Lux et Lumen, la mostra di Katia Lupò al Teatro Vittorio Emanuele

Lux et Lumen, la mostra di Katia Lupò al Teatro Vittorio Emanuele

Sefora Adamovic

Lux et Lumen, la mostra di Katia Lupò al Teatro Vittorio Emanuele

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sabato 27 Febbraio 2016 - 08:05

La mostra, curata da Saverio Pugliatti, sembra inserirsi fra le poliedriche iniziative che hanno animato i festeggiamenti della comunità scientifica internazionale, un omaggio personale, un contributo ulteriore, che prende le mosse dall’incarnazione pittorica della sua passione teoretica per l’ottica, quale insegnante di matematica e fisica

Il 2015, proclamato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in collaborazione con l’Unesco e molti altri soggetti scientifici, è stato l’anno della luce, l’anno della celebrazione di una delle più alte, versatili, imprescindibili forme di energia che da sempre conosciamo e con cui il “sempre” umano ha avuto inizio. “Lux et Lumen” dell’artista messinese Katia Lupò, personale aperta al pubblico nella sala mostre del Teatro Vittorio Emanuele dal 24 febbraio al 6 marzo all’interno del ciclo “R-esistenza d’artista”, curata da Saverio Pugliatti, sembra inserirsi fra le poliedriche iniziative che hanno animato i festeggiamenti della comunità scientifica internazionale, un omaggio personale, un contributo ulteriore, che prende le mosse dall’incarnazione pittorica della sua passione teoretica per l’ottica, quale insegnante di matematica e fisica.

Contestualmente alla formazione scientifica che si compie diventando docente, Katia Lupò sviluppa quella artistica fin da giovanissima, stimolata e coinvolta in diverse mostre collettive da Lucio Barbera e manifestando con le precedenti personali sempre al Teatro Vittorio Emanuele e al Monte di Pietà, nonché fuori Messina, le fasi di un percorso lungo ed eclettico, dove il paradigma stilistico si fa cronologica ed organica narrazione, svelamento, declinato in lievissimi passaggi dal figurativo all’espressionismo astratto. Un percorso che si compone sotto gli occhi dello spettatore in avvincente dialogo fra tele ed immense carte coraggiosamente impregnate di colori ad olio, dove la diversità di linguaggi si presta all’esplicazione dei vari fenomeni ottici che interessano la luce nella vita quotidiana: dispersione, diffrazione, rifrazione, interferenza.

Così la selettività estrema delle cromie, non immemore della lezione di Rothko, riesce a descrivere attraverso possenti stesure di tinta, l’interferenza fra onde elettromagnetiche, mentre tele su base bianca, sperimentando l’evoluzione dell’elemento materico che quasi scompare nel “disco di Newton”, restituiscono lo stupore puerile eppur filosofico, dell’arcobaleno che si fonde nella luce, dimensione corale, funzionale e biunivoca dell’unità. Nella pittura ad olio di Katia Lupò la tecnica trascende finalmente la sua pastosità originale, il suo rigore descrittivo e assume il profilo conosciuto del ritorno, il sapore antico, quasi atavico, degli inizi, dopo aver tanto provato il gergo schietto degli acrilici, la festosa sperimentazione degli smalti e suggerisce visivamente, l’involontaria istintiva meditazione di un Ulisse, una maturata ma mai definitiva conoscenza hegeliana dell’essere. Qui, legàmi ed implosioni cedono il passo all’occhio vigile, all’imprevista osservabile fisica, nuova musa e traguardo, in cui la varietà non sintetizzabile di registri e significati, trova finalmente accordo, interpretando concretamente l’effettiva irriducibile pluralità di voci come emanazioni specifiche di un’unica immutabile suprema entità: la luce. Appare esaltata in tal modo, l’affascinante “contraddittorietà” della luce, il suo dualismo che è stato supremo enigma del ‘900, inesauribile fonte di interrogativi, espressione prossima e quanto più complessa di una natura misteriosa, seppur certamente palese.

Questa luce, irriconoscibile, frastagliata, animata, non è salvifica, ma esercizio di dissacrante, modesta, impassibile libertà; multiforme altare scientista di sé, dell’unica cosa che apparendo, è.

Forse che mi contraddico? Benissimo, allora vuol dire che mi contraddico, (sono vasto, contengo moltitudini.)
Walt Whitman

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