Antudo: "La Fase 2 è lavora e consuma. Ma non può esserci scambio tra vita e libertà"

Antudo: “La Fase 2 è lavora e consuma. Ma non può esserci scambio tra vita e libertà”

Redazione

Antudo: “La Fase 2 è lavora e consuma. Ma non può esserci scambio tra vita e libertà”

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giovedì 23 Aprile 2020 - 08:06

"Il Coronavirus ha realizzato il sogno di ogni potere: trasformare gli uomini in produttori e consumatori. Ma senza libertà non è vita"

La Fase 2 deve essere occasione per riprendere gli spazi della democrazia sospesa. Dal 4 maggio ci dicono che potremo tornare a lavorare ed a fare la spesa: produci e consuma. Poi dritto a casa davanti alla tv. Si po’ uscire ma solo a comando. Il sogno di ogni potere. Di seguito la riflessione dell’associazione Antudo “espressione dell’indipendenza siciliana” in merito alla necessità di trovare strumenti nuovi per ripartire con un mondo cambiato.

La gara tra sceriffi

Per settimane ha dominato sulla scena pubblica la strategia del lockdown. La paura del contagio è stata accolta nel linguaggio politico e utilizzata con un gioco al rialzo nel quale acquistava più consenso chi chiudeva di più. Governatori e sindaci hanno fatto a gara a emanare ordinanze sempre più restrittive nei confronti di una popolazione che aveva già deciso (per paura e per senso di responsabilità) di rifugiarsi in casa per evitare l’intasamento di strutture sanitarie devastate dai tagli fatti in nome della spending review. Dopo oltre un mese di reclusione possiamo dire che la popolazione è stata più efficiente dei propri governanti. Ha frenato la diffusione dell’epidemia con il proprio sacrificio. Questi sono i fatti. Il resto è solo propaganda.

Ora tornare a fare profitti

Oggi gli stessi che ieri giocavano a chi era più sceriffo stanno provando ad interpretare l’ansia di uscire dal lockdown e lo fanno senza avere un piano. “Se non moriremo di Coronavirus moriremo di fame”, dicono. Se fosse vero che il problema è sfamare le persone si penserebbe nell’immediato ad un riequilibrio nella distribuzione della ricchezza, che, si sa, ha avuto negli ultimi anni una polarizzazione. I ricchi sono diventati più ricchi e i poveri sono diventati più poveri. La verità è che, capito che del virus non ci si libererà così in fretta, vogliono tornare a fare profitti. Qualunque sia il prezzo.

No ai runner sì alle fabbriche…

E’ singolare, peraltro, che a chiedere di ripartire al più presto siano proprio gli opinion maker, i politici e gli industriali delle regioni più colpite dall’epidemia. Contro ogni ragionevolezza vogliono riportare gli operai in fabbrica al più presto. E così, a pochi giorni dalla colpevolizzazione dei runner che andavano a correre sulla spiaggia e dei genitori che volevano accompagnare al parco i bambini, si sprecano i pronunciamenti volti ad individuare in una situazione ancora allarmante i segni di uno spegnersi del contagio che, invece, è ancora tutt’altro che sotto controllo. Insomma, se il picco non c’è lo si inventa e il plateau può apparire una discesa se solo ruoti il foglio. Nessuna domanda sulle ragioni del diffondersi dell’epidemia. Perché questa si è concentrata nelle regioni del Nord? Sfiga, solo sfiga per chi ha perso totalmente il controllo della situazione. Al punto tale da mescolare Covid e anziani. Un mix micidiale. Una carneficina. Eppure con lo sguardo sorridente (magari ci spiegassero cosa c’è da ridere) ci annunciano la nuova Milano da bere, la via verso la libertà. Il potere va sempre combattuto. Quando si mescola all’idiozia combatterlo diventa un dovere.

In Sicilia epidemia contenuta

E c’è, invece, l’altra parte del territorio nazionale, il Sud e le isole, dove l’epidemia è rimasta contenuta. Anche qui gli esperti non ci hanno preso un granché. L’annunciata ondata, asimmetrica di qualche settimana, non c’è stata. La curva del contagio ha seguito grosso modo quella nazionale, solo molto ridimensionata. Neanche il ritorno a casa di decine di migliaia di emigrati al nord ha causato focolai incontrollabili. Anche qui soprattutto le case di riposo al centro dei focolai e gli anziani a pagare il prezzo di un’assistenza che non c’è. L’evidenza empirica ci dice, al momento, che le condizioni ambientali, sociali, infrastrutturali del sud riducono la capacità di diffusione del virus.

