La scellerata condotta di Sesto Pompeo porta al saccheggio di Messina

La scellerata condotta di Sesto Pompeo porta al saccheggio di Messina

Redazione

La scellerata condotta di Sesto Pompeo porta al saccheggio di Messina

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sabato 12 Aprile 2008 - 08:18

Si è chiusa da pochi giorni la parentesi Siciliana vissuta da Sesto Pompeo, figlio di quel Gneo Pompeo Magno, che insieme a Gaio Giulio Cesare e Marco Licinio Grasso aveva costituito il primo triumvirato. Fatale è stata la sconfitta subita nella battaglia di Nauloco il 3 settembre del 36 a. C., che ha costretto lo stesso a darsi alla fuga dal porto di Messina, dopo aver imbarcato la figlia e i tesori accumulati nel corso della sua permanenza in Sicilia.

Sesto Pompeo non salta di certo solo ora agli onori della cronaca, non possiamo dimenticare infatti come il suo arrivo in Sicilia, l’occupazione di Messina e dell’intera provincia sia stata il preludio all’intensa attività di pirateria che in due occasioni ha suscitato le ire di Roma e di Ottaviano, Marco Antonio e Lepido, unitisi nel 43 a. C. nel secondo triumvirato.

Vi starete domandando che ruolo abbiano avuto nella vicenda questi ultimi. Sono state le loro liste di proscrizione, che prevedono la confisca dei beni e l’esilio, a portare Sesto Pompeo in Sicilia, essendosi schierato in passato contro Giulio Cesare, al quale sia Ottaviano che Marco Antonio erano legati.

Il primo tentativo di porre un freno all’irrequieto Pompeo, si è concretizzato con l’invio da parte di Ottaviano di una flotta affidata a Quinto Salvidieno Rufo Salvo, che al suo arrivo nelle acque dello stretto ha trovato ad attenderlo una flotta ben equipaggiata e della quale lo stesso Pompeo si è servito per le sue scorribande nel Mediterraneo. La battaglia avvenuta presso capo Scilleo non ha avuto gli effetti sperati, si è infatti risolta con la perdita da entrambe le parti di un pari numero di navi e senza che nessuno dei contendenti potesse dirsi vincitore alla fine dello scontro.

L’incontro con alcuni marinai romani, naufragati fortunosamente in seguito all’affondamento delle navi sulle quali si trovavano imbarcati, ci ha permesso di apprendere alcuni dettagli importanti dello scontro navale. I suddetti hanno espresso parole di ammirazione nei confronti delle navi Pompeiane, che più leggere e dotate di marinai esperti delle insidie dello stretto, hanno avuto la meglio quanto a velocità e qualità nautiche. Ci è stato infatti spiegato dai sopravvissuti, dei quali nessuno ha voluto rivelare il proprio nome, che il pericolo maggiore è venuto dal maggior peso e taglia delle navi che compongono la flotta romana. Gli intervistati hanno infine ricordato, con la paura ancora visibilmente impressa nei volti, lo sconcerto provato di fronte alle incredibili correnti e alla marea tipica dello stretto.

Dopo questo primo scontro Pompeo è riuscito a potenziare ulteriormente la flotta a sua disposizione, continuando con la sua opera di pirateria, che ha portato ben presto al blocco dei rifornimenti che dalla Sicilia vengono inviati a Roma. La carestia che ne è seguita ha causato una grave crisi che ha portato nel 39 a. C. ad alcune preoccupanti sommosse.

Il patto di Miseno, accordo stipulato nell’estate dello stesso anno, che concedeva al generale romano l’amministrazione delle tre isole maggiori e che avrebbe dovuto porre fine al fenomeno della pirateria, si è rivelato fallimentare. Infatti Pompeo ha ripreso con le sue incursioni provocando il secondo e decisivo intervento di Ottaviano. Dopo un inizio altalenante che ha visto gli opposti schieramenti impegnati nella striscia di terra fra Tindari, Milazzo, Messina e Taormina, Sesto Pompeo ha conosciuto il gusto amaro della sconfitta a Nauloco, località non lontana da Spadafora. Qui molte delle sue navi sono state affondate e le poche sopravvissute sono state costrette a darsi alla fuga. Lo spettacolo offerto è stato incredibile, il gran numero di navi schierate sul luogo dello scontro, ha impedito in alcuni momenti che fosse possibile scorgere in lontananza la superficie di mare da loro occupata.

Sulla scia di questi eventi la fuga di Pompeo ha avuto delle conseguenze imprevedibili che hanno fatto vivere alla città momenti di vero e proprio terrore. Plinio, luogotenente di Pompeo, occupata Messina e accortosi della fuga del suo capo, si è infatti arreso ad Agrippa, ammiraglio di Ottaviano, e a Lepido, lasciando così la nostra città al saccheggio dell’esercito pompeiano e di quello triumvirale. Per molti giorni, saccheggi, violenze e uccisioni sono state perpetrate senza che fosse possibile porvi un freno. Niente è stato risparmiato dalla furia delle milizie, alle quali a stento siamo riusciti a sottrarci per poter dare testimonianza dell’orrore che si stava consumando. Solo con l’arrivo di Ottaviano e non essendo rimasto più nulla da saccheggiare, coloro che sono riusciti a mettersi in salvo hanno fatto ritorno in città, aiutando i sopravvissuti e iniziando la faticosa quanto indispensabile opera di ricostruzione.

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