Le sorelle Macaluso. Morti in licenza

Le sorelle Macaluso. Morti in licenza

Domenico Colosi

Le sorelle Macaluso. Morti in licenza

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sabato 17 Dicembre 2016 - 10:30

La luttuosa parabola delle sette sorelle Macaluso nel poetico racconto in chiaroscuro della drammaturga e regista palermitana Emma Dante

Le sette sorelle Macaluso prorompono dall’oscurità, come tutti. Siamo morti in licenza, pellegrini nell’ordinaria contabilità dell’esistenza umana. Tre i fuochi su cui ruotano i ricordi in un rendez-vous che ha i contorni della seduta spiritica: l’annegamento della piccola Antonella, la morte del padre, la tragica parabola di un nipote, campione in erba stroncato da un infarto. Le schermaglie iniziali, tradotte da scudi e spade di plastica, lasciano il posto ai languori di una invincibile malinconia. Il tempo di scoprire l’ultima carta, la morte della primogenita, inconsapevole della propria fine: una danza macabra come commiato, il funerale può essere celebrato.

Non bastano i cliché sul teatro-danza per rivelare le sfumature che percorrono Le sorelle Macaluso della drammaturga e regista palermitana Emma Dante: altrove i perché, forse nelle miserie narrate che si preservano dal divenire squallore, nella poesia che mantiene la forma scabra del verso spezzato. Sufficienti delle mani protese in avanti per dipingere la superficie del mare, una mano sulla testa per mostrare la sopraffazione dei padroni su tutti i precari del lavoro. L’esaltazione del gesto nella sua forma più pura, elementare: la danza di un novello Maradona su un campo di calcio, il dolce contemplare di due amanti separati dal tempo, l’eterna lotta con gli abissi della psiche umana. Esemplare, in questa direzione, il disegno luci di Cristian Zucaro: bagliori e oscurità cangianti, una porta aperta al lume della speranza prima dell’inesorabile lutto. Meccanismi semplici di un testo evocativo, magnificato dalle lucide interpretazioni di Serena Barone, Daniela Macaluso, Elena Borgogni (la piccola Antonella), Italia Carroccio, Marcella Colaianni, Alessandra Fazzino (la ballerina mancata Maria Macaluso) e Leonarda Saffi (la sorella controcorrente) con Stephanie Taillander e Sandro Maria Campagna (i genitori) e Davide Celona (il nuovo pibe de oro).

Una totentanz senza requie, dove la colpa commessa è pur sempre baluginio di vita, afflato avverso alle paludi del disinteresse: i vivi e i morti sul medesimo piano, pronti a rinfacciarsi viltà e incomprensioni fino a rintracciare la comune e gratuita origine del male. Non saranno forse insoliti i riferimenti a certe sceneggiature di Paul Schrader e Nicholas St. John, cultori di una materia imbevuta del nero tormento del rimorso o dell’inevitabile corsa verso il nulla: tutti colpevoli di un narcisismo malato quando la famiglia diviene il seno in cui cadono finzioni e manierismi. Nessuna asprezza, tuttavia, nell’aldilà, eterna vacanza, capolinea di tutte le illusioni perdute.

Domenico Colosi

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