Ecco la galassia di Enti riconducibili a Francantonio Genovese

Ecco la galassia di Enti riconducibili a Francantonio Genovese

Ecco la galassia di Enti riconducibili a Francantonio Genovese

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domenica 23 Marzo 2014 - 23:04

Nell'ordinanza diversi capitoli sono dedicati alla spiegazione della riconducibilità degli Enti di formazione a Francantonio Genovese. Il sistema era quello di porre nei Cda e alla guida dell'Ente familiari, prestanomi o persone direttamente a lui riconducibili. Alla rete di enti era affiancata quella delle società fornitrici, costituite come scatole cinesi.

Il punto centrale dell’inchiesta è la riconducibilità degli Enti di Formazione (e di gran parte delle società ad essi collegati) a Francantonio Genovese. Come in una piramide, al vertice di tutti i tasselli, secondo i magistrati, c’è il deputato e la sua organizzazione politico-familiare.

“Le indagini hanno evidenziato come il collegamento tra gli Enti faccia capo alla persona di Genovese e come tutti gli enti appartengano ad un’unitaria visione strategica. Si può affermare l’esistenza di una rete di enti e società operanti nel bacino della formazione facenti capo all’organizzazione riferibile a Genovese, che li gestisce per il tramite di persone di sua fiducia o di prestanome. Tale rete è stata costituita con lo scopo di lucrare illeciti profitti personali mediante sistematica distrazione delle risorse pubbliche”.

Nel giro di pochi anni un certo numero di Enti e di società hanno finito con l’essere inglobate ed alla fine, l’intera rete era gestita, in ogni particolare, da un ristretto gruppo che faceva riferimento a Salvatore La Macchia e tramite questi a Francantonio Genovese. Dalla segreteria di via I Settembre venivano coordinati e determinati corsi, finanziamenti, assunzioni, consulenze, acquisti, operazioni e qualsiasi altro tipo di decisione che riguardasse gli Enti.

Emblematici alcuni stralci di una conversazione (già in parte riportata negli articoli dei giorni scorsi) tra Michele Cappadona che si lamenta di essere rimasto “tagliato fuori” dai finanziamenti e Carmelo Navarra. In diversi punti Cappadona contesta a Genovese l’aver capacità di decidere tutto grazie all’assessorato alla formazione all’epoca affidato a Mario Centorrino: “Non ti puoi prendere tutto. Si è comprato 5, 6 enti, si è preso pure quello di Genovese di Barcellona, l’avvocato Genovese. E a Patti se né comprato un altro. In tutti i posti compra enti. E negli enti cosa fa? Loro avevano fatto i progetti, lui visto che c’erano i progetti fatti, quindi, onorevole esigente, tu finanziamento non ne vedi mai, l’ente è indebitato. Va bene, io ti pago i debiti, ed io mi prendo l’ente. E ora hanno fatto una serie di porcherie che non finiscono mai”.

Parlando con una sua collaboratrice, Tindara Danzì, a proposito dell’Aram, spiega il meccanismo:

Cappadona-Sauta l’ha messo come presidente, gli ha detto, tu ti prendi lo stipendio. Poi tutti i parenti, dentro all’Aram, ne ha due per ogni cosa, li ha come gli scacchi. Sua moglie ha 5-6 sorelle, tranne una che li ha mandati… e che era consigliere provinciale. Gli altri li ha piazzati tutti

Danzì- Genovese gli diceva che gli servivano persone e lui le assumeva. Genovese si è proposto, compro il locale dell’Aram, entro in società. Tu risparmi i soldi dell’affitto, non li dai all’assessorato, dividiamo noi altri.

Cappadona– Ci dividiamo i soldi che prendi, ad esempio metti 50 mila euro,nei progetti ci metti 10 mila, ce ne metti 20, poi 10 li torno a te e 10 li tengo io giusto?

Danzì- Sauta è talmente incatenato, ha dipendenza da lui,è socio

Cappadona– al 50% quindi Genovese oggi o domani lo mette in difficoltà perché ha la moneta.

