Fanta-Referendum: la sfida epocale tra il sì ed il no allo stadio San Filippo...

Fanta-Referendum: la sfida epocale tra il sì ed il no allo stadio San Filippo…

Rosaria Brancato

Fanta-Referendum: la sfida epocale tra il sì ed il no allo stadio San Filippo…

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domenica 20 Novembre 2016 - 07:02

Vi raccontiamo come andò la sfida all'ultimo voto tra le truppe del sì e quelle del no...

Quando mancavano 10 giorni al Referendum del 4 dicembre gli italiani decisero di non uscire più da casa. Erano terrorizzati all’idea di incontrare, sin dall’uscio, qualcuno che provasse a convincerli a votare sì oppure no. Nei cancelli dei grandi condomini spuntarono cartelli con le scritte: “Sono i benvenuti persino i Testimoni di Geova, ma non si accettano sostenitori del sì o del no”. Ovunque vi fu una sorta di coprifuoco spontaneo, nessuno usciva più di casa né accendeva la tv per timore di trovare Renzi e Salvini alla Prova del cuoco e persino i telefoni rimasero spenti per evitare di ricevere messaggi referendari via sms, whatsapp, telegram, messanger, instagram, facebook. Aspettavano tutti con ansia il 5 dicembre per tornare a litigare sugli scudetti vinti dalla Juventus e sul Milan ai cinesi.

La strategia del terrore infestava i sogni degli Italiani. Negli incubi notturni c’erano i sostenitori del sì che annunciavano, in caso di vittoria del no, il ritorno dell’Italia all’era della pietra, con i cittadini costretti a vivere di caccia, pesca e agricoltura senza neanche l’uso dell’aratro. Viceversa i sostenitori del no dipingevano, in caso di vittoria del sì, un Paese in piena dittatura, con lettini di tortura nei quali migliaia di prigionieri immobilizzati sarebbero stati costretti ad ascoltare i discorsi sulla nuova Costituzione del ministro Boschi o rinchiusi alla Leopolda e costretti a scrivere sulla lavagna per 8 milioni di volte: Renzi è bello.

Le cose peggiorarono quando fu firmato l’editto della caccia agli indecisi e fu disposto l’invio dell’esercito per andare a scovarli ovunque si nascondessero per poi riunirli negli stadi e bombardarli con 8 ore di spot par condicio e le repliche integrali delle trasmissioni “il sì ed il no” di Enrico Mentana.

Quando qualcuno degli indecisi pur di sfuggire alla cattura minacciò il suicidio intervenne l’Onu e fece un appello per il bene della nazione chiedendo: “C’è qualcuno disposto a organizzare un duello simbolico così che per un paio di giorni ci liberiamo di questi qui?”. Alla domanda “c’è qualcuno” dalla riva dello Stretto si udì la risposta: “Reset c’è”. Mentre i messinesi consegnavano Alessandro Tinaglia ai caschi blu dell’Onu, l’idea di utilizzare il San Filippo per la battaglia finale tra il bene e il male piacque a tutti e Messina divenne sede della sfida epocale. Altro che G7 a Taormina, altro che Masterplan, altro che concerto di Gigi D’Alessio, l’Armageddon tra il sì e il no, in diretta mondiale, avrebbe portato il nome della città nel mondo.

LE SQUADRE

Per un’intera giornata si tennero i provini per far parte delle due squadre davanti alle rispettive commissioni selezionatrici.

Il sì) Il fronte del sì volle in commissione la Fata Turchina, Pinocchio e il genio della lampada gli unici in grado di valutare le capacità di promettere del candidato e le arti magiche nel mentire di fronte all’evidenza e nel trasformare la realtà. Si creò subito un caso perché Berlusconi pretendeva di essere il presidente ad honorem della Commissione e non ci fu verso di convincerlo che, per un bizzarro gioco del destino, lui sta dall’altra parte.

Il no) Sul fronte del no i commissari scelti furono un campione olimpico di lancio del giavellotto, due scrittori di film horror e un seguace dei figli di Satana. Durissime le prove: i candidati dovevano vincere gare di tiro al bersaglio al poster di Renzi, superare una prova di lapidazione contro un fantoccio con le sembianze di Renzi ed ascoltare la sceneggiatura di “Vita nel gulag del sì” senza scoppiare a piangere a dirotto dopo le prime due pagine e rinnegare il proprio no. Purtroppo per il tiro al bersaglio a Renzi si creò una fila talmente lunga che fu necessario raccogliere le prenotazioni per almeno altri 7 Referendum.

GLI ALLENAMENTI

Squadra Sì- Come divisa fu scelta una tunica da angelo, con tanto di ali, che seppur difficile da utilizzare rendeva meglio l’idea di come, in caso di vittoria l’Italia si sarebbe trasformata nel Paradiso, attraversata da fiumi di latte e miele, popolata da abitanti ricchi, belli e di buon umore ogni mattina persino di lunedì. Gli allenamenti iniziavano sempre in ritardo perché bisognava attendere l’arrivo del capitano della squadra, Renzi, che attraversava lo Stretto con il suo cocchio dorato solcando le acque circondato da cori festanti e aedi che decantavano le sue gesta. Grazie ad un suo tocco non fu necessario realizzare il Ponte perché unì le due sponde con un arcobaleno dotato anche di pista ciclabile e il viadotto Ritiro riaprì totalmente alla circolazione con sei corsie sopraelevate.

