Messina, nobile decaduta: da padrona del Mediterraneo a schiava della 'monnezza

Messina, nobile decaduta: da padrona del Mediterraneo a schiava della ‘monnezza

Messina, nobile decaduta: da padrona del Mediterraneo a schiava della ‘monnezza

mercoledì 28 Maggio 2008 - 21:17

Quando, nell’autunno 2004, inizio a frequentare con costanza quotidiana la Città di Messina, mi ritrovo in un ambiente che già conosco parzialmente e che però per la prima volta “vivo- a tutti gli effetti.

Messina è una città nobile e antica, dalla storia gloriosa e dall’arte pregiata.

E’ una città per certi versi moderna, metropolitana e molto varia nella sua composizione sociale.

Non ho paura di affrontare la nuova fase della mia carriera di studi in un’altra città rispetto a Reggio, dove sono nato e dove ho vissuto intensamente la mia infanzia: non ho paura forse proprio perché studiare a Messina, per un Reggino, non vuol dire “studiare fuori-.

Pur frequentando le lezioni universitarie quotidianamente, essere “pendolari- non è un problema, soprattutto a “quei tempi-: sono passati solo 4 anni ma per quanto riguarda l’efficienza dei trasporti nello Stretto è come se fossimo tornati indietro di diversi decenni, ahimè.

Studiare a Messina, per un Reggino, è anche un po’ figo. E’ un po’ figo esattamente com’è, negli ultimissimi tempi, studiare a Reggio per un Messinese.

E’ un po’ figo perché in quattro e quattr’otto diventi esperto di aliscafi, trasporti, viaggi nello Stretto. Perché impari a memoria i negozi migliori di un’altra città, perché conosci bene tutti i posti di buona cucina siciliana, perché puoi indicare agli amici che vogliono andare a Messina dove gustare i rustici più buoni o i dolci prelibati. Perché sai rispondere alle domande che gli altri ti fanno, sentendoti un esperto anche se in realtà non lo sei.

E’ un po’ figo – inoltre – perché ci sono tantissimi giovani che lo fanno quindi è anche una moda.

Non che io sia attaccato a questo tipo di cose e non ho mai deciso nulla nella mia vita in base alle mode; ma a maggior ragione se dopo aver preso una decisione, si dimostra una decisione “da figo-, beh è certamente meglio rispetto ad un’altra che magari sarebbe stata etichettata “da sfigato-, no ?

In realtà la cosa che più mi piace di Messina, del fatto di studiare a Messina, è che mi ritrovo in una realtà civile e sociale completamente nuova rispetto a quella, che ben conosco, da cui provengo: sono in un’altra Regione, per giunta a Statuto Speciale, e qui per dire “Comune- non si dice “Palazzo San Giorgio- ma “Palazzo Zanca-. Per dire “Provincia- non si dice “Palazzo Foti- ma “Palazzo dei Leoni-. Per dire “Regione- non si dice “Catanzaro- (tsk!), ma “Palermo-: vuoi mettere ?

La curiosità che mi ha sempre animato verso “l’altro-, l’esterno e ciò che è al di fuori della mia culla d’infante, mi dà grande entusiasmo nella mia avventura messinese.

Le festività (patronali e non) sono nuove e completamente da scoprire; l’accento del dialetto, seppur abbastanza simile, ha tonalità e suoni differenti; la struttura cittadina è completamente diversa da Reggio poiché qui ci sono stradoni, c’è il tram, c’è una città che risale le colline solo in base alle “vallate- in cui scorrevano grandi fiumi, ognuno con una propria storia, ognuno con un proprio orgoglio folkloristico.

Dove adesso c’è Via Tommaso Cannizzaro, ad esempio, scorreva il Torrente Portalegna, così chiamato perché proprio tramite quel torrente, il legname tagliato e prodotto sui Peloritani arrivava al Porto, in alcuni casi direttamente da Antennamare, che a Messina chiamano tutti “Dinnamare-.

Giorno dopo giorno, scopro una città sempre più bella e più sorprendente: nonostante gli stereotipi nazionali siano maligni, la città cela grandi tesori, grandi ricchezze storiche e culturali, un grande patrimonio artistico e, in alcuni casi, architettonico.

Scopro, nel corso di questi ormai 4 lunghi anni, una città che sento mia, anche perché la cosa che più mi fa piacere riscontrare con il passare del tempo è che, in fondo, davvero Messina è un quartiere di Reggio così come Reggio è un quartiere di Messina: talmente poche e spicciole sono le differenze culturali, sociali e civili tra le due realtà, che pur con identità storiche differenti, oggi possono sentirsi parte di un unico tessuto urbano visto quanto si son volute estendere tanto da non lasciare quasi più spazio ad aree rurali e di campagna in riva allo Stretto, specie nelle zone costiere.

A Messina mi sento a casa sin da subito, perché è una città che mi ha accolto benissimo e che mi ha dato tanto.

A maggior ragione oggi sto davvero molto male a vederla così ridotta. A vedere la gente che, pur rischiando l’arresto e, ancor più grave, pur consapevole di sprigionare nella libera atmosfera sostanze seriamente nocive, è costretta ad appiccare fuoco ai cumuli di spazzatura che giacciono abbandonati nelle strade da ormai più di una settimana. “Costretta- perché altrimenti la spazzatura blocca la circolazione stradale, quella pedonale sui marciapiedi, e ogni attività commerciale.

Sto male perché vedo una città nobile e bella, che decade su se stessa. Sto male perché da quando “vivo- Messina ho assistito a tre tornate elettorali e ho visto insediarsi a Palazzo Zanca due sindaci e poi, rispettivamente, due commissari. E oggi vedo quegli stessi due sindaci sfidarsi tra loro per la riconquista della poltrona più prestigiosa a livello municipale. Riflettendo, faccio due calcoli e noto che a Reggio ci abbiamo impiegato 15 anni a fare lo stesso numero di tornate elettorali e di rinnovamento di giunte comunali, sostituendo però sindaci a sindaci (anzi, Sindaco a Sindaco in entrambi i casi con la “S- maiuscola), senza commissari.

Sto male perché non riesco a capacitarmi del fatto che oggi queste due città ancora non riescano a camminare insieme, perché una cresce (Reggio) ma non riesce a trainare l’altra che arranca, nonostante nella storia sia avvenuto il contrario per lunghissimi secoli.

Soffro perché quella città di commercio, di artisti, di nobiltà, di benessere, di arte, di dignitosa storia millenaria, oggi è piegata alla ‘monnezza.

E’ da diversi giorni che, camminando per le vie del centro (quindi quelle “meno sporche-) osservo cumuli di spazzatura infiniti tra un parcheggio e l’altro, tra un palazzo antico e uno moderno, tra un negozio di alimentari e un fast-food. Mi pizzico, per capire se sogno o son desto. Per capire se quel che vedo è reale, oppure un brutto incubo che non mi vuole abbandonare.

Per capire se davvero quella città che ha costretto gli Spagnoli a costruirsi una cittadella isolata nella zona falcata per contrastare, oltre ai nemici esterni, anche i cittadini di messinesi in rivolta (1674-1678), oggi possa essere talmente tanto spenta, assuefatta, talmente tanto “lenta- per dirla alla Celentano, talmente tanto ubriacata da secoli di storia brillante, da non riuscire a organizzare un sistema di raccolta dei rifiuti quanto meno sufficiente a far vivere la gente in modo consono alle esigenze di igiene e di salute che sono primarie per ogni essere umano.

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