Quel posto occupato “miracolosamente” riapparso in Aula dopo l’intervento della consigliera Risitano

Quel posto occupato “miracolosamente” riapparso in Aula dopo l’intervento della consigliera Risitano

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Quel posto occupato “miracolosamente” riapparso in Aula dopo l’intervento della consigliera Risitano

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mercoledì 08 Luglio 2015 - 22:47

Dopo la nota dell’esponente di “ Cambiamo Messina dal Basso”che si chiedeva che fine avesse fatto, nella seduta di ieri pomeriggio del Consiglio Comunale il cartello contro il femminicidio è ricomparso in Aula. Nel resto d’Italia, l’iniziativa della messinese Maria Andaloro continua a raccogliere numerosissime adesioni

Una sedia , un cartello con su scritto "posto occupato" e la volontà di ricordare tutte le donne vittime di violenza. L’iniziativa ideata dalla messinese Maria Andaloro ha varcato da tempo i confini dello Stretto e da nord a sud della penisola ha raccolto consensi e numerosissime adesioni. Il 26 novembre 2013, con la delibera 79 C, anche il Consiglio Comunale di Messina ha aderito alla campagna anti-femminicidio, impegnandosi a riservare un posto all’interno dell’aula consiliare. Tuttavia come ha denunciato la consigliera di “Cambiamo Messina dal Basso”, Ivana Risitano «il cartello è stato lì per qualche tempo. Poi, non so per quale motivo, è scomparso».

La denuncia della Consigliera Risitano ha sortito un effetto immediato, perché nella seduta di ieri pomeriggio del Coniglio Comunale il cartello è “miracolosamente” ricomparso in Aula (vedi foto in basso). Circostanza questa che però non rende meno attuali le considerazioni sul fenomeno del femminicidio espresse dall’esponente del Civico Consesso nella sua nota, della quale riportiamo alcuni passaggi.

«In Italia c’è una vittima di femminicidio ogni due-tre giorni. Le donne vengono uccise proprio perché donne: donne che hanno abbandonato, donne che hanno tradito, donne che vogliono vivere la propria autonomia economica e di scelta, donne che decidono di sottrarsi alla sottomissioni e ad abusi psicologici o fisici. E il femminicidio – si legge ancora – è la punta dell’iceberg di violenze domestiche o interne alla coppia perpetrate per mesi o anni. Quelle donne vengono uccise perché il virilismo della nostra cultura fa sì che certi uomini non accettino di essere rifiutati o abbandonati».

Per Ivana Risitano «è un problema complesso e delicato, che non può trascurare l’apprensione e la cura verso l’incapacità di molti maschi di gestire in modo sano la frustrazione della perdita o dell’orgoglio ferito. Sono notizie drammatiche che sembrano esplodere dal nulla, eppure sono delitti annunciati, anticipati da possessività, violenze manifeste o sottili. Eppure, poi si parla di raptus improvviso: come se andare ad affrontare una discussione con la propria ex portandosi in tasca un coltello sia un raptus improvviso».

«Sono storie familiari di cui all’esterno arriva un’eco, ma “non ci si deve ficcare il naso perché sono fatti degli altri”: nella maggior parte dei casi – continua la consigliera – questi reati vengono trattati come una questione privata, da risolvere tra le mura domestiche, e non una questione che ci coinvolge tutti, in una società incapace di riconoscere e guarire questo dramma, figlio di un modello patriarcale di possesso e dominio, e di un analfabetismo emotivo che rende molti incapaci di manifestare la rabbia o il dolore senza arrivare alla violenza. Una parte del mondo maschile- conclude Ivana Risitano – spesso banalizza o minimizza il problema, o lo ritiene distante da sé, cosa non sua; una parte del mondo femminile nutre questa sub-cultura imitando e scimmiottando i modelli maschili».

4 commenti

  1. PER GLI OMICIDI C’E’ L’ART. 575 CODICE PENALE.

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  2. PER GLI OMICIDI C’E’ L’ART. 575 CODICE PENALE.

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  3. Invece di queste xxxxxxxxxxx si chieda un maggiore impegno di Forze dell’Ordine e Magistratura.
    E’, soprattutto, che, dopo la condanna, si butti la chiave della cella.
    George.

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  4. Invece di queste xxxxxxxxxxx si chieda un maggiore impegno di Forze dell’Ordine e Magistratura.
    E’, soprattutto, che, dopo la condanna, si butti la chiave della cella.
    George.

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