Non ha lasciato lo Stretto e vuole sfruttarne le opportunità. Andrea ha 27 anni che "non si deve lasciare l'occasione di cogliere le opportunità del territorio"
MESSINA – Tra i giovani che restano e investono tempo e soldi in una loro idea o in un progetto che possa colmare un vuoto o cogliere un’opportunità, abbiamo incontrato Andrea Celi. Lui, 27 anni, già dal 2017 ha in testa di strutturare uno spazio di collaborazione per società e aziende, ma anche un luogo in cui “fare rete” tra giovani, sotto il concetto, molto semplice e sviluppato fuori dallo Stretto, di coworking.
Quasi una “scoperta” a Messina, mentre altrove, da Milano al resto d’Italia, è qualcosa di già molto praticato, sulla spinta della sua nascita in terra americana, nel 2005 a San Francisco. Gli spazi di coworking sono dei veri e propri uffici condivisi, sebbene Andrea con la sua Luxury Work ha in testa qualcosa di più e il suo obiettivo non è soltanto dare un luogo alle aziende, ma anche di fare rete, coinvolgendo quanti più giovani possibile.
Andrea, come e perché nasce questo progetto?
La mia idea nasce durante gli anni universitari, periodo in cui ho avuto esperienze da rappresentante studentesco. Ricoprendo un ruolo regionale ho avuto il modo di rapportarmi con ragazzi di Catania e Palermo e conoscendo le loro realtà, viaggiando anche grazie a quella carica, ho avuto modo di conoscere le prime strutture di coworking. Lì erano prassi, venivano usate da molte persone e in particolare da under 30 o under 40.
Sono rimasto colpito dalla possibilità della condivisione, degli spazi: era qualcosa di innovativo, non statico. Ho iniziato a studiare e leggere di esperienze italiane e capendone il potenziale ne sono rimasto colpito. Ne ho fatto un vero cruccio, è rimasto nella mia testa dal 2017 e da allora non è andato mai via. Dopo anni ci sono riuscito: ho realizzato il mio piccolo desiderio.
Come spiegheresti il coworking? E cosa avevi in mente all’inizio?
Il coworking è una modalità di lavoro che permette la condivisione dello stesso ambiente a persone che possono anche non svolgere la stessa attività. Si può collaborare all’interno dello stesso spazio e, perché no, fare rete tra i vari settori. Nel mercato di oggi non esiste un lavoratore che possa chiudersi nella propria sfera e non abbracciare le realtà che gli stanno attorno. Volevo dare un sistema innovativo a una città che non ne aveva, o che comunque non aveva mai approfondito una cosa simile. E poi volevo dare una possibilità anche alle aziende, alle società, provenienti da fuori. Così possono investire grazie a una struttura che possa agevolare il passaggio. Questa la reputo una vittoria non da poco e qui ne sono venute due a poco più di un mese dall’effettiva apertura.
Un progetto che passa anche dalla rete con i giovani e con il territorio
Sì, perché non parliamo solo di uffici condivisi, ma anche di consulenze e di web agency. Collaboriamo con i ragazzi del territorio che realizzano siti o lavorano nell’informatica, per cercare anche noi di non essere statici, di uscire dalla prassi e di offrire qualcosa in più. Soprattutto opportunità.
Andrea, una domanda provocatoria: non era più facile fare una cosa simile fuori da Messina? O proprio per la possibilità che poteva darti la città hai scelto di restare?
Per me è stata una combinazione di elementi. Il primo è che penso che non per forza la propria attività imprenditoriale debba partire da fuori dal territorio. Messina può dare l’impressione di vuoto alla nostra generazione. Tanti ragazzi si sentono costretti ad andare via e lo fanno: non li giudico né li critico. Allo stesso tempo, però, ritengo che la possibilità di rimanere e di cogliere le opportunità che la nostra città riesce a dare, a prescindere dalle lacune, sia un’occasione da non potere né dovere lasciare. La combinazione di questi fattori mi ha portato a credere in un’imprenditoria innovativa, un lavoro 2.0 anche a Messina.
Soddisfatto di questo inizio?
Sono assolutamente soddisfatto di questo inizio. Per me è essenziale il coinvolgimento dei giovani. Ci avviamo in un’età in cui veniamo ancora definiti giovani anagraficamente ma non lo siamo professionalmente. L’inclusione giovanile è essenziale se parliamo di investimenti innovativi o di progetti non condizionati da vecchi sistemi, poco adeguati al mercato del lavoro attuale. Il sogno? Ampliare sempre più la mia sfera di azione, di investimento.
Ma anche di riuscire ad avviarmi professionalmente e imprenditorialmente qui in città, senza tralasciare il mercato che offre l’Italia, o l’Europa o il resto del mondo. Viviamo in un’epoca di globalizzazione quindi sarebbe limitante non pensare anche a fuori. Al contempo voglio mantenere attive le mie idee sul territorio. Vorrei portare avanti questo connubio tra la globalizzazione e il territorio.
Forse la redazione potrà farsi vettore verso il comune di Messina o verso i candidati a sindaco, di un progetto di attrazione nel territorio di lavoro da remoto.
Il comune di Venezia sta lavorando in questo senso.
Il progetto Venywhere potrebbe essere adattato alla realtà messinese che potrebbe richiamare a se diversi lavoratori “remoti”.
L’idea è quella di portare il reddito in città lasciando ovviamente inalterate le sedi di assunzione.
È semplice concettualmente, forse non semplicissima da realizzare ma andrebbe comunque valutata dalla politica locale e regionale.