Premio Strega a Bajani, terzo posto per Nadia Terranova

Premio Strega a Bajani, terzo posto per Nadia Terranova

Redazione

Premio Strega a Bajani, terzo posto per Nadia Terranova

venerdì 04 Luglio 2025 - 01:56

La scrittrice messinese, con "Quello che so di te", ha ottenuto 117 voti nella 79esima edizione. A prevalere il romanzo "L'anniversario" con 194 preferenze

Si è concluso al Museo nazionale etrusco di Villa Giulia lo spoglio della seconda e ultima votazione del Premio Strega. Andrea Bajani, con il romanzo “L’anniversario” (Feltrinelli), è stato proclamato vincitore della 79esima edizione. Terzo posto per la scrittrice messinese Nadia Terranova, con il suo “Quello che so di te”, edito da Guanda e immerso ancora una volta nella città dello Stretto.

Il premio è stato consegnato da Andrea D’Angelo, vicepresidente di Strega Alberti Benevento. Nella serata finale a vestire Terranova è stato il messinese Marco De Vincenzo, designer e direttore creativo di Etro.

Il totale dei voti espressi, 646 (pari all’92 % degli aventi diritto), ha portato alla vittoria il romanzo di Andrea Bajani, L’anniversario (Feltrinelli), con 194 voti. Seguono Elisabetta Rasy, Perduto è questo mare (Rizzoli), con 133 voti; Nadia Terranova, Quello che so di te (Guanda), con 117 voti; Paolo Nori, Chiudo la porta e urlo (Mondadori), con 103 voti; Michele Ruol, Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia (TerraRossa), con 99 voti.

Il Premio è stato assegnato da una giuria composta da 400 Amici della domenica, a cui si aggiungono come di consueto 245 votanti dall’estero selezionati da 35 Istituti italiani di cultura nel mondo (che esprimono ciascuno 7 giurati tra studiosi, traduttori e appassionati della nostra lingua e letteratura), 25 voti collettivi provenienti da scuole, università̀ e circoli di lettura delle Biblioteche di Roma, 30 voti di lettori forti scelti nel mondo delle professioni e dell’imprenditoria.

Il ritorno al passato e la memoria del Mandalari

Proposto da uno studioso come Salvatore Silvano Nigro, il romanzo “Quello che so di te” (Guanda editore) racconta una storia di radici familiari che s’intreccia con la città dello Stretto. Un passato da recuperare facendo riemergere la storia di una donna, Venera, internata al “Mandalari”, vecchio manicomio di Messina.

Il rapporto con la città dello Stretto e con le sue radici rappresenta una cifra stilistica nella scrittura di Nadia Terranova.

“Ritorno a Messina”

Ecco la presentazione del romanzo: “C’è una donna in questa storia che, di fronte alla figlia appena nata, ha una sola certezza: da ora non potrà mai più permettersi di impazzire. La follia nella sua famiglia non è solo un pensiero astratto ma ha un nome, e quel nome è Venera. Una bisnonna che ha sempre avuto un posto speciale nei suoi sogni. Ma chi era Venera? Qual è stato l’evento che l’ha portata a varcare la soglia del Mandalari, il manicomio di Messina, in un giorno di marzo? Per scoprirlo, è fondamentale interrogare la mitologia familiare, che però forse mente, forse sbaglia, trasfigura ogni episodio con dettagli inattendibili”.

“Un varco fra le memorie”

E ancora: “Questa non è solo una storia di donne, ma anche di uomini. Di padri che hanno spalle larghe e braccia lunghe, buone per lanciare granate in guerra. Di padri che possono spaventarsi, fuggire, perdersi. Per raccontare le donne e gli uomini di questa famiglia, le loro cadute e il loro ostinato coraggio, non resta altro che accettare la sfida: non basta sognare il passato, bisogna andarselo a prendere. Ritornare a Messina, ritornare fra le mura dove Venera è stata internata e cercare un varco fra le memorie (o le bugie?) tramandate, fra l’invenzione e la realtà, fra i responsi della psichiatria e quelli dei racconti familiari”.

Nigro: “Una continua interrogazione di una mitologia familiare”

Scrive Salvatore Silvano Nigro sul romanzo: “È una continua interrogazione di una mitologia familiare, saggiata, corretta, verificata o contraddetta, dove il detto e il non detto, il silenzio e la parola, il pudore e l’autoinganno, il sogno e la realtà, la solitudine e l’orfanezza, la superstizione e la fatalità, sono passioni dell’enunciazione: in un romanzo che, prima di tutto, guarda al valore letterario, grazie anche all’esattezza di una lingua sapientemente tersa. L’asse della storia è dato dalla ricostruzione di un caso di follia in famiglia, che diventa un viaggio nel tempo e nei corpi di una bisnonna e della narratrice: due diverse esperienze della maternità, tra dolori, incanti e alchimie fisiologiche; sull’esser donne e sull’esser padri, con sgomento e paure”.

In evidenza la cinquina finalista, foto dalla pagina Fb del premio Strega.

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