Per l'USB l'obiettivo dichiarato è chiaro: dare voce a chi, finora, è rimasto ai margini delle logiche di potere interne
REGGIO CALABRIA – Si chiude un anno di trasformazioni profonde e battaglie frontali all’interno del Consiglio regionale della Calabria. Il bilancio tracciato dall’USB (Unione Sindacale di Base) non è solo il resoconto di dodici mesi di attività, ma la dichiarazione di una rottura definitiva con il passato. Per la prima volta nella storia dell’Ente, il sindacalismo di base è entrato ufficialmente nella RSU (Rappresentanza Sindacale Unitaria), scardinando equilibri consolidati in un ambiente storicamente influenzato dalle dinamiche politiche.
L’elezione dei rappresentanti USB segna un prima e un dopo. In un contesto istituzionale dove la Presidenza è espressione di forze politiche distanti dalle istanze di base, il sindacato è riuscito a portare il tema della giustizia sociale direttamente sui tavoli delle trattative. L’obiettivo dichiarato è chiaro: dare voce a chi, finora, è rimasto ai margini delle logiche di potere interne.
L’azione dell’USB si è scagliata contro quelli che definisce “pilastri della disparità”: Fondo Welfare Integrativo: Il sindacato ha presentato una proposta formale per dire addio alla “distribuzione a pioggia”. L’idea è quella di calmierare i premi per chi già percepisce indennità elevate (come Posizioni Organizzative e personale delle Strutture Speciali) per ridistribuire le risorse a favore dei dipendenti con i redditi più bassi. Progressioni Economiche (PEO): È scoppiato il caso delle promozioni “politiche”. Secondo le denunce dell’USB, oltre il 60% delle progressioni è stato assegnato a personale in servizio presso le strutture politiche. Il sindacato chiede criteri oggettivi che premino chi garantisce la continuità amministrativa negli uffici ordinari, senza godere delle valutazioni “privilegiate” della sfera politica.
Nonostante la solidità delle proposte, l’Amministrazione ha finora scelto la linea della conservazione, mantenendo uno status quo che, per l’USB, alimenta solo discrezionalità e ingiustizia. La battaglia calabrese si salda con quella nazionale. Durante l’ultimo coordinamento degli Enti Locali (15-16 novembre), l’USB ha lanciato una sfida ambiziosa: l’abolizione della Legge 150/2009 (Riforma Brunetta).
“Questa norma ha fallito”, spiegano dal sindacato. “Nata con l’alibi della meritocrazia, si è trasformata in uno strumento di controllo politico e frammentazione tra i lavoratori. È un paradosso: si impongono blocchi e valutazioni rigide alla base mentre si aumentano gli stipendi ai vertici”.
L’impegno dell’USB per l’anno che verrà è quello di eliminare la distinzione tra dipendenti di “Serie A” e di “Serie B”. La parola d’ordine resta armonizzazione: trasparenza amministrativa e dignità economica devono essere slegate dai condizionamenti elettorali e dalle appartenenze politiche. La sfida al “Palazzo” è solo all’inizio.
