Alcuni giorni addietro un telegiornale nazionale dava spazio alle proteste degli eschimesi i quali lamentavano l’insufficienza delle risorse presenti sul territorio non più sufficienti a sostenere l’incremento della popolazione degli orsi bianchi registrato a seguito dell’azione di protezione degli stessi plantigradi e, inoltre, denunciavano la morte di alcuni esemplari appartenenti a questa specie verificatasi nel corso delle operazioni di identificazione dei singoli soggetti.
La notizia supera il limite della cronaca prendendo atto di come la protesta nei confronti della salvaguardia di una specie presente in un determinato territorio prende corpo proprio dalla popolazione autoctona cresciuta ed adattata in quell’ambiente che conosce, rispetta e dal quale trae le principali fonti di sostentamento mediante attività antropiche a basso livello tecnologico e compatibili con il contesto locale.
E’ una notizia che ricorda altri casi storicamente verificatisi ogni volta che l’uomo interviene su un sistema ambientale consolidato determinando sempre alterazioni negative. Basti pensare all’inserimento dei conigli o dei cammelli in Australia. In un contesto così articolato come quello ambientale anche un’azione meritoria, se non programmata e pianificata attentamente, può comportare peggioramenti notevoli come è avvenuto ai tempi del colonialismo inglese quando in India, a fronte del miglioramento delle condizioni sanitarie, la popolazione si è moltiplicata così rapidamente da mandare in crisi l’intera economia della colonia.
Sicuramente non è possibile fermare il progresso vivendo in una sorta di Medioevo tecnologico ma, altrettanto sicuramente, è necessario avere coscienza della complessità di un sistema all’interno del quale le infinite varianti presenti interagiscono in maniera esponenziale tra loro rendendo impossibile, se non dannoso, agire settorialmente senza valutare le ricadute positive o negative che tale azione determina direttamente ed indirettamente su tutti gli altri settori ad essa collegati.
Un intervento settoriale realizzato all’interno di un SISTEMA così articolato può rappresentare un’intrusione anche se le finalità sono meritorie e, come successo nel caso degli orsi bianchi, può facilmente generare ricadute negative condannate proprio da chi (gli eschimesi) conosce e si è adattato a vivere in sintonia rispetto al SISTEMA stesso.
Non è semplice sintetizzare un argomento estremamente composito, risulta molto più facile lanciare slogan ad effetto o proclami demagogici tanto più di facile presa rispetto ad ascoltatori in perfetta buona fede quanto più concisi e semplicistici.
Ma alla lunga la stessa crisi del sistema ambientale fa perdere credibilità a slogan e proclami e sempre più persone si rendono conto che in materie così articolate e complesse la verità non è privilegio di pochi eletti e che coloro i quali (non quelli che …….) pomposamente affermano di sapere o conoscere tutto in questo campo non hanno ben chiaro ciò che hanno studiato.
Forse sarebbe il caso di cambiare approccio al sistema ambiente avendo l’umiltà di riconoscere gli inevitabili limiti della propria formazione e le personali lacune che potrebbero essere riempite arricchendosi di altre esperienze; in tal modo, pur partendo da formazioni diverse ma complementari rispetto le prime, sicuramente si renderà più ampia ed approfondita la trattazione di un argomento che per definizione coinvolge tutti e non rappresenta un’esclusiva per pochi ma agguerriti “prescelti”.
Proprio l’apertura a nuove idee e, soprattutto, la negazione delle ormai superate concezioni meccanicistiche basate sull’antropocentrismo rappresenta il principio guida dell’ambientalismo moderno con il quale viene rinnegata la visione museale e cristallizzata del contesto che ci circonda.
Entrare in questa nuova ottica significa slegarsi da vecchi vincoli e piccoli privilegi per conseguire consistenti benefici anche sul territorio nel quale viviamo e consentire di recuperare habitat, aree, tradizioni, cultura, paesaggi da mettere a disposizione dei tanti attualmente ritenuti estranei, per dogma auto referenziato, rispetto ad un bene che appartiene all’umanità intera ma che per troppo tempo è stato considerato feudo di una ristretta oligarchia.
Per quanto mi riguarda proprio questo atteggiamento superato, restrittivo e limitato assunto da una elite nei confronti di un SISTEMA caratterizzato dall’elevata interrelazione delle numerosissime variabili che lo compongono rappresenta il maggior pericolo verso l’ambiente e la sua salvaguardia.
