Tante le operazioni antimafia e gli arresti eccellenti. Ma c'è anche la tristezza per il suicidio di Adolfo Parmaliana
Il 2008 ha segnato una serie di importanti successi delle forze dell’ordine nei confronti dei clan mafiosi della città e della provincia e della criminalità comune. Tante le operazioni antimafia e gli arresti eccellenti ma il 2008 sarà ricordato soprattutto per alcune tragedie che hanno funestato soprattutto la parte finale dell’anno.
Il 2008 ci lascia con l’immagine tremenda della sciagura di Terme Vigliatore in cui quasi un’intera famiglia di Rodì Milici ha trovato la morte. La sera del 22 dicembre la Fiat Palio, condotta dal 18enne Rosario Trifiletti, imbocca una strada arginale crollata qualche giorno prima a causa del maltempo. L’auto vola nel greto del torrente Mazzarrà da un’altezza di cinque metri. Con Rosario Trifiletti, muoiono la madre, Maria Coppolino di 47 anni e la sorella Antonella di 14. La Procura di Barcellona avvia un’indagine per stabilire le responsabilità dell’incidente, soprattutto se l’interruzione della strada era segnalata adeguatamente. Pochi giorni prima, il 4 dicembre, avviene una delle disgrazie più impressionanti dell’anno. A Larderia inferiore un bambino di 7 anni, Marco De Salvo muore schiacciato dal cancello della sua abitazione. Il piccolo lo stava aprendo per far entrare l’auto della madre quando la pesante struttura in ferro cede e lo travolge. Marco muore poco dopo al pronto soccorso del Policlinico. La magistratura apre un fascicolo per accertare le condizioni del cancello killer.
Fra le buone notizie una va segnalata su tutte: a Messina il 2008 si è concluso senza omicidi anche se sono stati commessi parecchi agguati. Quattro i delitti commessi in provincia ma nessuno può essere attribuito a moventi mafiosi. Un deterrente possono averlo rappresentato le numerose operazioni condotte dalle forze dell’ordine. Ma le indagini dimostrano che il crimine continua ad agire condizionando interi settori della vita pubblica. L’esempio più eclatante è l’operazione Zaera che il 20 settembre porta all’arresto di 9 persone da parte della Squadra Mobile. Il mercato Zaera, secondo quanto emerso dalle indagini, era -amministrato- dal clan del boss Armando Vadalà che gestiva i servizi di pulizia e vigilanza ed imponeva il pizzo a tutti i commercianti. In carcere personaggi eccellenti come un ex carabiniere ed un ex ispettore di Polizia. Il PM Giuseppe Verzera iscrive nel registro degli indagati anche due dirigenti comunali per omissione d’atti d’ufficio. E’ la dimostrazione, secondo la Procura, che Palazzo Zanca aveva perso il controllo sul mercato a favore del clan Vadalà. Il 22 febbraio Carabinieri e Polizia con l’operazione Pastura annientano a Santa Lucia sopra Contesse il ricostituito clan del boss Rosario Tamburella. Diciotto persone vengono arrestate per estorsione, usura e spaccio di droga. Il 10 aprile i Carabinieri infliggono un colpo mortale ai gruppi mafiosi di Mazzarrà e Tripi con l’operazione Vivaio. 15 persone vengono arrestate, 30 sono indagate per associazione mafiosa, estorsioni, danneggiamento e porto di armi. Nel corso delle indagini gli investigatori risolvono il rebus legato all’omicidio Rottino e tracciano la mappa del crimine in provincia. A capo dell’organizzazione vi sarebbe Tindaro Calabrese, 34 anni, un ex pastore che, secondo gli inquirenti, si è imposto prepotentemente all’interno della cupola mafiosa barcellonese. A Tortorici, il 13 giugno i Carabinieri arrestano 19 persone ritenute affiliate al clan del boss Cesare Contempo Scavo. L’operazione richiama Rinascita perché il “padrino- tortoriciano stava riorganizzando il gruppo messo in ginocchio da precedenti operazioni antimafia.
E se si parla di lotta alla mafia non si può dimenticare la figura coraggiosa del docente universitario Adolfo Parmaliana, uno che la Piovra l’ha combattuta in prima persona finendo con l’esserne stritolato. Sconvolto da un’incriminazione per calunnia il pomeriggio del 2 ottobre si lancia dal viadotto Marina di Patti dell’autostrada Messina-Palermo. Parmaliana lascia una lettera al fratello in cui spiega i motivi del gesto. La mortificazione per essere stato perseguitato dopo aver combattuto per anni il sistema mafioso che imperversava nel suo Comune. Il docente, infatti, grazie alle sue denunce ed alle battaglie politiche aveva fatto sciogliere per mafia il consiglio comunale di Terme Vigliatore. Ma senza ottenere alcun riconoscimento. Anzi, da quel momento per lui erano iniziati i guai. Parmaliana nella sua missiva si scaglia anche contro alcuni magistrati che lo avrebbero perseguitato.