Tutti gli Enti quindi sono riconducibili al parlamentare. Tra questi N.T. Soft e Apindustria. La prima vedeva come soci Salvatore e Giovanni Davì nipoti di Genovese,che nel maggio 2012 hanno ceduto parte delle quote alla Training service (inserita nella galassia delle società collegate). Dalle intercettazioni emerge che nei fatti l’ente, era gestito da Elena Schirò e Massimiliano La Macchia (fratello di Salvatore e dipendente della Lumen) e da Pietro Gaglio. In diversi colloqui intercettati tra La Macchia e Gaglio appare come i due decidessero il tipo di corsi, il numero di corsisti e le docenze in una serie di Enti, tra i quali Esocop, Nt, Api, Lumen, Ecap. Ogni cosa veniva decisa dal gruppo ristretto, compresa la dislocazione e distribuzione dei corsisti, in base alle necessità di finanziamento tra i vari enti. Quanto all’Aram i collegamenti sono emersi sin dall’operazione dello scorso anno. In particolare nell’ordinanza di mercoledì si fa riferimento sia alla vicenda dell’acquisto dell’immobile divenuto sede dell’Ente che ai rapporti tra l’Aram e la Centro Servizi 2000 ,società riconducibile all’esponente Pd. La Centro servizi è stata costituita in occasione dell’acquisto dell’immobile e le quote sociali sono riconducibili ai coniugi Sauta ed alle società di Genovese Euroedil e Ge.Imm. L’immobile, seppur privo di agibilità, è stato poi affittato ad Aram e Lumen a canoni secondo l’inchiesta talmente sproporzionati da coprire in pochi anni sia i costi dell’acquisto che quelli per la ristrutturazione.

Lo stesso schema dell’affidare la gestione a familiari o a persone direttamente conducibili al parlamentare viene adottato con la Lumen, come si evince dalle cariche direttive, affidate a Cettina Cannavò prima e poi a Elena Schirò. Le indagini hanno verificato altri passaggi che collegano l’Ente all’ex sindaco. La Lumen infatti è stata acquistata da Carmelo Favazzo, con un accordo che prevedeva una serie di rate e l’assunzione per il precedente proprietario. Stando ad alcune intercettazioni, nonché poi alle dichiarazioni dello stesso Favazzo, era stato costretto a cedere per una serie di problemi, ma l’ultima rata non era stata corrisposta al punto da spingere Favazzo a parlarne direttamente con l’onorevole. Nel frattempo, Favazzo aveva costituito il Consorzio Noè, e secondo Giuseppe Giarrizzo e Giuseppe Catalfamo prima o poi sarebbe stato costretto a Genovese a cedere pure quello.

Catalfamo– lui spera ancora in Genovese, ma non gli darà neanche una lira

Giarrizzo– non gli darà una lira e io gli ho detto, tu chiudi,perché lui ti fa chiudere. Ora Genovese comprerà per un pezzo di pane

Catalfamo– Sai quanto gli hanno pagato la Lumen? 330 mila euro. Genovese acquisirà tutti gli enti in difficoltà, perché per lui è elettorato, per lui è un sacco di cose. Vuole fare campagna elettorale, vuole fare il Presidente della Regione

Interrogati hanno confermato d’aver saputo che la Lumen era stata ceduta all’onorevole Genovese. Lo stesso Favazzo ha spiegato d’essere stato costretto a cedere per “ingiustizie e irregolarità subite nel 2005 e l’ho dovuta cedere a malincuore”. L’ex proprietario ha poi specificato di non aver trattato la vendita personalmente con il parlamentare ma di aver ritenuto che l’operazione fosse riconducibile a lui, al punto che, in occasione del mancato saldo, si era rivolto a Genovese per ottenerne il pagamento.

Anche l’Enfap Sicilia, prima riconducibile alla Uil, è finita nel pianeta Genovese attraverso una serie di trattative portate avanti da La Macchia e Giuseppe Biundo. Le intercettazioni hanno dimostrato come la vicenda sia stata seguita passo per passo dal deputato, al punto che persino le modifiche allo statuto sono state apportate esattamente come da lui richiesto. Ed anche in questo caso i nuovi soci ed il direttivo era formato da persone riconducibili a Genovese tra parenti e fedelissimi. Ed anche in questo caso a coordinare la gestione sarà La Macchia.

Dell'Ial, ex Cisl, se ne è parlato nei giorni scorsi.