Squadra No- Il problema della divisa non si pose perché come annunciò Salvini “I gladiatori per combattere indossavano forse divise? Nelle crociate contro gli infedeli si usavano forse le magliettine?” Al coro di “noooo” obbligò gli uomini a scendere in campo a torso nudo, al massimo consentendo le felpe Salvini’s style. Negli spogliatoi però scoppiò una lite fu per il ruolo di capitano. Salvini e Grillo litigavano per chi dovesse essere considerato legittimamente il Trump italico e guidare la battaglia. Di Battista provò a trovare una soluzione: “chi di voi due ha problemi col fisco? Chi è stramiliardario? Chi ha una visione sessista delle donne ed ha avuto più mogli, fidanzate e compagne di un poligamo?” Fu così che si girarono tutti verso Berlusconi che era in un angolo mogio mogio: “Non voglio stare con voi”, mormorava “voglio andare con la Fata Turchina e con la Boschi. E comunque io non sono il Trump Italico è Donald che è il Berlusconi Americano”. Al cuor non si comanda e siccome era propenso a passare con il nemico fu deciso di spedirlo in America fino alla fine della tenzone, per evitare tradimenti plateali.

I CONTRO-TESTIMONIAL

Mentre le squadre si allenavano, venne deciso di chiudere negli scantinati di una scuola tutti i testimonial di entrambi gli schieramenti che “nuocevano” alle rispettive immagini. Fu così che De Mita, Bersani, Cuffaro, Boschi, Cuperlo, Zagrebesky, Crocetta, Brunetta, Schifani, Verdini, Crisafulli, passarono diversi giorni rinchiusi nella stessa aula a recriminare contro gli ingrati che non sapevano apprezzarli. Su proposta della Madia utilizzarono i cucchiai della mensa per i bambini per iniziare a scavare un tunnel e sbucare all’improvviso al San Filippo e rovinare la festa a tutti. Ma sbagliarono i calcoli fatti dal tandem Zagrebesky -Verdini e finirono al Cibali dove furono costretti a seguire una partita del Catania.

LA GARA

Venne il giorno della sfida tra il bene ed il male. Il San Filippo era stato organizzato in modo tale da separare le due tifoserie, ma pochi minuti prima della gara scoppiò il putiferio a causa di bugiardi infiltrati che si erano confusi tra i due schieramenti. In piena curva sì-sud spuntò uno striscione enorme “Renzi go home” e al centro della curva no-nord iniziarono cori “Renzi for ever”. Scoppiarono risse furibonde tra gli spalti e persino in tribuna vip. La gara iniziò con 7 ore di ritardo perché capitan Renzi stava ultimando il suo tour casa per casa e dopo aver visitato tutti i residenti della Basilicata e del Molise era diretto alla volta del Trentino Alto Adige. D’altra parte il bomber Di Battista che era in giro con il no tour in treno era rimasto a Villa San Giovanni perché di domenica non c’è alcun collegamento con il traghetto e con metromare e lui si rifiutava a salire sulla Caronte perché a suo dire il gruppo era schierato per il sì. Alla fine trovarono un pescatore di buon cuore che con la sua barchetta prese Dibba e lo portò allo stadio.

Finalmente l’Armageddon stava per iniziare. Arbitro era stato scelto all’unanimità Enrico Mentana, unico in grado di sopportare senza battere ciglio ore ed ore di discussione sull’art. 70 e affini, comprensivi di strafalcioni storici e grammaticali.

L’ingresso delle due squadra fu accompagnato dai rispettivi inni.

I sì scelsero L’anno che verrà di Lucio Dalla scandendo le frasi: “se vince il sì sarà 3 volte Natale e festa tutto il giorno…. Ci sarà da mangiare e luce tutto l’anno, anche i muti potranno parlare mentre i sordi già lo fanno”.

I no entrarono al ritmo dell’Haka, il terribile inno degli All Blacks: “Batti le mani contro le cosce,piega le ginocchia, pesta i piedi più forte che puoi, è la morte,è la vita, questo è l’uomo dai lunghi capelli che ha fatto splendere il sole su di me, ancora uno scalino, un altro fino in alto”. In verità Roberto Speranza aveva proposto qualcosa di più soft, “Fatti più in là” in versione Sorelle Bandiera, ma Salvini e Grillo per zittirlo lo avevano rinchiuso nello spogliatoio per liberarlo solo alla fine del primo tempo e spedirlo in panchina.

Mentana fischiò e la gara ebbe inizio.

Rosaria Brancato

2 commenti

  1. Non co divido il modo in cui vengono affrontati argomenti tanto seri.

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  2. Non co divido il modo in cui vengono affrontati argomenti tanto seri.

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