Intanto altre operazioni, come la Case Basse (estorsioni) e la Lupin (traffico di droga) confermano la centralità del quartiere di S.Lucia sopra Contesse nella gestione delle attività illecite. La conferma giunge puntuale a metà novembre con l’agguato all’imprenditore edile Mariano Nicotra, membro fin dalla sua fondazione dell’Associazione antiracket messinese. La mattina del 15 novembre, mentre la sua auto transita nel sottopasso di Zafferia, qualcuno esplode al suo indirizzo tre colpi di pistola. I proiettili si conficcano nella carrozzeria della Fiat Bravo. I Carabinieri seguono subito la pista del racket delle estorsioni che già altre volte aveva preso di mira l’imprenditore. L’impresa di Nicotra, infatti, sta eseguendo, per conto del Comune, lavori di ristrutturazione alle Case Arcobaleno di S.Lucia sopra Contesse. Per gli investigatori non ci sono dubbi sulla matrice estorsiva dell’agguato e Nicotra ottiene la tutela da parte dei Carabinieri.
Gli omicidi in provincia sono stati in tutto quattro. Il più inquietante rimane quello del 15 dicembre. In contrada Furiano di Caronia viene assassinato Antonino Granza, 41 anni, piccolo appaltatore di Acquedolci. Granza si stava recando in un fondo agricolo adibito a rimessa dei mezzi della sua impresa di movimento terra quando viene raggiunto da un sicario che lo uccide con due colpi di fucile alle spalle. Appena I Carabinieri seguono la pista della vendetta nel mondo degli appalti per il movimento terra nella zona dei Nebrodi. Il 5 ottobre nelle campagne di Rodì Milici era stato ucciso a colpi di pietra il marocchino El Mostafa Rabib, 40 anni il cui corpo viene poi incendiato. Il giorno successivo i Carabinieri arrestano il cugino, Samir El Harran di 28 anni. Anche lui, come Rabib i possesso di permesso di soggiorno e residente a Barcellona. Secondo gli investigatori il delitto sarebbe maturato per contrasti nell’ambito degli spacciatori di droga. A Casalvecchio il 17 ottobre Giovanni Finocchio, 77 anni uccide a colpi d’ascia lo zio Francesco Finocchio di 79 anni. Rancori mai sopiti per questioni di confini di terreni causano la tragedia. Ma già sette anni fa l’uomo aveva tentato di eliminare lo zio sempre a colpi d’accetta. L’omicida telefona ai Carabinieri e si fa arrestare. A Fiumedinisi il 4 dicembre viene ucciso con un colpo di fucile il pastore Giuseppe Fleri di 31 anni. Anche qui sono antiche ruggine a scatenare la tragedia. Antonino De Francesco, 63 anni barbiere in pensione di Furci Siculo accusava Fleri di condurre il gregge a pascolare nei propri terreni. Quel pomeriggio esplode l’ennesima lite, una colluttazione durante la quale parte un colpo di fucile che uccide il pastore. De Francesco viene arrestato per omicidio.
Purtroppo anche quest’anno Messina deve fare i conti con gli incendi di boschi e paga anche un tributo in vite umane, dopo le sei vittime dello scorso anno al rifugio del falco di Patti. Verso la fine di maggio numerosi incendi devastano le campagne fra Villafranca e Rodì Milici. Sono quasi tutti dolosi come quello che il 27 maggio raggiunge la frazione S.Martino di Spadafora. I danni e le devastazioni sono enormi. Michele Russo, 68 anni, mentre cerca di mettere in salvo alcuni animali viene raggiunto dalle fiamme che non gli lasciano scampo. Muore l’11 luglio al centro grandi ustionati del Cannizzaro di Catania. Per questo incendio un pensionato di Rometta viene indagato per omicidio.
Chiusura con gli incidenti mortali sul lavoro che fanno registrare un calo rispetto all’anno scorso. In provincia in tutto sono tre ed avvengono a S.Angelo di Brolo (dove il 20 gennaio morì un gommista) ed a Fiumedinisi (il 18 novembre un operaio cadde da un impalcatura in un cantiere del Comune).
Un solo caso di morte bianca a Messina e risale al 10 novembre. Un imbianchino di 64 anni mentre stava lavorando alla ristrutturazione di un appartamento di viale Regina Margherita, scivola da una scala e precipita dal quinto piano.
Una morte assurda perché l’imbianchino dopo essere scivolato, forse per un capogiro, sfonda una finestra e precipita nel vuoto.
