Caporalato nella Rsa, parlano i dipendenti vessati

Caporalato nella Rsa, parlano i dipendenti vessati

Alessandra Serio

Caporalato nella Rsa, parlano i dipendenti vessati

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giovedì 13 Ottobre 2022 - 18:00

I racconti delle lavoratrici impiegate nelle strutture per anziani al centro dell'inchiesta. Domani gli interrogatori dei Parisi

MESSINA – E’ domattina il giorno fissato per il faccia a faccia tra i Parisi e il giudice che ha disposto i loro arresti per il caporalato nelle strutture assistenziali della famiglia. Nunzio, i figli e la moglie, accompagnati dai difensori, si presenteranno davanti al GIP Claudia Misale e decideranno di rispondere, fornendo la loro versione dei fatti e difendendosi, o tacere. Agli interrogatori di garanzia presenzierà anche il sostituto procuratore Francesca Bonazinga, che ha coordinato gli accertamenti della Guardia di Finanza scattata dopo gli esposti di alcuni lavoratori.

Proprio le condizioni di lavoro sono al centro dell’inchiesta. I dipendenti, o quelli che non avevano accettato l’impiego per le dure condizioni poste dai titolari e gestori della struttura sanitaria “La gioia dei nonni” di Gaggi, hanno raccontato agli investigatori tutti gli abusi subiti. Abusi confermati, nella lettura della Procura di Messina, dalle conversazioni telefoniche ed ambientali intercettate.

I verbali dei dipendenti sono durissimi da leggere e, se troveranno conferma dal vaglio dei giudici, costituiscono una brutta pagina della storia del lavoro nell’area del messinese.

Tra i lavoratori soprattutto tante donne, impiegate nelle mense o per accudire gli ospiti. Le buste paga riportavano circa 24 ore di lavoro settimanali, hanno spiegato le dipendenti, in realtà si trattava sempre di minimo 45 ore. “Le buste paga riportanti 978 euro di netto in realtà erano 700 pagati in contanti – ha spiegato una dipendente ai finanzieri – figuravano giorni di riposo e ferie mai godute davvero”.

“Ho svolto per tutto il periodo una turnazione mattina pomeriggio e notte senza la possibilità di usufruire di un riposo settimanale, un giorno ho chiesto l’aumento al signor Parisi atteso che lavoravo tutti i giorni senza fruire di riposi e ferie, mi ha detto con tono perentorio che le condizioni di lavoro erano queste e che se non mi stavano bene me ne sarei potuta andare”.

“Accettai il posto di lavoro e le condizioni dettate dal signor Parisi perché nella zona in cui risiedo non vi sono tante opportunità di lavoro. Inoltre in quel periodo avevo reale necessità di lavorare in quanto mi ero da poco separata dal mio ex marito e l’unica fonte di reddito era la mia”, spiega un’altra dipendente, che continua rivelando di aver lasciato il lavoro perché costretta ad effettuare i turni di notte in continuo.

Alcune di loro hanno lavorato anche nei giorni di festa, tipo Natale e Capodanno, e si aspettavano di essere pagate maggiormente. Invece è stato loro spiegato che l’azienda non pagava i festivi, non pagava le tredicesime né gli straordinari. Tutte quelle sentite dagli investigatori hanno confermato di non aver mai usufruito dei turni di riposo, moltissime avevano lasciato proprio per il carico di lavoro che non riuscivano più a sostenere per via delle turnazioni, e che a tutte lavoravano il doppio delle ore regolarizzate nelle buste paga.

Quando chiedevano aumenti, riposo o protestavano per i mancati pagamenti, venivano “punite”: licenziate all’improvviso, invitate perentoriamente a cessare il rapporto di lavoro, costrette a firmare le proprie “dimissioni”. I lavoratori vedevano di brutto occhio anche che le dipendenti familiarizzassero tra di loro, così impedivano anche le semplici pause caffè. E una volta, svela una dipendente ai finanzieri, erano state redarguite perché “ree” di essere arrivate a lavoro insieme per dividere le spese di viaggio, visto che avevano lo stesso turno.

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