Messina, ecco la mappa del crimine cittadino

Messina, ecco la mappa del crimine cittadino

Messina, ecco la mappa del crimine cittadino

venerdì 14 Dicembre 2007 - 14:49

Le ultime operazioni antimafia di Polizia e Carabinieri hanno scompaginato alcuni dei più potenti clan cittadini. I boss più temuti sono tutti in galera, la maggior parte di loro ristretti al 41 bis, il regime di carcere duro. Ma nessuno si illude. La criminalità organizzata negli anni ha dimostrato di saper risorgere dalle proprie ceneri ed alle spalle dei padrini storici premono già alcune promettenti leve del malaffare. La mappa del crimine cittadino evidenzia subito un aspetto. La mafia del 2000 è lontana dagli schemi degli anni 80-90 quando clan storici come quello di Gaetano Costa, Luigi Sparacio, Mario Marchese, Iano Ferrara si suddividevano equamente il territorio per gestire prevalentemente lo spaccio di droga ed il racket delle estorsioni. Spesso a suon di omicidi e quando esplodeva una guerra fra gruppi criminali i morti non si contavano più. Oggi i clan operano con maggior circospezione, i capi sono da anni rinchiusi in carcere e le armi vengono usate solo se strettamente necessario, per punire qualche -trasgressore- all’interno delle famiglie mafiose.

I CLAN SUL TERRITORIO – ZONA NORD. Ma vediamo zona per zona quali sono attualmente i principali gruppi mafiosi cittadini. La situazione più complessa è quella del quartiere di Giostra. Qui, a garantire la continuità con il clan del boss ergastolano Luigi Galli (ristretto al 41 bis), è Giuseppe -Puccio- Gatto. E’ lui, da tempo, il leader del clan storicamente più compatto della città. Proprio ieri però Gatto ha aggiunto alle sue numerose condanne l’ergastolo inflittogli nell’operazione -Arcipelago- per l’omicidio di Carmelo Mauro. Quest’ultimo fu eliminato a colpi di pistola nel maggio del 2001 perchè aveva creato fastidi all’interno del clan. Le indagini della Squadra Mobile e le dichiarazioni del pentito Antonino Stracuzzi hanno inferto un duro colpo al gruppo di Giostra. Ma negli ultimi tempi, grazie allo spazio concesso dai boss detenuti, sono venuti fuori i cosiddetti emergenti. In particolare spiccano i nomi di Gaetano Barbera e Giuseppe Minardi. Il primo, arrestato l’anno scorso nell’operazione -Ricarica-, voleva addirittura espandere il suo predominio in altre zone cittadine. Secondo l’accusa dei Carabinieri aveva architettato l’omicidio del fratello del boss della zona sud Giacomo Spartà per lanciargli un messaggio di sfida inequivocabile. Gaetano Barbera, 37 anni proprio ieri è stato raggiunto da un ordine di custodia cautelare, nell’operazione -Mattanza-, per l’omicidio di Francesco La Boccetta. Sarebbe stato lui, insieme con Sergio Micalizzi, poi ucciso a sua volta, ad esplodere cinque colpi di pistola contro l’uomo che stava tentando di mettersi in proprio nel remunerativo settore dello spaccio di droga. La conferma dei contatti sempre più solidi fra gruppi di Giostra e di S.Lucia sopra Contesse. Giuseppe Minardi è un altro rampante che, secondo i rapporti di Polizia e Carabinieri, si sarebbe messo alla testa di un gruppo ben definito. Anche lui, come Gatto ed il fratello Giovanni, è stato condannato all’ergastolo nel processo scaturito dall’operazione Arcipelago. E poi c’è sempre Giuseppe Mulè, fresco di arresto dopo tre mesi di latitanza. La lunga detenzione lo aveva un po’ allontanato dagli -affari- messinesi ma non appena ottenuto la libertà e tornato in città l’estate scorsa ha ripreso il lavoro. Ovvero estorsioni a tappeto in tutta la zona nord. La Squadra Mobile, con tre operazioni consecutive, ha arrestato la convivente, il cognato e numerosi affiliati. Allo stesso Mulè, dopo l’arresto in provincia di Salerno, è stato notificato un provvedimento restrittivo per estorsione.

ZONA CENTRO – Più definita la situazione al centro della città dove il clan capeggiato da Carmelo Ventura viene indicato dagli inquirenti come l’erede del gruppo di Luigi Sparacio. Ventura è in carcere e nell’operazione Arcipelago è stato condannato a nove anni. Gli affari vengono gestiti da referenti di fiducia ma il più temibile, Francesco Comandè, è stato arrestato qualche mese fa per il duplice omicidio dei fratelli Giacalone. Comandè, secondo gli investigatori della Squadra Mobile, è considerato l’uomo in ascesa del gruppo. Secondo l’accusa avrebbe fatto fuori i Giacalone (peraltro suoi cugini) sia per questioni personali sia per accreditarsi agli occhi del clan. Un segnale forte, un messaggio che lascia pochi dubbi. Solo che Comandè per questo duplice omicidio, avvenuto nel febbraio del 2006 a largo Seggiola, è stato incastrato dopo un lungo lavoro investigativo. L’iter giudiziario, tuttavia, è ancora in pieno svolgimento.

ZONA SUD– A sud è ancora forte l’influenza del boss Giacomo Spartà. Ex gestore di una palestra -Giacomino-, come lo chiamano gli amici, si è imposto sul territorio che un tempo fu regno incontrastato di Iano Ferrara. Spaccio di droga e racket delle estorsioni le attività del gruppo. Ultimamente per Spartà sono fioccate due condanne: 21 anni nell’operazione -Alba Chiara- che smantellò il gruppo di S.Lucia sopra Contesse e 5 anni e 4 mesi nell’operazione -Staffetta-. Braccio destro è considerato Lorenzo Rossano al quale sono stati inflitti 30 anni nell’operazione -Alba Chiara-. Pene pesanti che anche a sud lasciano aperti pericolosi spiragli per l’inserimento di giovani ambiziosi.

MANGIALUPI– E poi c’è il gruppo di Mangialupi che opera non solo nel quartiere omonimo ma spazia anche a Maregrosso, Villaggio Aldisio e Fondo Fucile. Qui l’attività è quasi esclusivamente lo spaccio di droga. Eroina, cocaina ed hashish arrivano dalla Calabria e vengono smerciate nei villaggi grazie ad una fitta rete di pusher, difficile da smantellare per l’impenetrabilità della zona. Ed un ruolo importante nel quartiere lo svolgono storicamente le donne che spacciano in prima persona e seguono gli affari dei compagni quando questi finiscono dietro le sbarre. Boss e gregari, arrestati nella Mangialupi ter e nella Nemesi, però sono stati quasi tutti assolti. Un quadro dal quale emergono due aspetti inequivocabili. I grossi calibri sono tutti in carcere grazie all’azione incessante della magistratura e delle forze dell’ordine. Il che però lascia spazio alle nuove leve che vanno continuamente monitorate. E poi il crollo quasi totale degli omicidi di mafia. I clan preferiscono agire di soppiatto, senza clamore, per non attirare l’attenzione di chi è chiamato ad indagare. Ma per loro la vita è diventata sempre più dura e come ha dichiarato ieri il procuratore capo Luigi Croce: -I gruppi mafiosi cittadini preferiscono inabissarsi-. Attenzione però a non cantare vittoria. Mantenere la guardia alta è l’unico rimedio per fronteggiare adeguatamente organizzazioni che sanno sempre come rialzare la testa.

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