Il fatto del sogno. A lume di candela

Il fatto del sogno. A lume di candela

Domenico Colosi

Il fatto del sogno. A lume di candela

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lunedì 03 Aprile 2017 - 10:29

Domenico Cucinotta firma un progetto laboratoriale oculato e coerente, un inno all’osmosi tra realtà teatrali e territorio

Un pensiero indecente. Tra fantasia e realtà, nella terra di nessuno del sogno, una nitida visione rimuove la patina di perbenismo che avvolge la civile convivenza, la routine sopportata come panacea al dubbio. Una lunga progressione conduce vicini, fratelli e amici ad accusarsi delle più sordide nefandezze: senza scandalo, piuttosto con calcolo. In un mondo che ha smarrito il senso della vergogna, le parole divenute ornamento inutile, un elaborato individualismo avvelena la società: nella farsa il rifugio della tragedia.

Con tutti i pregi e i limiti di un progetto laboratoriale, Il fatto del sogno restituisce intatta la perversa sfiducia nell’umanità che Eduardo De Filippo esplora nel suo Le voci di dentro, cartografia dello squallore, suadente lirica della sconfitta. I meriti in una regia esemplare per occasioni di questo genere, oculata negli strappi, dinamica nelle riflessioni: nello spettacolo andato in scena ai Magazzini del Sale per la stagione del Teatro dei Naviganti, Domenico Cucinotta ricama bozzetti e figure tridimensionali in un lavoro architettonicamente coerente, brillante esempio di brio e artigianalità. In un’epoca che vede gli attori dei laboratori teatrali ridotti a furenti dervisci scatenati per il palco, appare doveroso sottolineare il lavoro sui dialoghi o sul senso stesso dell’opera rappresentata, dall’originale alla sua versione semplificata. Spiccano, in questo contesto, le prove di Orazio Berenato, motore dell’intero meccanismo narrativo, Stefania Pecora e Alessandra Santisi; altrettanto valide le interpretazioni di Donatella Del Mastro e dei giovani Lorenzo Rigano, Claudia Laganà, Fabrizia Salibra e Chiara Trimarchi.

In un rapporto di scambio con il territorio – un lavoro sulle periferie che dovrebbe essere preso a modello da altre realtà culturali – non si presenta come una forzatura la comparsata di Nunzio Croce, pittoresco personaggio di via del Santo, nei panni del dissacrante “sparavierze”. Unitamente all’interessante scelta dei costumi e ad una vena grottesca che pervade questo saggio divenuto spettacolo, un’ode all’osmosi tra finzione e coriacea concretezza.

Domenico Colosi

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