Trio Eukelos, la ricerca dell’equilibrio

Trio Eukelos, la ricerca dell’equilibrio

giovanni francio

Trio Eukelos, la ricerca dell’equilibrio

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mercoledì 03 Maggio 2017 - 07:00

Da Haydn a Schubert, l'evoluzione del trio classico-romantico

I musicisti del Trio Eukelos, Francesco Toro al violino, Elena Sciamarelli al violoncello e Ketty Teriaca al pianoforte, domenica pomeriggio hanno eseguito al Palacultura, per il penultimo appuntamento della stagione concertistica della Filarmonica Laudamo, tre brani, appartenenti al repertorio classico romantico dedicato a questo organico cameristico (violino, violoncello e pianoforte).

Il concerto è iniziato con l’esecuzione del Trio in sol maggiore “Ongarese” Hob XV:25 nei movimenti “Andante”; “Poco Adagio. Cantabile”; “Rondò all’Ongarese”, di Joseph Haydn. Haydn scrisse complessivamente ben quarantacinque trii, e l’importanza degli stessi è capitale nella storia della musica da camera, in quanto il musicista austriaco anche in questo genere, come per quanto riguarda la sinfonia ed il quartetto d’archi, è stato un precursore, un capostipite. Con i trii di Haydn infatti viene superato il modello della sonata da camera barocca, fondato sul basso continuo, e si afferma invece il modello della forma sonata, che costituirà il fondamento di tutta la musica successiva fino al novecento. Tuttavia di questi trii, alcuni dei quali di elevata fattura e che meriterebbero maggior frequentazione nelle sale da concerto, l’unico che mantiene a tutt’oggi grande successo e popolarità è proprio il trio n. 25 in sol maggiore, che curiosamente, a differenza degli altri, non è affatto improntato sulla forma sonata. Infatti il primo movimento – Andante – è sostanzialmente un tema con delle amabili variazioni, il secondo riveste la forma di una malinconica canzone, mentre il terzo è un vivace rondò. A quest’ultimo movimento si deve la popolarità dell’intero trio; il rondò all’Ongarese costituisce infatti un brano dal ritmo zigano irresistibile, molto gradevole, trascinante. Al trio di Haydn ha fatto seguito l’esecuzione del Trio (Sonata) in si bem. magg. D 28 di Franz Schubert. Beethoven e Schubert sono probabilmente i musicisti che hanno detto la parola più alta relativamente a questa forma musicale, tuttavia i trii di questi autori eseguiti nella serata appartengono ad una fase giovanile della loro parabola artistica, e sono ben lontani dalle vette raggiunte con i trii op. 70 n. 1 (detto “Gli spettri” e op. 97 “Arciduca” di Beethoven, e quelli della maturità di Schubert. In particolare il Trio Sonata, in unico movimento, rappresenta una pagina composta da uno Schubert appena quindicenne, poco più che un lavoro di apprendistato, senza pretese, che, a parte qualche piacevole idea melodica, non lascia intravedere gli immensi capolavori che lo avrebbero seguito, il Trio D 898 e soprattutto l’inarrivabile il Trio D 929 in mi bem. maggiore. La seconda parte del concerto è stata dedicata al Trio in si bem. magg. Op. 11 di Ludwig Van Beethoven, detto “Gassenhauer” (canzone da strada) per via dell’ultimo movimento, un “Allegretto: Tema con variazioni” sul tema “Pria ch’io l’impegno” tratto dall’opera “L’amor marinaro ossia il corsaro” di Joseph Weigl, musicista austriaco. Anche se non raggiunge le grandezze degli ultimi trii del grande musicista tedesco, tuttavia in questo caso l’autore fa intravedere più volte l’unghia del leone. Ciò vale per il primo movimento “Allegro con brio”, con un tema dominante tipicamente beethoveniano, e soprattutto per l’intenso “Adagio”, un nobile e riflessivo canto monotematico.

Discreta l’esecuzione del Trio Eukelos; apprezzabile in particolare la prova della pianista Ketty Teriaca, alla quale era affidato il compito principale in tutti e tre i brani, dal momento che solo nei trii più evoluti della maturità di Beethoven e Schubert si raggiunge il pieno equilibrio fra i tre strumenti, mentre i trii giovanili, sul modello di Haydn, vedono il pianoforte in posizione predominante. Insolito il bis concesso, ma apprezzato dal pubblico, un adattamento da un brano rock dei Queen, scritto appositamente per questo organico.

Giovanni Franciò

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