Ronchi, Paglia e Urso. Fini parte così: -Ci sono dei momenti in cui bisogna guardarsi allo specchio-. Richiama Ezra Pound quando dice che -bisogna essere disposti a rischiare per le proprie idee-. E lo vuol fare senza esitazioni: -Questo è il momento. Questa è una fase complicata, non ce la facevo più a porre sempre le stesse questioni a Berlusconi-.
Il Pdl “è un progetto politico riuscito solo in parte”. E il problema “non è di poltrone o di potere”: la questione è che “c’è una scarsa attenzione alla coesione sociale del Paese” e il motivo è da ricondurre “al rapporto con la Lega”.
Così Gianfranco Fini ha parlato oggi a una quarantina di esponenti ex An riuniti nella sala Tatarella di Montecitorio. Il presidente della Camera, dopo lo strappo con Berlusconi avvenuto la scorsa settimana, ha sottolineato soprattutto il tema delle riforme. “Mancano proposte precise”, e “ci sono punti di vista diversi tra me e il premier”.
Giovedì si riunirà la dirigenza del Pdl: e il problema – aggiunge Fini – che si porrà sarà: “il dissenso interno può esistere o siamo il partito del predellino? Sarà il momento della verità, un momento anche delicato. Spero che Berlusconi accetti che esista un dissenso”.
Fini spiega che assicurerà sempre lealtà al governo ma – dice – “ora si apre una fase nuova con un confronto aperto nel partito”. I
Fini è stato lungamente applaudito dai presenti nella sala Tatarella, che hanno poi firmato un documento di sostegno alle posizioni del co-fondatore del Pdl perché le esponga nella direzione di giovedì.
Le ragioni di Fini
– Il Popolo della Libertà difetta di organizzazione: è un partito -liquido-, poco coeso sul territorio. Il -popolo- non manca (come dimostra la manifestazione di Roma), ma i dirigenti sono spesso carenti, di scarsa qualità. Manca il contatto con il territorio, e in molte amministrazioni locali continuano ad esistere, de facto o addirittura ufficialmente, gruppi separati FI/AN.
– Il Popolo della Libertà ha lasciato al Carroccio l’agenda delle riforme, se non la scrittura stessa delle proposte concrete. L’episodio di Calderoli che sale al Quirinale con una cartella ad hoc, mai concordata con gli alleati, è indicativo di una perdita di autonomia e di incisività su un tema fondamentale.
– Il Popolo della Libertà è vistosamente calato alle ultime elezioni regionali, pur in un quadro complessivamente favorevole per l’alleanza PDL-Lega Nord. In qualità di unico partito nazionale omogeneo, deve mantenere l’equilibrio e l’armonia delle riforme: il federalismo bossiano non può trasformarsi in una vendetta del settentrione contro i meridionali.
– Berlusconi è un personaggio per molti versi -eccessivo-. Ci vorrebbe uno stile più ordinato, sobrio, istituzionale se si vuole. Il richiamo di Fini sul punto è giustificato ed accettabile.
Ha ragione Gianfranco Fini quando lamenta l’appiattimento del Popolo della Libertà sulle posizioni leghiste. E’ vero pure che tale atteggiamento, politicamente subordinato, del primo partito italiano non fa che liberare voti in favore dei “padani” al nord. Non sbaglia nemmeno, il Presidente della Camera, quando cerca di contrastare il caricatore di leggi ad personam fatto esplodere a casaccio dalla maggioranza per tenere al riparo Berlusconi dagli attacchi giudiziari. E’ difficile, inoltre, dargli tutti i torti nel momento in cui si spazientisce per i comportamenti del Cavaliere, che qualcuno ha definito “cafonaggine istituzionale”. Infine, Gianfranco ha i suoi buoni motivi per chiedere maggiore dibattito e democrazia interna in un partito governato dall’assolutismo di un uomo solo al comando.
