Dall’inferno all’infinito: alba a Tindari con Monica Guerritore

Dall’inferno all’infinito: alba a Tindari con Monica Guerritore

Tosi Siragusa

Dall’inferno all’infinito: alba a Tindari con Monica Guerritore

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mercoledì 16 Agosto 2017 - 05:55

Alba compartecipata nelle suggestioni tindaritane

Il 12 agosto, alle ore 5, il teatro di pietra di Tindari ha ospitato, per la rassegna Anfiteatro Sicilia in collaborazione con TaoArte, Dall’inferno all’infinito, una mise en scene monologante a cura di Monica Guerritore, che ne è stata anche unica interprete. Si è trattato di una sorta di percorso al di dentro, nei territori dell’anima, in un viaggio collettivo per impervie location, gli abissi umani che, solo scavando, riescono a fuoriuscire.

L’incipit è così stato dedicato a questa missione espressa, una sorta di analisi collettiva, ove la Guerritore si è assunta, in uno, il compito di terapeuta e paziente, compartecipe con noi del lavorio volto a mettere a tacere i super-io implacabili, i guardiani e le fiere che abitano le umane miserie e ci vengono a visitare soprattutto nelle ore bui;, ciò non solo metaforicamente, poiché mano a mano che procedevamo per l’impervio cammino, la luce prima livida, poi più rosa e sempre più avvolgente, rischiarava gli animi, mettendo almeno per un po’ la sordina al rimestio delle menti. E l’alba ha portato quei rari momenti di alleggerimento e di pacificazione che fanno percepire l’armonia del creato e la vicinanza empatica con quanti intervenuti- molto numerosi- per una ormai collaudata iniziativa, quella di rappresentazioni all’alba, divenuta immancabile appuntamento non solo in quel di Tindari (ma solo qui la rarità del paesaggio e quell’affaccio sul mare simile a un dipinto toglie letteralmente il fiato). Anche gli insetti si sono sentiti parte di quel quadro, gustando la piece insieme a noi ed ad una Monica che pareva quasi divertita di quel “disturbo” divenuto sketch. I versi, le musiche, le citazioni, si sono fusi e confusi, facendosi (solo in parte invero) materia altra rispetto a ciascun componente. Voglio dire che la Guerritore è stata splendida interprete e ben calibrata regista e (forse un po’ meno) valida autrice di rivisitazioni autoriali. E dal primo Canto dell’Inferno dantesco, con sapiente resa attoriale dei passi più noti (quelli riferiti a Virgilio, autorevole guida, e a Beatrice, mirabile donna angelicata) passando per i canti dedicati alla porta dell’inferno, a Paolo e Francesca e al conte Ugolino, questo volo interiore ci ha condotti al celeberrimo testo pasoliniano dedicato alla Madre, potente simbolo di catene – pur se benefiche – a Elsa Morante, e ancora, a Victor Hugo, Madame Bovary, creatura ottocentesca flaubertiana, rievocata in uno dei suoi momenti critici di percezione della solitudine, che non era diversa dalla ribellione esistenziale (attuale) di Patrizia Valduga, poetessa potente, portatrice di un verbo sempre assai musicale; anche Proust e la “Recherche”, con Swan e Odette, sono stati celebrati, e l’”Infinito” leopardiano, fino a chiudere il cerchio tornando al sommo Alighieri delle ultime terzine dell’inferno: ”E quindi uscimmo a riveder le stelle”.

E noi, accarezzati dal lascito di un Cesare Pavese prossimo ad abbandonare volontariamente il mondo, e ammirati da una Monica Guerritore giustamente euforica (sicuramente liberatasi con noi per un po’ dalle umane pesantezze) abbandonando quel palcoscenico di immota bellezza, abbiamo potuto mirare il sole che nella sua quotidiana operosità iniziava a levarsi, tutto rischiarando. Le musiche di Sakamoto, Barber e Bernstein (unitamente alla citazione del pensiero wagneriano) hanno contribuito a rendere anche questa annuale alba a Tindari degna di nota.

Tosi Siragusa

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