Nuova storia di disagio sociale: «I miei genitori non sono occupanti abusivi ma cittadini abbandonati dalle istituzioni»

Nuova storia di disagio sociale: «I miei genitori non sono occupanti abusivi ma cittadini abbandonati dalle istituzioni»

Redazione

Nuova storia di disagio sociale: «I miei genitori non sono occupanti abusivi ma cittadini abbandonati dalle istituzioni»

martedì 24 Marzo 2009 - 08:39

A parlare è Pasquale D'Andrea, figlio della coppia che sta per sgomberare i locali dell'ex-istituto di anatomia di proprietà dell'Università : «Le richieste di aiuto di mio padre e mia madre sono sempre cadute nel vuoto. Da parte di istituzioni ed organi competenti solo arroganza e indifferenza»

«I miei genitori non sono occupanti abusivi ma persone che hanno avuto bisogno di un aiuto e che invece sono stati abbandonate dalle istituzioni cittadine». A parlare è Pasquale D’Andrea, figlio di Stefano D’Andrea e Natala Pietropaolo, abitanti all’interno dell’istituto di ex-anatomia a Gravitelli, edificio di proprietà dell’Università, e di cui in diversi occasioni ci siamo occupati (vedi articoli correlati in basso). Una storia di disagio sociale come tante ne sono venute alla luce in questi mesi in città e come tante continuano invece a rimanere nel buio o a venir a galla “per caso” , di cui il sig. D’Andrea vuole fornire la sua versione, la versione di chi la storia l’ha vissuta in prima persona.

«I miei genitori – ribadisce a gran voce D’Andrea – non hanno occupato abusivamente l’abitazione visto che è stata concessa loro nel 1968 dal rettore e dal direttore dell’istituto per svolgere attività di custodi. L’università non ne ha richiesto lo sgombero se non da poco e, – ci tiene a precisare – nessuno ha mai opposto resistenza per andare via, abbiamo solo fatto presenti le difficoltà di una famiglia in precarie condizioni di salute ed economiche».

D’Andrea non manca di tralasciare alcun particolare, cerca di spiegare fino in fondo il perchè la situazione sia pian piano degenerata: «Ci era stata proposta l’assegnazione di un piccolo appartamento che i miei genitori, dopo aver visionato, si erano detti pronti ad accettare ma purtroppo, forse per la contestuale caduta dell’amministrazione o forse per motivi che non conosciamo, nessuno si è più fatto sentire. Siamo stati abbandonati». L’inizio di un’odissea fatta di silenzi, superficialità e indifferenza, di fronte alla quale la famiglia D’Andrea ha cercato di non darsi per vinta, rispondendo, alle successive richieste di sgombero, con la stessa identica indifferenza mostrata dalle istituzioni di fronte alle loro difficoltà: «Comincia a quel punto – spiega infatti il figlio della coppia – la nostra volontà di non abbandonare l’abitazione: sia per i motivi di grave disagio fisico, mia madre era malata in fase terminale, mio padre ha difficoltà a deambulare, sia per problemi di carattere finanziario: non abbiamo disponibilità a prendere in affitto un appartamento».

Una promessa di alloggio svanita nel nulla e niente più: «Nessuno, né politici, né assistenti sociali si è interessato alla nostra situazione. Nessuno ha sentito il lungo e continuo pianto di mia madre che presa dallo sconforto ed aggredita dalla malattia, gridava in ospedale “sto morendo e dopo 40 anni mi vogliono buttare fuori di casa”. Nessuno – afferma D’Andrea con un tono crescente di disperazione – ha considerato la paura che la tormentava, quella di rimanere senza una casa dove trascorrere gli ultimi giorni della sua vita».

A questo punto, quando l’avvilimento prendo il sopravvento sopra ogni altra cosa, per la famiglia D’Andrea arriva il momento di cessare una battaglia che hanno capito di combattere da soli, senza nessun alleato pronto a scendere in campo per dar loro una mano: «Pur di non vedere mia madre continuare a disperarsi in quel modo e nella speranza di cercare di darle un po’ di quiete prima di morire, mio padre ha deciso, con immaginabili sacrifici, di abbandonare quell’abitazione. L’unico conforto è stato quello di risparmiare alla propria moglie un ultimo straziante dolore, quello del trasloco. Mia madre infatti è morta il 10 marzo, nella “sua” unica casa. Le varie persone che sono venute a “farci visita” invitandoci a liberare l’edificio, hanno solo mostrato arroganza e poca disponibilità fino all’ultimo momento: qualcuno si è persino rivolto a mio padre dicendogli: “vi butto fuori anche con le barelle”. Purtroppo anzi per fortuna di chi ha pronunciato una frase del genere, quel giorno non ero presente, altrimenti non avrei risposto di me» conclude il figlio…

Un’unica, importante precisazione quella avanzata ora dal sig. D’Andrea e che, come dargli torto, pretende venga rispettata: «I miei genitori non sono occupanti abusivi ma persone che hanno avuto bisogno di un aiuto e che invece sono state abbandonate».

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