I limiti di un modello industriale

Bisognerebbe partire da qui per imparare. Tutti gli esperti ci dicono, con i linguaggi più diversi, che il Coronavirus evidenzia i limiti e la fragilità di un modello sociale, urbanistico, industriale. Ma è come se l’epidemia avesse mostrato come non dovremmo più vivere, ma chi decide cosa fare è chi ha governato il mondo così come era prima. E così vuole continuare a fare. L’unico codice che ha è cercare di rendere compatibile il virus a quel modello produttivo e sociale. C’è troppo smog? Ti metti la mascherina. Non sarebbe più logico provare a ridurre lo smog?

Produttori e consumatori

Ripartire, dunque, è giusto. Non si possono trasformare le case in un carcere a vita. Non si può, però, accettare di ripartire per fare il comodo di chi vuole rapidamente tornare a fare profitti. Come nei tanti film di fantascienza che abbiamo visto ci vogliono trasformare in appendici della produzione dentro una totale assenza di potere decisionale della popolazione. In fondo è il sogno del potere da sempre. Produttori e consumatori senza potere. Ecco il modello della convivenza col virus. La riduzione dell’umano alla sua essenza di ingranaggio della macchina produttiva. Come in un miracolo, il coronavirus ha offerto su un piatto d’argento la realizzazione del sogno dei pieni poteri.

I siciliani consapevoli

La Sicilia può essere altro. Non lo sappiamo ancora se l’ambiente, la nostra storia, la forma delle nostre relazioni, forse il nostro stesso sottosviluppo, ci abbiano salvato dalla diffusione dell’epidemia. Non sappiamo ancora quanto abbia contato il comportamento consapevole e maturo che una popolazione mille volte offesa ha dimostrato. Sappiamo che non siamo disposti a ripartire senza la possibilità di decidere, di partecipare alla progettazione del nostro futuro. Anche alla convivenza con il virus, come si dice. Non saremo ruote inconsapevoli di questo ingranaggio.

Il Covid ha spazzato via tanto

L’epidemia del Covid-19 ha spazzato via tutte le forme della rappresentanza. Sono spariti i consigli comunali, è sparito il parlamento regionale, sono spariti i partiti e i sindacati. Sono rimasti in piedi solo il governatore e i sindaci. Sono rimasti in piedi il governatore, i sindaci e lo sciame comunicativo dei social. Da qui vogliamo ripartire, dalla discussione pubblica che la comunicazione virtuale ha prodotto, dalle mille forme della creatività che lì si sono formate, dal dibattito in rete che ha preso il posto delle tradizionali forme della politica. Sparite perché inefficienti lo erano già prima.

Sì alla spesa e sì al giro al parco

A questo mondo, al mondo che non ha smesso di discutere, che non ha smesso di pensare, che si è tenuto insieme, chiediamo se non sia giunto il momento di riprenderci le città, di riconquistare spazi di mobilità, di socialità, di convivenza, di produzione. Con tutte le accortezze del caso, ovviamente. Senza avventurismi e fatalismi. A questo mondo chiediamo se non sia giunto il momento di riconquistare la politica. Se è possibile trovare il modo per andare a fare la spesa ci sarà un modo per potere fare una passeggiata in un parco, per andare ad un funerale, per tornare ad essere umani.

Non c’è scambio tra vita e libertà

Francamente, non ne possiamo più di uomini soli al comando che decidono per noi. Francamente, non siamo disponibili ad uscire di casa a comando, per andare a lavorare, per andare a consumare e poi dritti a casa. Se è possibile lavorare sarà possibile discutere su cosa fare del nostro futuro. La nostra sicurezza deve essere finalizzata a garantire la nostra democrazia. Non può esserci scambio tra vita e libertà. La vita senza libertà è inutile. Le società senza democrazia vanno combattute. Sempre. Il mondo è cambiato e vogliamo trovare il modo per decidere tutti insieme quali saranno gli strumenti per ripartire.

Antudo


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