“La circostanza più pregnante è costituita dal fatto che opera non in prima persona, ma avvalendosi di una serie di soggetti, agenti quali prestanome o sotto le sue direttive– si legge nell’ordinanza- Gli enti di formazione tra l’altro consistono in associazioni senza scopo di lucro, in quanto tali per un verso non possono essere oggetto di compravendita, per altro verso, non essendo destinati a generare profitti non dovrebbero suscitare un interesse lecito alla loro acquisizione a fronte di corrispettivo. Infatti la corresponsione di un costo non potrebbe essere ammortizzata dai futuri profitti che l’ente non può produrre. E’ evidente che, se qualcuno si adopera per acquisire il controllo, sostenendo costi e accollo di debiti, ragionevolmente si attende di potere conseguire utilità, economiche e non, da compensare i costi e i rischi affrontati”.

In sintesi, gli Enti non potrebbero essere oggetto di compravendita, se lo sono, vuol dire che c’è un interesse. Del resto, ad esempio, l’acquisto della Lumen è stato ripagato attraverso i fondi erogati negli anni successivi. E’ quindi il profitto e non la beneficenza che ha spinto ad acquistare gli enti nel corso degli anni.

Nel settembre 2012, alla vigilia delle elezioni regionali, subito dopo l’acquisizione dell’Enfap La Macchia organizza un incontro tra i dipendenti di via Croce Rossa e Genovese, in rappresentanza della “proprietà”. Di fatto poi il parlamentare non partecipò a quell’incontro, ma sarà presente in altre occasioni, nello stesso periodo. Il sistema degli enti era poi strettamente collegato alle società fornitrici, molte delle quali costituite allo scopo. “Appare inverosimile che tanta attenzione verso la formazione possa nascere da interessi filantropici e per rendere un servizio alla collettività. Tanto più che stando ai risultati, l’utilità che la collettività ha tratto finora non pare sia particolarmente significativa…”, concludono i magistrati.

Il sistema delle scatole cinesi è stato ampiamente illustrato con l’inchiesta Corsi d’oro: Trinacria, El.Fi, Centro Servizi 2000, Euroedil,Calesevice, Ge.Imm. Ge.Fin, Ge.Pa, Na.Pi service, Sicilia service.

Rosaria Brancato

6 commenti

  1. In questi casi, la cosa più importante, ma forse anche la più difficile, è che restituiscano tutti i soldi e che i messinesi si costituiscano parte civile in quanto danneggiati.
    Il colpevole maggiore comunque resta il sistema che ha permesso tutto questo.

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  2. giovanni rodilosso 24 Marzo 2014 06:28

    Questa gente non ha fatto altro che gettare la città nel caos e nella disperazione, non gli importa niente di nessuno, i messinesi sono solo pedine da usare per la loro clientela a fine politico e speculativo, così mentre la gente si divide le molliche rimaste sul tavolo, vivendo una vita di povertà, loro vivono con 8 camerieri, ville di lusso e una vita da milionari senza mai sporcarsi le mani. Dopo di loro faranno lo stesso i loro figli e poi i nipoti, sempre al comando di una città fantasma! Non mi resta che augurare a questi personaggi tutto il male possibile e spero che la magistratura li mandi per una volta in carcere, come meritano e in quanto ai messinesi, me incluso, complimenti per aver dormito dal 1945 al 2014, lasciando incustodita una città depredata da ladri e farabutti!!

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  3. IH-870 I-ITGI 24 Marzo 2014 06:31

    In un passo del dialogo La Repubblica del filosofo greco Platone (lib. III, cap. XIII) si asserisce che i custodi dello Stato devono guardarsi dalla ubriachezza, per non avere essi stessi bisogno di essere sorvegliati. La frase, in latino, recita: “Nempe ridiculum esset, custode indigere custodem”. Il significato è: “È naturalmente ridicolo che un custode debba essere custodito”

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  4. Penso di costituirmi parte civile e di rivolgermi a quel signor avvocato che voleva fare il sindaco e che non comparendo ha fatto fare ricorso ad una serie di persone a lui riconducibili. Voglio proprio vedere se il cavalier servente andrà contro il padrone.

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  5. Svegliati.

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  6. SaltaLaMacchia 24 Marzo 2014 11:18

    Pessima presentazione ma il concetto e’ chiaro!

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