Procede l'inchiesta avviata dalla capitaneria di Porto. Ricostruita la dinamica
Si cercano le responsabilità della nuova collisione avvenuta sabato mattina nelle acque dello Stretto di Messina. Dopo la Capitaneria di porto anche la Procura ora indaga per capire come si siano potute scontrate la nave traghetto Reggio di RFI ed una piccola imbarcazione da pesca.
Un impatto tremendo che solo per circostanze fortunate non ha provocato vittime. Una relazione del comandante della Capitaneria, Nino Samiani, è finita sul tavolo del procuratore aggiunto Pino Siciliano che ora dovrà valutare il da farsi per quanto di sua competenza.
Intanto negli uffici della Capitaneria l’inchiesta procede. Sono stati già sentiti il comandante della nave traghetto ed il primo ufficiale, il pescatore 65enne che si trovava sulla barca ed il collega che lo ha soccorso.
Sono state sentite tutte le versioni ma per stabilire le responsabilità vanno effettuate una serie di verifiche sul rispetto delle precedenze e delle norme che regolano la navigazione nello Stretto. Pochi dubbi, invece, sussistono sulla dinamica. Alle 5,30 , un miglio al largo della costa di Paradiso sono entrate in collisione la Reggio, ex Razzoli, al suo terzo incidente da quando naviga nello Stretto, e la barca di 5 metri proveniente da Ganzirri. Poco prima dell’incidente il comandante del traghetto ha bloccato i propulsori e fermato le eliche ma la barca, devastata dall’impatto, è colata a picco. Il pescatore è riuscito a lanciarsi in mare ed è stato salvato da un collega che si trovava a poca distanza. Trasportato in ospedale è stato giudicato guaribile in 7 giorni per alcune leggere contusioni. Ma il nuovo incidente fa sorgere una serie di interrogativi, anche a seguito delle accuse lanciate dall’Orsa ad RFI. La prima spontanea considerazione è che non è servita a niente la lezione del 15 gennaio dello scorso anno quando nella collisione fra il mezzo veloce di Bluvia Segesta Jet e la portacontainer Susan Brochard morirono 4 persone: il comandante del Segesta e tre membri dell’equipaggio. Sull’onda emotiva del tremendo incidente, per il quale vi sono due indagati (il comandante della portacontainer e del traghetto della Tourist Zancle che incrociava in zona), si prospettarono soluzioni immediate per migliorare la sicurezza della navigazione nello Stretto. Tornò alla ribalta la necessità di installare il sistema radar Vts, di cui si parla da almeno 15 anni, l’allora ministro dei Trasporti Bianchi a Messina si impegnò per trovare nuove soluzioni ma da allora tutto è rimasto sulla carta. Allo stesso tempo non è mai stata realizzata la rotatoria dello Stretto, uno schema di traffico che dovrebbe interessare la navigazione da Tremestieri a Capo Peloro creando due distinti corridoi per i diversi tipi di imbarcazioni. Carte, progetti, programmi ambiziosi ma fino ad oggi nulla è cambiato. E lo Stretto di Messina si conferma uno dei bracci di mare più rischiosi al mondo.
