Cleopatra, Tolomeo…e altri…ma siamo nella riviera romagnola

Cleopatra, Tolomeo…e altri…ma siamo nella riviera romagnola

Tosi Siragusa

Cleopatra, Tolomeo…e altri…ma siamo nella riviera romagnola

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venerdì 12 Aprile 2019 - 20:07

Carmen Panarello è stata interprete impeccabile della piece, che ha costituito un nuovo tassello della stagione attuale, sapientemente orchestrata, dei collaudati “Magazzini del Sale”. Il testo, di ottimo spessore, di Gianni Guardigli, noto drammaturgo, è peraltro passato al vaglio dell’artista messinese Giampiero Cicciò, della cui poliedricità (e maestria) la nostra città può andar fiera a ragione. Lo script, in forma monologante, ha intrigato il numeroso pubblico che ha gremito la location, riservando un meritato plauso all’interprete ben paludata, con alle spalle anche la frequenza della Scuola del Piccolo Teatro di Milano, diretta dal compianto Giorgio Strehler. E così, la storia intrapresa fra la nostrana Cleo – che ha avuto in eredità il bar del lido, in quel di Rimini, dal genitore Tolomeo, riuscendo a trasformarlo con le sue fini capacità imprenditoriali, in grande Hotel ben frequentato – e il siriano Munir, pervaso da un profondo legame con la sua patria offesa a morte, che vorrebbe contribuire a difendere, purtroppo senza esito, avrà un devastante finale che, neanche a dirsi, riecheggia il dramma shakespeariano dell’infelice amore fra Antonio e Cleopatra. Anche Cleo, come la carismatica regina d’Egitto, infatti, si lascerà trascinare dalla tragica fine di quel sognatore, che era riuscito a permearla di sé, vincendo quella sua sottile vena razzista e inevitabilmente mandando in frantumi quel suo piccolo universo colorito, ma in fondo provinciale e chiuso. La presenza scenica della Panarello si è imposta per tutta la rappresentazione, anche per l’uso delle modulazioni della terra di Romagna così accattivanti e empatiche, cambiando rapidamente i registri e passando dalle rimembranze nostalgiche a toni tragici, ripercorrendo infine il destino dello storico personaggio di cui porta il nome: certo è che “nomen” è “omen”, e questo in buona sostanza è il senso della libera rivisitazione della tragedia del Bardo. Interessante soprattutto la parte ove Cleo interroga il suo personale sulle fattezze della sposa di Munir, con terminologia che ricalca appieno quella shakespeariana ove Cleopatra si dispera interrogando le ancelle per indagare sull’aspetto di Ottavia, sorella di Ottavio Cesare, unitasi in matrimonio di interesse con il suo Antonio. I personaggi, da Munir a quelli di contorno, con i pettegolezzi di un piccolo centro, che non riesce ad accogliere chi è estraneo perché straniero, sono stati tutti resi attraverso il racconto di Cleopatra stessa. La scenografia, volutamente scarna e minimalista, ha restituito comunque assai bene quell’ambientazione balneare.

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