Convince, al Teatro dei 3 Mestieri, lo spettacolo scritto e diretto da Antonio Vitarelli e interpretato da Carla Scardino e Gaetano Mazza
MESSINA – La propulsione al ritorno al passato mitizzato e a quelle radici strappate che nel territorio strettese è sovente ricorrente e ha generato e genera narrazioni in “ Menzu minutu”. Uno spettacolo scritto e diretto da Antonio Vitarelli e interpretato da Carla Scardino e Gaetano Mazza. In replica ai 3 Mestieri, di un pregresso momento teatrale straordinario, ha raggiunto felici esiti drammaturgici.
Antonio Vitarelli ne è stato titolare con il valore aggiunto di talune citazioni tratte dai “ Cunti “ tematici della compianta conterranea, la Poetessa Maria Costa. Le associazioni “Symphonia Lans” e “Messina in Progresso” sono state promotrici della piece unitamente a “Cademia Siciliana”, alla quale si è attestato lo studio accurato del dialetto messinese. Ha diretto magistralmente la bella performance lo stesso Antonio Vitarelli, con aiuto regia di Carlo Picichè.
Almanaccando con ironia sul ferale sisma del 1908
Rimando doveroso alla maestria degli interpreti, Gaetano Mazza e Carla Scardino, nei ruoli di una ben collaudata coppia di finzione, due sposini, giunti nel nostro mondo dal lontano 1908, abbigliati con costumi d’epoca, ove non ritrovano più ciò che il sisma prima e l’incuria e il mal costume dopo, hanno stravolto. Si crea un autentico spaesamento e non ci si può accomodare a quella città senza più senso di appartenenza e propria identità, ove la sicilianità appare non più tratto caratterizzante, con la vera modernità che al contempo è distante anni luce.
La passeggiata ha provocato smarrimento, con quel Nettuno volto a placare il mare che porge il di dietro alla Prefettura e i coniugi provano a riprendere fiato tornando nella loro dimora e apparecchiando una tavola di delizie dolciarie tipiche cittadine per un ospite tratteggiato enigmaticamente fino alla fine .
La scenografia è semplice ed essenziale, riportandoci alle atmosfere di oltre cent’anni addietro, con qualche mobilio (sedie) e tavolo imbandito con le prelibatezze del Ritrovo Pasticceria “Doddis”, una delle (poche) superstiti storiche per fortuna residuata e riesumata in rappresentazione per la sua continuità imprenditoriale dal 1926. Bruno Di Sarcina e Davide De Stefano hanno saputo ricreare quel substrato di ambientazione, anche con rimandi alla camera da letto coniugale, il cui materasso aveva celato elementi di interesse per la nostra storia, seppelliti sotto la coltre polverosa del tempo inesorabile.
E’ una serata invernale e la dimora diviene rifugio da un altrove che non trova più al immedesimazione alcuna per i protagonisti.
Attraverso un ricco canovaccio di memorie messinesi tracciate dal nonno dell’intraprendente sposo, si possono però rievocare miti, leggende e protagonisti della Messina che fu, i suoi mitici fondatori, i giganti, Crono e Urano, Orione, Colapesce, il Salvatore, così come personaggi reali, alias il “babbo del villaggio”, quasi una star in quelle epoche e a quelle latitudini. Infine il sussulto del sisma e in chiusura le tremende immagini della distruzione.
La Messina che fu, attraverso le giuste rievocazioni, così ha ripreso vita e ci si è interrogati sul come questa città tradita e quasi racchiusa nell’amniotico grembo di un limbo senza fine, in balia di lassismo, ignavia, di feroce quanto inutile competizione, con tratti di corruttela, possa riemergere dalla infernale bolla, rompendo il pericoloso circolo vizioso, che ci vede in diuturno bilico fra “color che stan sospesi”, in attesa di quel “Godot”, che, come la “ performance” suggerisce, non giungerà mai.
E allora, non attendiamo più alcuna salvifica presenza….poichè frattanto altri accadimenti, quale risultante di una natura che selvaggiamente si ribella all’umano intervento devastante, continueranno ad avvicendarsi, e pur se non avranno (si confida) la potenza distruttiva della catastrofe tellurica del 1908, produrranno “vulnera” profondi, che assommandosi, diverranno irrimediabili.
Salvare questa nostra povera terra, appare, insomma, imperativo categorico, richiamo valevole per ciascuno, al quale non ci si dovrebbe più sottrarre. Dovranno però cambiare radicalmente i modi di essere e stare al mondo, avendo quale faro non il proprio personale tornaconto, bensì quello del perseguimento dell’interesse comune, liberi dai diktat che una cattiva politica, non certo lungimirante e priva di strategia a lungo termine, in osmosi, anzi in abbraccio mortale con una certa Amm.ne pubblica sempre più asservita e meno legittimata, e con l’ausilio mostruoso di una brutta tipologia di Associazionismo devoto non alla Città, ma ai suoi potentati, dai quali può ricevere servigi, continua a perpetrare.
Il malcostume è di certo esteso all’intero territorio nazionale, ma Messina in aggiunta reca in sé ancora le cancellature del proprio passato di città mercantile e ha sprecato l’occasione di essere centro di sperimentazione ideologica per una ricostruzione quasi “in toto”, alla quale non si è riusciti a conferire valenza specifica identitaria, con la messa in valore dei beni monumentali espressione del liberty, ma sopratutto dell’elemento paesaggistico, vero vanto territoriale peculiare, non adeguatamente salvaguardato e per il quale anzi si preannuncia un futuro prossimo minaccioso.
Ad onor del vero, negli anni ’50 il volto della nostra città non presentava ancora le ferite che la speculazione edilizia dei decenni successivi, unitamente ad una gestione della cosa comune vieppiù allegra, hanno poi inferto.
Il pubblico numeroso e plaudente delle grandi occasioni ha giustamente reso il dovuto omaggio ad una “mise en scène” non in cartellone, che è riuscita, anche in questa replica, a raggiungere il “sold out” e per la quale ringraziamo il Teatro dei 3 Mestieri che per fortuna prosegue in senso ostinato e contrario, operando per il risveglio delle coscienze. Nota ancor più positiva la degustazione della squisita pasticceria già messa in scena, che nel dopo spettacolo, ha costituito elemento aggiuntivo di apprezzamento della messinesità.
Immagine in evidenza tratta dalla locandina dello spettacolo.
