Boss col reddito di cittadinanza e latitanza dorata. A processo la mafia di Provinciale NOMI

Boss col reddito di cittadinanza e latitanza dorata. A processo la mafia di Provinciale NOMI

Alessandra Serio

Boss col reddito di cittadinanza e latitanza dorata. A processo la mafia di Provinciale NOMI

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venerdì 09 Dicembre 2022 - 09:30

A San Valentino si aprirà il processo d'appello per i boss che garantivano la pax mafiosa a Messina

MESSINA – Sono attesi il giorno di San Valentino dell’anno prossimo al palazzo di Giustizia i nuovi boss di Provinciale finiti nella retata di Polizia, Guardia di Finanza e Carabinieri dell’aprile 2021. Nel “sacco” anche i responsabili della rete di complicità che favorì la copertura di Giovanni De Luca, catturato a Fondo Fucile dopo 13 mesi di latitanza.

L’operazione è stata battezzata Provinciale perché é in quel rione che i clan familiari storici hanno le radici e gestiscono gli affari, dalle estorsioni a tappetto alla droga. Tra i retroscena, anche l’accordo tra i gruppi per spartirsi i “business”, rinnovando la pax mafiosa cittadina. All’interno dei tre gruppi familiari che dominavano la zona sud, anche alcuni che percepivano il reddito di cittadinanza malgrado le condanne, come Salvatore Sparacio.

I giudici della Corte d’Appello attendono tutti gli imputati, condannati a marzo scorso, per dare il via al processo di secondo grado. Al vaglio ci sono verdetti che sono state vere e proprie stangate per tutti, considerato anche che si è trattato di un processo abbreviato. Ecco la sentenza di primo grado: 20 anni per i boss Salvatore Sparacio, Giovanni De Luca, Giovanni Lo Duca, Vincenzo Gangemi; 16 anni ad Emmanuele Balsamo e Ugo Ciampi; 15 anni per Francesco Puleo e Domenico Romano; 13 anni per Giovanni Tortorella; 12 anni per Tyron De Francesco e Giuseppe Marra; 11 anni per Mario Alibrandi, Antonio Scavuzzo e Giuseppe Surace; 10 anni e 8 mesi ad Anna Lo Duca; 9 anni a Kevin Schepis; 8 anni per Emanuele Laganà, Domenico Mazzitello, Mario Orlando, Ernesto Paone, Maria Puleo; 4 anni a Francesco Sollima; 2 anni e 2 mesi per Antonino Soffli, Letterio Cuscinà e Carlo Cafarella, 2 anni e 4 mesi per Antonina Cariolo; 8 mesi per Graziella La Maestra e Rossella De Luca (pena sospesa).

Il giudice di primo grado aveva anche disposto il risarcimento per le parti civili, compresa la sigla antiracket AddioPizzo di Olga Cancellieri.

Impegnati nelle difese gli avvocati Cinzia Panebianco, Salvatore Silvestro, Antonello Scordo, Giuseppe Bonavita, Domenico Andrè, Nino Cacia, Tancredi Traclò, Tommaso Autru, Rina Frisenda, Non Favazzo, Tindaro Celi, Andrea Florio.

2 commenti

  1. Molta povera gente è pronta a scendere per le strade a difesa del Rdc
    Se un boss ha preso il Rdc è colpa delle istituzioni che non controllano.
    Sono convinto che ci sono più falsi invalidi che quelli del Rdc .

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  2. Il RDC andrebbe tolto nell’immediato a tutti i personaggi che da anni vivono sugli allori…. Ma prima del reddito come si faceva? Ti cercavano a casa per farti lavorare? O eri tu che cercavi lavoro facendo concorsi e quant’altro…. Adesso lo vogliono portato fino a casa il lavoro!!! Andate a lavorareeeeee…. E cercatevi un lavoro!!! I lavoratori onesti e i contribuenti si sono stancati di mantenervi!!! E vedervi seduti ai tavoli dei bar alle 11 di mattina a gustarvi la granita (tanto ho il RDC), quando la gente a quell’ora ha già 3 ore di lavoro sulle spalle! Il reddito deve rimanere solo a chi per problemi di salute è inabile al lavoro…. Tutti gli altri rimboccatevi le maniche….

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